Catania: crimini e giovani leve, ce lo spiega la Polizia

Catania: crimini e giovani leve, ce lo spiega la Polizia

QUESTO ARTICOLO FA PARTE DEL CONCORSO DIVENTA GIORNALISTA, RISERVATO AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI DELLA PROVINCIA DI CATANIA.

È giusto attribuire il termine criminalità organizzata a “cosa nostra” siciliana? In realtà questo termine interessa un po’ tutto il territorio italiano; così ci spiega la dott.ssa Stefania Marino, Vice Questore della Polizia di Stato in servizio presso la “Divisione Anticrimine” della Questura di Catania.

Nel catanese -spiega- questa criminalità organizzata potrebbe essere distinta in due diversi ambiti: da un lato quella mafiosa, poiché alcuni clan catanesi sono affiliati alla cosa nostra palermitana, dall’altro quella non mafiosa.

I diversi clan catanesi operano sulla città e sulla provincia attraverso una spartizione del territorio anche grazie alla cosiddetta “pax mafiosa”, creando ingenti quantità di denaro attraverso la corruzione o lo spaccio di sostanze stupefacenti, infiltrandosi anche all’interno del tessuto economico della società.

Il ruolo della Polizia tutta ed in particolare della “Divisione Anticrimine” è quello di incidere su quei substrati sociali nei quali la criminalità organizzata si sviluppa, come per esempio quei quartieri nei quali si concentra una grande quantità di disoccupazione o povertà. Queste grandi sacche di indigenza sopracitate favoriscono l’adescamento di minori da parte delle stesse facendoli accedere, attraverso ruoli sempre più ardui, all’attività criminale come una vera e propria “gavetta”.

Inizialmente il ruolo di questi giovani potrebbe essere quello della “vedetta”, avvertendo gli addetti allo spaccio dell’arrivo delle forze di polizia, via via che si invischiano nelle fila della criminalità arrivano a scalare la gerarchia di quei ruoli malavitosi. L’utilizzo dei minori crea in questi casi un senso di impunità, poiché se molto piccoli non sono neppure imputabili per la legge.

Per questo motivo l’attività preventiva è fondamentale, l’obiettivo è sradicare i giovani da questo errato concetto incentivandoli alla scolarizzazione. A tal fine, la dott.ssa Stefania Marino punta molto sugli incontri nelle scuole affinché vi sia una prevenzione più efficace.

Il contesto mafioso è un concetto dal quale è molto difficile uscire e proprio per questo, il Tribunale e la Procura per i Minori lavorano ad un progetto, per altro già applicato in Calabria e denominato “Liberi di Scegliere” e grazie al Presidente del Tribunale dei Minori, è stato importato anche a Catania. Tale progetto, mira all’intervento sulla devianza minorile, alla dispersione scolastica ed al contatto diretto familiare con la criminalità, ambiente nel quale molto spesso si perde anche la potestà genitoriale.

In una società sempre più competitiva, delinquere è diventato il modo più “semplice” per un ragazzino di ottenere qualcosa. Tale situazione crea però delle circostanze dalle quali è difficile uscire poiché, enfatizzando ogni giorno la malvivenza, che da anni esiste e persiste, genera la formazione di un “minore adultizzato”.

 

Serena Zappalà    3 BL , ISTITUTO “Liceo Ettore Majorana” – San Giovanni la Punta (CT)                     

 

[ratemypost]