La staffetta Conte-Draghi, le riaperture e la corsa alle Regionali: il 2021 della politica tra Italia e Sicilia

La staffetta Conte-Draghi, le riaperture e la corsa alle Regionali: il 2021 della politica tra Italia e Sicilia

SICILIA – Passaggi di consegne, problematiche irrisolte e guanti di sfida. Non sono mancate le sorprese nel corso dei 12 mesi della politica appena andati in archivio.

In un Paese ancora alle prese con l’emergenza Coronavirus e segnato dalle evidenti contraddizioni, la gestione della “res publica” è stata – ancora una volta – una delle grandi protagoniste a livello nazionale e regionale, con colpi di scena e le immancabili voci di corridoio che hanno alimentato più di qualche suggestione.

2021, l’anno del… Draghi

Il 2021 è stato senza dubbio l’anno d’oro di Mario Draghi, presidente del Consiglio subentrato al dimissionario Giuseppe Conte nel momento più complesso del nostro Paese dal dopoguerra a oggi. E il nostro excursus parte proprio dall’avvento dell’ex governatore della Bce.

La crisi di Governo sancita a inizio gennaio dallo “strappo” di Matteo Renzi, leader di Italia Viva, contraddistinta dal ritiro delle ministre Bellanova (Agricoltura) e Bonetti (Famiglia), apre una profonda voragine in grado di fagocitare l’intero esecutivo retto.

La doppia fiducia incassata in extremis tra Camera e Senato non riesce a garantire la stabilità. Il premier Conte decide quindi di salire al Colle per rassegnare le dimissioni al presidente Sergio Mattarella. Dopo il fallimentare mandato esplorativo (il secondo di fila) assegnato a Roberto Fico, il Capo dello Stato convoca Draghi al Quirinale per nominarlo come successore dell’ex “avvocato del popolo”.

Una scelta di polso quella del presidente della Repubblica, obbligato a garantire al Paese l’esistenza di un Governo solido, “ben visto” da Bruxelles e – soprattutto – con una maggioranza ampia. Bocciata, quindi, l’ipotesi elezioni anticipate: troppo rischioso votare in piena pandemia.

Vaccini e ripresa economica

Partono così le prime mosse del nuovo presidente del Consiglio, il quale decide di puntare le proprie fiches sull’accelerata della campagna vaccinale e ripresa economica. Iniziano i rimpasti: via il capo della Protezione civile Angelo Borrelli, sostituito da Fabrizio Curcio. Stessa sorte per il commissario Covid Domenico Arcuri che viene rimpiazzato dal generale Francesco Paolo Figliuolo.

Ad aprile, in occasione della Pasqua, il Governo decide di estendere la zona rossa su tutta l’Italia e di aggiornare le nuove misure di contenimento per la lotta al virus. Nel frattempo viene varato il Documento di Economia e Finanza (DEF) e lo scostamento di bilancio pari a 40 miliardi di euro.

Altra lieta notizia è l’approvazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del decreto legge Recovery Plan, con il successivo ok da parte della Commissione dell’Unione Europea. Si anima quindi la discussione sul Green Pass, il certificato che consente ai cittadini vaccinati di spostarsi – inizialmente – tra le regioni in zona arancione o zona rossa.

L’Italia riapre con il Green Pass

A maggio la pressione dovuta al Covid si fa meno pesante ed è così che vengono applicate le prime riaperture su scala nazionale e lo spostamento del coprifuoco alle ore 23 (successivamente abolito nella seconda metà di giugno).

I mesi primaverili ed estivi si rivelano particolarmente “bollenti” per la politica. Il nuovo segretario del PD Enrico Letta (subentrato al dimissionario Zingaretti) e il leader leghista Matteo Salvini si scontrano sulle riforme previste dal Recovery Plan. Giuseppe Conte, nel frattempo, assume ufficialmente la guida del Movimento 5 Stelle evitando un clamoroso divorzio con il garante Beppe Grillo.

Il 17 giugno arriva la firma del decreto che prevede il rilascio a vaccinati o guariti dal Coronavirus del Green Pass per potersi spostare in tutta Europa, con validità a partire dal 1° luglio. Nelle settimane estive vengono rimodulati anche i parametri dei colori delle Regioni e ufficializzata anche la proroga dello stato di emergenza fino al 31 dicembre.

Certificato obbligatorio a lavoro e nuove capienze

Vengono discusse nuove misure in vista dell’autunno. In Parlamento il dibattito sull’estensione del certificato verde si fa sempre più serrato, con i partiti di Centrodestra che vorrebbe indicazioni meno rigide. Nonostante il muro contro muro di Fratelli d’Italia e Lega, a passare è la linea dura del Governo, con l’applicazione del Green Pass obbligatorio nei luoghi di lavoro a partire dal 15 ottobre.

