Italia, generazione ignorata: senza giovani non c’è futuro per la Nazionale

Italia, generazione ignorata: senza giovani non c’è futuro per la Nazionale

Di fronte all’ennesimo inizio deludente nelle qualificazioni mondiali, è giunto il momento di farsi una domanda scomoda: perché il calcio italiano continua a ignorare i propri giovani?

Dopo la sconfitta per 3-0 contro la Norvegia, con un primo tempo disastroso e appena un tiro in porta in tutta la partita, contro la Moldova ci si aspettava una reazione d’orgoglio, che non è arrivata.

La Nazionale Italiana va in crisi

Il 2-0 ottenuto infatti non ha fatto piacere ai tifosi, che hanno constatato una squadra ancora in difficoltà, che ha sofferto e rischiato di subire più goal dagli ospiti.

L’ultima partita ha confermato la crisi attuale: la Nazionale Italiana arranca. Dopo il flop a Euro 2024, l’eliminazione in Nations League e la mancata qualificazione ai Mondiali 2018 e 2022, anche il percorso verso il Mondiale 2026 sembra essere cominciato nel peggiore dei modi.

Dopo due partite, gli Azzurri sono terzi nel gruppo I dietro Norvegia e Israele, e Luciano Spalletti è stato già esonerato. Ma il problema è molto più profondo di un cambio in panchina.

L’Italia non crede nelle sue giovani promesse

Il vero problema? L’Italia non crede nei suoi giovani.

Mentre le principali Nazionali europee puntano fortemente su ragazzi di talento – basti pensare a Lamine Yamal (Spagna, 2007) o Jude Bellingham (Inghilterra, 2003) – l’Italia sembra aver smarrito la via della valorizzazione. Nella rosa convocata da Spalletti per le ultime sfide, solo 3 giocatori su 26 hanno meno di 23 anni.

Non è un caso, ma il riflesso di un sistema che non dà spazio ai giovani nei club. In Serie A, la media d’esordio è tra le più alte d’Europa: molti calciatori italiani vedono il campo solo a 22-23 anni, e spesso in squadre di bassa classifica o in Serie B.

I numeri che raccontano il declino e la crisi della Nazionale Italiana

  • L’Italia ha raccolto 3 punti in due partite nel gruppo I (vittoria 2-0 contro la Moldova, sconfitta 0-3 in Norvegia).
  • Negli ultimi 10 anni, solo il 30% dei giocatori titolari in Serie A sono italiani (dati CIES Football Observatory).
  •  Tra i 50 giovani più promettenti d’Europa (classifica Goal NextGen 2024), solo 2 sono italiani: Simone Pafundi e Cher Ndour.

Il paradosso dei vivai: si cresce, ma non si gioca

I settori giovanili italiani non sono necessariamente meno talentuosi: l’Italia Under 17 e Under 19 spesso raggiungono le fasi finali europee. Il problema è che il percorso si interrompe: i giovani non trovano continuità in prima squadra. Molti finiscono in prestito in Serie B o all’estero senza un progetto strutturato.

L’unica vera eccezione è Giorgio Scalvini, titolare all’Atalanta, che ha avuto fiducia fin dai 18 anni. Ma casi simili sono rari.

Un problema culturale e tattico

Allenatori, dirigenti e media spesso preferiscono “l’usato sicuro”, perché il giovane viene considerato un rischio. E quando viene impiegato, gli si chiede subito di essere decisivo, senza percorsi di crescita graduali.

Inoltre, il campionato italiano è tatticamente tra i più complessi al mondo, con richieste difensive elevate. Questo rallenta ulteriormente l’inserimento dei giovani offensivi, proprio il reparto dove l’Italia oggi è più povera.

Soluzioni? Servono scelte coraggiose

  • Quote U23 obbligatorie nelle rose e nei minutaggi stagionali.
  •  Incentivi economici ai club che schierano italiani cresciuti nel vivaio.
  •  Riduzione degli slot per stranieri in panchina.
  •  Collaborazione FIGC – club per una strategia condivisa sullo sviluppo dei talenti.

Non servono solo belle parole o stage a Coverciano: serve una rivoluzione nella testa di chi comanda, nei club e in Federazione.

L’Italia rischia per la terza volta consecutiva di non partecipare al Mondiale, e l’entusiasmo per il trionfo a Euro 2021 è ormai un ricordo sbiadito. Ma la radice del problema è chiara: se non si crede nei giovani, non si costruisce il futuro. E senza futuro, il calcio italiano resterà intrappolato in un eterno presente fatto di rimpianti.