Il contratto di locazione sottoscritto tra proprietario dell’immobile e locatario, individua sempre il canone mensile da versare, nonché il termine mensile di pagamento. Qualora il conduttore, anche per una singola rata del canone non provveda a tale pagamento, il proprietario può agire per sfrattare il locatario moroso.
Quale è pertanto la procedura da adottare?
La costituzione in mora e l’avvio dello sfratto
Dopo 20 giorni dalla scadenza prevista dal contratto per il pagamento del canone mensile, la prima cosa da fare è quella di inviare all’inquilino una raccomandata con avviso di ricevimento (AR) di “costituzione in mora” con l’avvertenza che, decorsi 15 giorni senza aver ricevuto il pagamento, saranno adite le vie legali.
Trascorso infruttuosamente tale termine, sarà possibile tramite legale di fiducia, iniziare in Tribunale la procedura di sfratto per morosità.
Lo sfratto non è una comune causa, con le sue tradizionali udienze e scadenze, ma è un procedimento speciale finalizzato a ottenere il rilascio dell’immobile in tempi brevi. I tempi, però, si allungano non tanto per il processo vero e proprio – che si esaurisce, di norma, in una o due udienze – ma per la complessità della procedura esecutiva delegata all’ufficiale giudiziario che deve eseguire l’ordine del giudice e le numerose “proroghe degli sfratti“, concesse per particolari categorie di inquilini disagiati.
I passaggi che allungano il recupero dell’immobile
Se alla prima udienza l’inquilino paga i canoni scaduti, il procedimento si estingue e la locazione prosegue anche se il proprietario può comunque decidere di sfrattare in ogni caso il conduttore.
In prima udienza, però, l’inquilino potrebbe chiedere al giudice un termine, fino a massimo 90 giorni, per trovare i soldi con cui pagare. Si chiama “termine di grazia“. La legge subordina questa possibilità alla prova di effettive condizioni di disagio economico, ma la prassi giurisprudenziale ha finito per riconoscerlo a tutti, senza ostacoli, assumendo il carattere di un vero e proprio diritto soggettivo di tutti gli inquilini. È ovvio allora che, stando così le cose, qualsiasi conduttore “in odor di sfratto”, chiederà tale rinvio, potendo così continuare ad abitare l’immobile per altri tre mesi senza il rischio di essere buttato fuori, ma avendo la legge dalla propria parte.
Se, entro il termine assegnato dal tribunale l’inquilino paga il proprio debito, si torna dal giudice che estingue il processo. In caso contrario, lo stesso giudice pronuncia lo sfratto.
Può accadere, invece, che alla prima udienza l’inquilino contesti le pretese del locatore con un atto di opposizione redatto dall’avvocato. In tal caso, inizia una vera e propria causa secondo la procedura ordinaria con relativi tempi e costi.
Ultima ipotesi: l’inquilino non si presenta o non ha niente da eccepire. In tal caso il giudice convalida lo sfratto e intima all’inquilino di abbandonare l’immobile entro 30 giorni.
Se l’inquilino non adempie spontaneamente, bisogna rivolgersi all’ufficiale giudiziario per dare esecuzione al provvedimento del giudice e cacciare materialmente l’inquilino da casa. È la cosiddetta fase esecutiva dello sfratto.
L’avvocato dovrà notificare l’atto di precetto con intimazione di rilasciare l’immobile entro 10 giorni. In mancanza del rilascio, l’avvocato dovrà chiedere all’ufficiale giudiziario la “monitoria di sgombero“, cioè l’atto con cui l’ufficiale giudiziario del Tribunale comunica all’inquilino il giorno e l’ora in cui si procederà a eseguire materialmente le operazioni di sfratto, se necessario, con l’intervento della forza pubblica.
L’ufficiale giudiziario fissa una data per il primo accesso che, specie nelle grandi città, può essere anche dopo diverse settimane/mesi, durante i quali – neanche a dirlo – l’inquilino moroso continua a usufruire gratuitamente dell’appartamento.
Potrebbe avvenire che l’inquilino non sia presente in casa o dimostri l’esistenza di particolari esigenze legate, per esempio, allo stato di salute di alcuni componenti della famiglia. L’ufficiale giudiziario fisserà una seconda data di accesso per lo sfratto, eventualmente munendosi dell’uso della forza pubblica e/o di personale specializzato nel forzare la porta di ingresso, i lucchetti e le serrature.
E i canoni non pagati?
Che fine fanno, in tutto questo, i canoni non pagati? Per questi bisognerà agire diversamente.
Di norma, il provvedimento di sfratto contiene anche l’ingiunzione, rivolta all’inquilino, a pagare il residuo del debito. Ma – avendo dall’altra parte un soggetto che non ne vuol sapere di rispettare i propri doveri – è verosimile che, anche in questo caso, sarà necessario procedere con un’esecuzione forzata. In particolare – e sempre ammesso che il debitore abbia redditi o beni aggredibili – per ottenere i propri soldi il padrone di casa dovrà procedere a un pignoramento.