CATANIA – Cambiamento: è questo che l’avvocatura chiede. Al 34° Congresso Nazionale Forense, cominciato giovedì 4 a Catania e che si concluderà nella giornata di oggi, gli avvocati hanno chiesto di essere riconosciuti nella Costituzione. E non solo perché venga loro garantita un’autorevolezza professionale, ma anche per valorizzare la loro funzione sociale. Perché di questo si tratta: tutelare i diritti dei cittadini.
Un lavoro impegnativo ma, soprattutto, insostituibile.
Tra le personalità più attese del Congresso il ministro della giustizia on. Alfonso Bonafede. “Quando mi viene chiesto che lavoro faccio, non rispondo ‘faccio l’avvocato’. Rispondo ‘io sono un avvocato‘”. Così ha esordito il ministro, che ha voluto lanciare un messaggio: la vicinanza al mondo forense, la comprensione delle problematiche, l’accoglimento delle istanze dell’avvocatura.
Semplificazione della giustizia e riduzione del numero delle leggi: sono questi i temi più caldi trattati da Bonafede. “Un avvocato non può lavorare con 5 o 6 fogli sul tavolo, cercando di capire quale legge applicare al caso concreto“, ha obiettato.
Lo scopo del governo è quello di ridurre le leggi e, cosi semplificare anche il processo: non più atto di citazione e ricorso, ma soltanto ricorso.
Parole anche sulla mediazione obbligatoria. Istituto che, dalla sua reintroduzione nel 2013, ha destato molte perplessità tra le fila dei giuristi. Ma il ministro vuole ancora tenerlo in vita nei
settori dove è già in funzione. Infine, ha parlato delle sezioni fallimentari, che resteranno aperte.
Un congresso dai mille volti, che ha messo in luce il prestigio della professione, ma anche i drammi che vive quotidianamente: dalla sproporzione tra domanda ed offerta alla lunghezza dei processi fino alle precarie condizioni di molti tribunali italiani. L’una e l’altra faccia della medaglia.
L’auspicio dell’avvocatura tutta è che un cambiamento, in positivo, arrivi presto.