CATANIA – È stato nuovamente sospeso dall’incarico il Sindaco di Catania Salvo Pogliese.
Il segretario generale del Comune, Rossana Manno, gli ha notificato una nota del prefetto Maria Carmela Librizzi con cui comunica che “ha ripreso la sua efficacia il decreto prefettizio originario di sospensione del 24 luglio 2020 (emanato ai sensi della legge Severino) che si esaurirà decorsi 18 mesi complessivi, al netto del periodo di sospensione“.
Le parole del Sindaco Pogliese
“In maniera del tutto inaspettata mi ritrovo a commentare l’ennesimo atto che riporta indietro le lancette della mia esperienza da Sindaco. Oggi pomeriggio ho ricevuto dal Prefetto una nota, in assenza di una ordinanza da parte del Tribunale, che mi comunica la sospensione dalla carica di Sindaco; il tutto con una interpretazione della normativa, a giudizio di illustri giuristi errata, in contrasto con la stessa ultima sentenza della Corte Costituzionale nei miei confronti, che ha sancito la ‘natura giuridica cautelare e non sanzionatoria della sospensione’. La stessa legge Severino sarà sottoposta a referendum in primavera e ci sono numerosi disegni di legge per modificarla, dopo l’analoga vicenda che ha coinvolto per ultimo il sindaco del Pd di Reggio Calabria. Ho lasciato un comodo seggio a Bruxelles e l’immunità parlamentare che mi avrebbe tutelato dall’applicazione della Severino, per servire la mia Città. Astenendomi per sensibilità istituzionale dallo svolgimento delle funzioni di Sindaco, aspetterò i chiarimenti del caso prima di fare tutte le opportune valutazioni e assumere scelte consequenziali“.
Queste le parole del primo cittadino subito dopo la notizia di queste ore.
Pogliese, nel luglio 2020, è stato condannato dal Tribunale di Palermo per peculato a 4 anni e 3 mesi di reclusione nel processo per “spese pazze” all’Ars, su rimborsi all’Assemblea regionale Siciliana come vicepresidente del gruppo del Pdl. Era stato sospeso l’indomani dall’allora prefetto Sammartino, ma era tornato in carica il 5 dicembre 2020 dopo un ricorso in Tribunale.
La nuova decisione arriva dopo che la Corte Costituzionale ha definito “non fondate le questioni di legittimità” che erano state sollevate dal giudice civile.