Con il decreto riaperture vengono ufficializzati anche ulteriori allentamenti delle restrizioni: viene aumentata la capienza, sempre con il Green Pass obbligatorio, degli stadi al 75%, teatri e cinema al 100% all’aperto e all’80% al chiuso.

Si torna anche a votare nelle grandi città: a Milano viene riconfermato l’uscente Beppe Sala, Roma torna sotto l’egida del Partito Democratico con Roberto Gualtieri che raccoglie il testimone della pentastellata Virginia Raggi. Staffetta M5S-PD anche a Torino, con Stefano Lo Russo che subentra a Chiara Appendino.

Le proteste no-vax e lo spettro Omicron

Tra ottobre e novembre il Governo deve anche affrontare la questione delle proteste dei no-vax che si oppongono all’introduzione del certificato verde. Gravissima, in tal senso, è il violento assalto fomentato da Forza Nuova che si compie ai danni della sede della Cgil a Roma.

Nelle stesse settimane si compie anche una grande sconfitta per i diritti civili: il disegno di legge Zan contro l’omotransfobia, precedentemente approvato alla Camera, viene affossato con voto segreto al Senato. Decisivi i voti dei “franchi tiratori”.

Sul nostro Paese avanza lo spettro della variante Omicron del Coronavirus, pertanto si inizia a pensare a nuove misure per limitare il contagio. Tornano le mascherine all’aperto in zona bianca, al chiuso viene richiesta la FFP2. Si valutano anche le opzioni Super Green Pass e il tampone anche per vaccinati in vista delle festività natalizie.

Sicilia, tra zona rossa e… “zona rosa”

Dopo aver dato uno sguardo a livello macroscopico ai 12 mesi della politica italiana, riavvolgiamo nuovamente il nastro per dedicarci ai fatti siciliani. Le prime settimane del 2021 per la nostra Isola sono state contraddistinte dal perdurare della zona rossa e dalle prime scaramucce in vista delle future Regionali.

Non sono mancati però i rimpasti. Dopo l’approvazione all’Ars dell’esercizio provvisorio, tra i corridoi di Palazzo d’Orleans esplode la querelle per l’assenza di quote rosa nella Giunta del Governo regionale dopo l’uscita di scena di Bernadette Grasso.

Il governatore Nello Musumeci corre quindi ai ripari con l’inserimento di Daniela Baglieri come assessore all’Energia e ai Rifiuti come rimpiazzo del dimissionario Pierobon.

A febbraio viene lanciato il primo guanto di sfida per le elezioni del 2022. L’autore è il sindaco di Messina Cateno De Luca che, con un clamoroso coup de théâtre, decide di rassegnare le proprie dimissioni da primo cittadino del capoluogo peloritano per lanciarsi nella sfida elettorale. De Luca farà poi passo indietro per poi annunciare mesi dopo l’abbandono della carica a partire da febbraio 2022.

Lo scandalo dei dati Covid truccati

In primavera scoppia lo scandalo sui presunti dati Covid truccati in Sicilia da parte della Procura di Trapani. Nel ciclone viene travolto anche l’assessore alla Salute Ruggero Razza, braccio destro del governatore Musumeci, che finisce nel registro degli indagati insieme ad altri 6 soggetti.

Il contraccolpo per Razza è forte e quest’ultimo, dopo ore di riflessione, decide di dimettersi. Nel frattempo il presidente siciliano interviene all’Ars per difendere l’onorabilità del suo fedele “scudiero”. L’assessore alla Salute tornerà al proprio posto poche settimane dopo, a seguito di un incontro con Musumeci che ne rinnoverà la fiducia.

Nel frattempo in Sala d’Ercole viene approvata la manovra Finanziaria da quasi 20 miliardi. Con l’ok vengono varate una serie di misure utili per la ristrutturazione dell’economia regionale.

A maggio si acuisce il problema degli sbarchi di migranti in Sicilia. Musumeci, durante un intervento a Bruxelles, chiede all’Europa di non “girarsi dall’altra parte” e di fare il possibile per evitare nuove morti. Un appello che viene rilanciato anche dal ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese.

Nel mese di giugno l’Assemblea regionale siciliana rende ufficiale, tramite approvazione del disegno di legge, il rinvio delle elezioni amministrative in 42 Comuni dell’Isola (urne aperte il 10 ottobre). Nel contempo, l’Ars approva anche lo slittamento delle elezioni di secondo livello delle ex province.

Nello stesso mese l’ex assessore alla Cultura del Comune di Catania, Silvana Grasso, si candida alla presidenza della Regione. A luglio arriva il “sì” unanime del Parlamento siciliano per il ddl contro la povertà che garantirà sostegno economico ai soggetti in difficoltà.

Lo strappo Musumeci-Salvini e il “fuoco amico” Miccichè

Agosto è il mese della lite tra Musumeci e Salvini per le Regionali 2022. Il leader del Carroccio annuncia Nino Minardo come candidato alla poltrona più ambita di Sicilia, auspicando anche dei sindaci leghisti per le città di Palermo e Catania.

