Coronavirus, ospedali in difficoltà in Sicilia: un “tour” nei Pronto Soccorso, la situazione da Palermo a Catania

Coronavirus, ospedali in difficoltà in Sicilia: un “tour” nei Pronto Soccorso, la situazione da Palermo a Catania

CATANIA – La Sicilia è stata appena dichiarata “zona arancione“. Accanto alle tante polemiche dell’amministrazione centrale, dal presidente della Regione Nello Musumeci all’assessore Razza, preoccupati soprattutto per la sorte dell’economia, è impossibile non notare la realtà di alcuni ospedali siciliani, in seria difficoltà, se non addirittura in tilt, da Catania a Palermo: file ai Pronto Soccorso, ambulanze in giro per il capoluogo etneo, le lunghe attese per un tampone…

Sono tutti i sintomi di un sistema sanitario che, nonostante gli sforzi, rischia il collasso. Lo ha ribadito il sindaco di Messina, Cateno De Luca, in una posizione più vicina a quella del premier Conte rispetto al resto delle autorità siciliane dopo il discusso Dpcm del 4 novembre. E, purtroppo, lo confermano i numeri: un indice Rt superiore all’1,4 (al 25 ottobre – clicca qui per visualizzare il report), rischio per i posti in Terapia Intensiva (la Sicilia, come la Calabria, sarebbe infatti vicina alla soglia d’emergenza) e contagi in aumento (clicca qui per visualizzare il bollettino regionale di oggi).

E la situazione in provincia di Catania, tra le più colpite dalla seconda ondata in Sicilia? I Pronto Soccorso non hanno un attimo di tregua e pare che perfino le ambulanze abbiano “sostituito” le camere d’ospedale, rimanendo per ore in attesa della liberazione di un posto letto o di un trasferimento. Una lunga serie di disagi registrata soprattutto nei paesini dell’hinterland, da Biancavilla a Paternò.

Non ci sono solo persone positive al Covid: in ospedale si recano persone con ogni tipo di dolore e problema, dagli incidenti ai malori finanche alle terapie. Persone che rischiano di non essere curate in tempo a causa del collasso determinato dalla pandemia in corso.

Le altre malattie, gli incidenti e le terapie non hanno certo smesso di esistere con il Coronavirus. La convivenza tra il “nemico invisibile” e tutto il resto, però, rischia di non essere affatto pacifica e di far emergere i problemi di un sistema sanitario che, tanto a livello siciliano quanto nazionale, non è privo di problemi e disfunzioni. A questo si aggiunge anche la necessità di nuovi operatori pronti a immergersi in un contesto particolarmente preoccupante e a dare il loro prezioso contributo. Tanti gli ospedali alla ricerca, dal Cannizzaro di Catania ai principali nosocomi del Palermitano.

Per questo oggi abbiamo deciso di fare anche un “tour” negli ospedali siti nel “cuore” di Catania: prima al Cannizzaro, poi al Garibaldi Centro e Nesima, ed infine al Policlinico. Con la netta sincerità che ci contraddistingue – documentabile dalle foto che vi postiamo di seguito – la situazione non sembra essere così ingestibile. Nessuna calca di persone in attesa nei Pronto Soccorso, niente ambulanze in coda. Ma facendo un salto dall’altra parte della nostra Isola, possiamo dire che nulla, forse, è come sembra.

Quello che è venuto fuori dall’analisi effettuata oggi, basata sulla raccolta di dati reali, è che i Pronto Soccorso catanesi, nonostante le numerose difficoltà dettate da una situazione di emergenza nazionale, sta rispondendo all’emergenza.

È emerso che la mole di lavoro per tutti coloro che sono coinvolti nella cura dei pazienti è sicuramente aumentata coinvolgendo il personale a tutti i livelli: operatori del 118, medici e infermieri sono schierati tutti in prima linea per fronteggiare l’epidemia: “Attualmente il sistema è sicuramente sotto pressione per i ricoveri e le richieste di aiuto da parte di persone affette dal Coronavirus, ma le scene di code di ambulanze davanti al Pronto Soccorso al momento non sono uno scenario realistico”, le parole dell’A.O. Cannizzaro di Catania che corrispondono a ciò che è emerso dalle indagini effettuate questa mattina.

È importante comprendere che, quando al Pronto Soccorso giunge un paziente positivo al Covid-19, le procedure di ricovero si allungano perché è necessario operare nella massima sicurezza di tutte le persone coinvolte: medici, infermieri e pazienti.

