CASTRONOVO DI DI SICILIA – Si è conclusa oggi l’udienza del processo penale per la morte di Mastrangelo Vitale, l’operaio 35enne di Castronovo di Sicilia, precipitato da un costone roccioso mentre posava alcune reti metalliche paramassi il 4 giugno 2015.
Al termine dell’udienza, il giudice Elisabetta Villa ha condannato tre persone: quattro anni di reclusione per A.D.F., amministratore unico della Beta Costruzioni Srl (impresa esecutrice dei lavori) e quindi datore di lavoro di Mastrangelo Vitale.
Tre anni e sei mesi di reclusione per R.C., preposto della Beta Costruzioni Srl e responsabile di cantiere, ed infine, due anni di reclusione per P.R., capo cantiere nominato per la SIS s.c.p.a.
Operaio “rocciatore” precipita e muore: tre condanne
“I familiari della vittima si sono affidati al nostro gruppo specializzato nella gestione di infortuni sul lavoro mortali e con i nostri legali abbiamo seguito il procedimento penale. A distanza di quasi dieci anni dalla tragedia, non si danno ancora pace per quanto accaduto, ma almeno con questa sentenza giustizia è stata fatta“, commenta Diego Ferraro, responsabile Giesse Risarcimento Danni per la Sicilia Occidentale.
“È obbligo del datore di lavoro verificare costantemente che il personale indossi i dispositivi di sicurezza scelti, controllati e consegnati da lui stesso -precisa Ferraro- c’è stata poi una gravissima mancanza: entrambi i lavoratori sospesi a novanta metri da terra erano sprovvisti della fune di sicurezza, non solo, la fune del povero Mastrangelo era anche sprovvista del cosiddetto “nodo di fine corsa” e per lui, purtroppo, non c’è stato scampo“.
L’incidente
Mastrangelo Vitale era un rocciatore esperto di tecniche alpinistiche. Il 4 giugno di prima mattina si sarebbe recato , assieme a due colleghi come lui dipendenti della Beta Costruzioni di Teramo, alla Cava Impiso a Tommaso Natale. Dovevano passare alcune reti metalliche paramassi, per la messa in sicurezza della parete rocciosa della cava, nell’ambito dei lavori per il raddoppio della ferrovia nella tratta Palermo Centrale/Brancaccio – Carini.
Per eseguire il lavoro si doveva raggiungere la sommità della roccia e calarsi lungo la parete, così, Vitale si sarebbe calato assieme ad uno dei due colleghi, mentre il terzo sarebbe rimasto in alto per passare loro le attrezzature.
Quella mattina i tre lavorano a novanta metri da terra per posizionare un nuovo pezzo di rete e collegarla con la rete già fissata nei giorni precedenti. Verso le 10:00, però, Vitale avrebbe perso l’equilibrio e precipitava nel vuoto. A nulla sono serviti i suoi tentativi di aggrapparsi alla rete e nemmeno quelli del collega di afferrarlo.
Il parere tecnico
Il Prof. Ing. Gaetano Di Mino, Consulente Tecnico nominato dal Pm, nella sua perizia evidenzia una notevole discrepanza tra dispositivi per la prevenzione degli infortuni previsti nel Piano Operativo di Sicurezza redatto dalla Beta Costruzioni Srl e quelli poi effettivamente utilizzati dalla vittima, alcuni dispositivi utilizzati erano infatti di proprietà dell’uomo.
“Il P.o.s. correttamente redatto -afferma Di Mino- in alcune parti essenziali era disatteso nella prassi operativa. La configurazione complessiva del cantiere connota una condizione lavorativa non improntata alla tutela e alla sicurezza dei lavoratori”.
Anche la relazione tecnica dello S.Pre.S.A.L., Dipartimento di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro di Palermo, evidenzia che i DPI indossati dalla vittima, non solo non fossero stati forniti e controllati dal datore di lavoro, come previsto dal P.o.s., ma addirittura erano stati, in alcune parti, modificati artigianalmente.