L’entrata a gamba tesa dell’ex ministro dell’Interno non piace al governatore siciliano. “La Lega decida se stare dentro o fuori il governo regionale“, tuona Musumeci. Nello stesso periodo il presidente siciliano deve difendersi anche dal “fuoco amico” scatenato da Gianfranco Miccichè che sogna un’alleanza tra Forza Italia e Italia Viva di Matteo Renzi in Sicilia.

Musumeci definisce il presunto accordo come “fantasia politica”. Nel frattempo sul tema della ricandidatura di Musumeci a governatore della Regione Siciliana interviene anche Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia), la quale si augura di non assistere a divisioni in coalizione.

Le Amministrative

Nel mese di settembre l’Ars vota a fatica il rendiconto regionale, frattanto a Palermo si inizia a parlare della successione alla poltrona di sindaco di Leoluca Orlando. L’assessore all’Istruzione Roberto Lagalla è il nome gradito a Musumeci, mentre l’ex Lega Francesca Donato decide ufficialmente di gettarsi nella mischia.

A ottobre si vota finalmente nei Comuni dove erano state precedentemente rinviate le Amministrative. Probabilmente a causa dell’emergenza Coronavirus, l’affluenza alle urne in Sicilia si rivela nettamente negativa rispetto alla chiamata precedente. Tra i risultati più attesi della tornata elettorale si segnala l’investitura a sindaco di Marco Corsaro a Misterbianco, quella di Fabio Roccuzzo a Caltagirone al primo turno.

Ai ballottaggi da sottolineare le vittorie di Calogero Martello a Porto Empedocle, Rosario Lo Faro a Lentini, Fabio Mancuso ad Adrano e Francesco Aiello a Vittoria (sindaco per la settima volta).

Emergenza rifiuti a Catania e Comuni in crisi

Novembre è il mese della “crisi” per tanti centri abitati siciliani. Catania, provata dall’alluvione di fine ottobre, deve fare nuovamente i conti con il caos rifiuti (la stessa situazione si era verificata durante le settimane estive) che sfocia nella dichiarazione di emergenza sanitaria da parte dell’amministrazione cittadina.

Nel marasma giungono le dimissioni dell’assessore all’Ambiente di Catania, Fabio Cantarella. “Non ci sono più le condizioni per continuare a svolgere con serenità e lealtà il mio ruolo di assessore“, commenta con amarezza l’ex componente della Giunta etnea. Cantarella viene quindi rimpiazzato da Andrea Barresi.

La crisi coinvolge, sotto il profilo economico, anche 250 Comuni siciliani che rischiano di non poter approvare i bilanci. Il grido l’allarme dei sindaci – che minacciano di presentare le dimissioni in massa – arriva fino a Roma. Lo stallo si sblocca con l’intervento del Ministero dell’Economia che mette sul piatto 150 milioni per “riparare” le casse in dissesto.

Verso un Musumeci bis?

Il 20 novembre il governatore Nello Musumeci scioglie le riserve e annuncia ufficialmente la sua ricandidatura per le elezioni 2022. “Mi ricandido a governatore della Sicilia. È normale che un presidente uscente consideri normale, fisiologica, la ricandidatura. Il tema per me non esiste“, dichiara Musumeci davanti alla platea presente numerosa alle “Ciminiere” di Catania. Pochi giorni dopo, anche Claudio Fava ufficializzerà la propria candidatura.

A dicembre si consuma lo scontro all’Ars tra opposizioni e Governo regionale per l’approvazione del nuovo rinvio della data delle elezioni delle ex province. Una battuta d’arresto per l’esecutivo che va sotto anche a causa del “voltafaccia” degli alleati. Sempre a Palermo, pochi giorni dopo, viene approvato il nuovo esercizio provvisorio in vista del 2022. Prima della chiusura dell’anno, Musumeci volge un sentito appello ai parlamentari per votare la riforma dei Consorzi di Bonifica.

L’anno politico che verrà

Cosa aspettarci dal 2022 appena iniziato? I prossimi 12 mesi saranno certamente molto ricchi per quanto riguarda l’impegno politico a livello regionale e italiano. Il primo appuntamento è quello dell’elezione del nuovo Capo dello Stato. Il 3 febbraio prossimo scadrà il mandato del siciliano Sergio Mattarella e da settimane si rincorrono ormai le voci sui nomi “papabili”: in pole l’ex premier Silvio Berlusconi e l’attuale presidente del Conslgio Mario Draghi.

Alle nostre latitudini, in primavera, si svolgeranno le elezioni Comunali di Palermo, con uno scacchiere ancora da definire. Sarà quindi la volta del “piatto forte” delle Regionali. Da segnare, infine, anche le chiamate alle urne per i quattro referendum attualmente al vaglio della Consulta: Giustizia, Eutanasia, Cannabis e Caccia.