Quando i partigiani giocarono la vita in un campo da calcio

Quando i partigiani giocarono la vita in un campo da calcio

Sapevate che c’è uno stadio in Italia che fu trasformato in un campo da guerra e in cui lottarono fascisti e partigiani? Quello che oggi conosciamo come Stadio Artemio Franchi, casa della Fiorentina, nell’estate del 1944, fu teatro di uno degli episodi nella lotta di liberazione dal regime fascista.

Andiamo insieme a scoprire una storia dimenticata tra i ciuffi d’erba dove oggi si gioca la Serie A, ma ieri la vita.

Quando la Liberazione si combatté in uno stadio

All’epoca si chiamava ancora Stadio Giovanni Berta, intitolato a un militante fascista, e la città era tagliata in due: a sud dell’Arno, le truppe tedesche e i fascisti della Repubblica Sociale Italiana (RSI) resistevano all’avanzata alleata. A nord, i partigiani, insieme agli Alleati, avanzavano metro dopo metro, liberando quartieri e cuori.

In questo clima di tensione estrema, lo stadio fu occupato e trasformato in una base militare. Le tribune non ospitavano più tifosi, ma soldati armati. I sotterranei vennero usati come depositi d’armi, accampamenti e, secondo alcune testimonianze, anche come celle di detenzione temporanea per partigiani catturati o prigionieri politici. Il luogo del gioco e dello sport si era convertito in uno dei tanti simboli oscuri della guerra.

L’episodio di Campo di Marte

Uno degli episodi più emblematici di quei giorni avvenne proprio nella zona di Campo di Marte, attorno allo stadio. Cinque giovani toscani furono fucilati dalle milizie della Repubblica Sociale Italiana, dopo essere stati catturati  per renitenza alla leva. Avevano rifiutato di arruolarsi nell’esercito fascista e, per questo, furono condannati a morte.

La scelta del luogo – un impianto sportivo, nel cuore del quartiere di Campo di Marte – non fu casuale: voleva essere un messaggio di terrore, un monito per chiunque pensasse di opporsi o disertare.

Nel dopoguerra, lo stadio perse il suo nome legato al fascismo. E nel 1991, venne ufficialmente intitolato ad Artemio Franchi, ex presidente della FIGC e della UEFA.

La paradossalità del tempo

Spesso storie, racconti, episodi di un’epoca passata ci sembrano lontanissime, quasi miti di un periodo irrealistico e distaccato dalle nostre vite. Oggi il Franchi è tempio di cori, bandiere e felicità e in pochi, forse pochissimi, conoscevano questo match in cui in palio c’era qualcosa di più. Perché la libertà, quella che celebriamo in questa giornata, è passata anche da qui: tra le curve svuotate, le gradinate silenziose e i sotterranei occupati.

E allora, oggi, quando guardiamo uno stadio pieno di vita, ricordiamoci anche di ciò che è stato. La memoria è resistenza, e la libertà non è mai scontata.