Differente la situazione dell’ospedale Garibaldi (Centro e Nesima) e al Policlinico di Catania, dove all’esterno sono state allestite delle strutture dedicate ai paziente che presentano sintomi compatibili con il Coronavirus, all’interno di queste stanze viene effettuato un primo test per evitare che un paziente potenzialmente positivo possa essere dirottato all’interno dei reparti e, quindi, contagiare altre persone ricoverate.

Palermo la situazione non è certo delle migliori. Purtroppo c’è chi continua a negare, ma le foto e le parole di chi l’emergenza la vive dagli ospedali dicono tutt’altro. Lo dimostra il post di un medico, una lettera “aperta” ai negazionisti e a chi si ostina a non mettere in pratica le regole anti-Covid: “Cari facebookiani queste sono ambulanze ferme da molte e sottolineo molte ore in attesa al Pronto Soccorso di Partinico. Sì, Partinico, perché gli ospedali palermitani (quindi Cervello e Civico) non avevano posti per accettare pazienti”.

Facile dire che si tratta di ambulanze senza pazienti, ma il medico conferma: “Dentro non erano vuote come qualche negazionista può pensare. C’è un soccorritore, in alcune ambulanze anche due soccorritori, vestiti con tuta, guanti, doppia mascherina calzari o stivali che magari ha dovuto scendere così vestito per le scale e, nonostante la stanchezza, si è dovuto mettere alla guida per portare a destinazione il paziente che aveva bisogno di cure e tutto sudato con l’aria che manca dentro queste tute. Aspetta il proprio turno per fare ennesima fatica per adagiare il paziente in un’altra barella e, una volta libera, si deve rimettere in moto senza toccarsi il viso stando attento a che movimenti fare per non strappare la tuta per andare alla casa del sole 48 chilometri interminabili sperando non ci sia molto da attendere per potersi spogliare in sicurezza”.

Un pensiero è rivolto non solo al personale sanitario, ma anche a chi combatte con il virus: “Nel vano sanitario ci sta il paziente, impaurito per quello che lo aspetta, che magari fa fatica a respirare e pensa preoccupato anche ai propri familiari e spesso preoccupato anche per tutti noi. Insieme con lui ci stanno un infermiere e un medico, anche loro vestiti di tuta, doppia mascherina, calzari, guanti, che cercano in tutti i modi possibili di aiutare il paziente con ossigeno e farmaci e provano a consolarlo, tranquillizzarlo, magari distrarlo, facendogli raccontare qualcosa della sua vita, dei suoi figli, dei suoi nipoti, per rendergli l’attesa il meno traumatizzante possibile”.

Una testimonianza che descrive un dramma che non finisce con l’arrivo in ospedale: “Una volta consegnato il paziente ci dirigiamo verso quei 48 chilometri, impazienti di spogliarci, di bere un goccio di acqua, di asciugarci e toglierci la maglietta sotto, bagnata di sudore, impazienti anche noi di respirare”.

Un vero e proprio appello, quello del medico palermitano, che non vuole né elogiare né accusare nessuno ma solo rendere i siciliani coscienti di quanto sta avvenendo: Non siamo eroi e non vogliamo esserlo, facciamo davvero il nostro dovere di medici, soccorritori, infermieri al servizio della comunità. I veri eroi sono i nostri figli, mogli, mariti, papà, mamma che a ogni turno ci aspettano, alla fine di ogni turno ci accolgono pur sapendo il rischio che corriamo quotidianamente, che ci supportano quando siamo stanchi, nervosi e provati”.

“I veri eroi sono tutti quelli che stanno combattendo e resistendo nonostante le difficoltà, facendo enormi sacrifici con le proprie attività (bar, ristoranti, palestre) e capisco che queste restrizioni sono l’ennesima richiesta di pazienza e di forza, ma davvero noi siamo distrutti esausti e la nostra sanità è quasi al collasso, ricordandovi che non esiste solo il Covid. E non possiamo/vogliamo trascurare il resto”: un invito a ragionare, riflettere e dare il proprio contributo a una lotta ancora aperta e che si può vincere con il buon senso. Non solo per i nostri cari ma anche per chi spera di poter rialzare la saracinesca del proprio negozio, di non dover più temere per la salute di un proprio parente, di poter svolgere normalmente la propria terapia, di tornare alla vita di sempre.