CATANIA – “La sua apparizione nel Mar Ionio siciliano, a 8 anni dal primo avvistamento nelle acque italiane a Lampedusa, potrebbe essere l’inizio di una nuova invasione. Da qui la necessità di continuare a monitorare, grazie alla collaborazione di centinaia di ‘cittadini-scienziati’ del progetto AlienFish, la maggior parte pescatori di professione, la presenza di questa e di altre specie aliene invasive che potrebbero rappresentare una seria minaccia per la biodiversità marina mediterranea“.
Francesco Tiralongo, ricercatore e ittiologo dell’Università di Catania e responsabile nazionale del progetto AlienFish, presenta così i risultati della ricerca dal titolo “From the Strait of Sicily to the Sicilian Ionian Sea: the expansion of Hemiramphus far (Forsskål, 1775) in Italian waters” pubblicata di recente sulla rivista scientifica specializzata “BioInvasions Records” sul Mezzobecco, scientificamente noto come Hemiramphus far.
Una specie aliena apparsa per la prima volta in Mediterraneo nell’ormai lontano 1927, quando fu osservata in acque palestinesi. Tuttavia, nonostante il suo precoce ingresso, la specie è rimasta confinata soprattutto nel settore orientale del bacino, affacciandosi nelle acque italiane per la prima volta nel 2013, quando alcuni esemplari furono catturati a Lampedusa. Da allora la specie non è stata più osservata in Italia, se non nel maggio 2021, quando Francesco Tiralongo – nell’ambito del progetto “AlienFish” promosso dall’Ente Fauna Marina Mediterranea sul monitoraggio e studio delle specie ittiche rare e non-indigene nelle acque italiane – ha potuto, grazie alla Citizen Science e alla collaborazione di Salvatore Canzonieri e Corrado Caruso di Avola, studiare un esemplare catturato nel comune di Noto.
Nel Mar Mediterraneo molte specie aliene (non-indigene) provengono dal Mar Rosso tramite l’apertura artificiale del Canale di Suez, in Egitto, e vengono definite “lessepsiane” da Ferdinand de Lesseps, promotore ed esecutore del Canale di Suez (inaugurato nel 1869).
L’invasione biologica rappresenta – con altre problematiche ambientali quali la distruzione degli habitat, l’inquinamento e lo sfruttamento eccessivo delle risorse – una delle principali minacce per la biodiversità.
“Questa specie ittica – aggiunge Francesco Tiralongo – può, in alcune condizioni, mostrare un carattere invasivo e quindi potrebbe potenzialmente invadere in poco tempo altre aree costiere italiane e spostarsi verso occidente, così come altre specie lessepsiane hanno già fatto. Escludendo i records di Lampedusa del 2013, questo pesce non era mai stato osservato in acque italiane“.
Altro aspetto importante della specie è la commestibilità delle sue carni.
“Proporne la pesca e di conseguenza il consumo tramite campagne di sensibilizzazione mirate può rappresentare un modo per tenerne sotto controllo la popolazione, nel caso in cui la specie manifestasse un carattere invasivo anche in acque italiane, essendo comunque un pesce che generalmente si sposta in gruppi talvolta piuttosto numerosi”.
Per la prof.ssa Bianca Maria Lombardo “questa specie, sebbene manifesti alcune similitudini con la comune Aguglia (Belone belone), appartiene a una famiglia diversa“.
“Tuttavia, tale generica somiglianza, avrebbe potuto contribuire a farla passare inosservata agli ‘scienziati cittadini’ più distratti, anche se, tramite una osservazione più attenta, le specie possono essere facilmente distinte e quindi identificate – aggiunge la responsabile del Laboratorio di Biologia della Fauna marina mediterranea del Dipartimento di Scienze Biologiche, geologiche e ambientali dell’ateneo catanese -. Continuare a studiare e monitorare i processi delle invasioni biologiche rimane oggi un punto chiave, soprattutto per un bacino semichiuso come quello rappresentato dal nostro Mar Mediterraneo, dove le specie aliene osservate sono ormai circa 1.000“.
Alla ricerca hanno contribuito anche altri ricercatori dell’ateneo catanese come la dott.ssa Giuseppina Messina del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali, Daniele Tibullo del Dipartimento di Scienze biomediche e biotecnologiche e, inoltre, Iuri Peri e Clara Monaco del Dipartimento di Agricoltura Alimentazione Ambiente. Ed, inoltre, i ricercatori Adriana Vella e Dr. Noel Vella dell’Università di Malta.