ITALIA – Votare quale vittima di femminicidio meritasse di più di essere uccisa, tra Giulia Tramontano, Mariella Anastasi e Giulia Cecchettin. Questa la richiesta, definita “agghiacciante”, fatta tramite il sondaggio che uno studente inviato nella chat di classe di una scuola superiore su WhatsApp. È successo a Bassano del Grappa (Vicenza).
Femminicidi, il sondaggio finito nella bufera mediatica
Ad accendere i riflettori sull’accaduto è stata l’emittente Rete Veneta. Lo screenshot della chat è stato diffuso dall’associazione Women For Freedom.
L’autore del sondaggio, finito in poco tempo in una vera e propria bufera mediatica, si è scusato per l’azione da lui compiuta. Lo ha fatto tramite una lettera diffusa dall’avvocato Aldo Benato, a cui si è rivolto per difendersi dalle accuse rivoltegli nelle ultime ore.
“Capisco il dolore, la rabbia e l’indignazione che ho provocato e, purtroppo, non ho giustificazioni né spiegazioni. Mi ci sono voluti pochi secondi per capire la gravità delle mie parole – si legge nella lettera di scuse – ma quando i miei genitori hanno appreso il fatto e ho visto l’espressione sconcertata sui loro visi, ho compreso la vera portata di ciò che avevo scritto: ho pensato a come avrebbero potuto sentirsi i genitori di quelle donne, i loro familiari e i loro amici, leggendo un simile messaggio scritto da qualcuno che nemmeno le conosceva e mi si è gelato il sangue nelle vene. Sono mortificato“.
Il suo legale ha sottolineato come il ragazzo si trovi, al momento, al “centro di un’ondata di denigrazione e odio online che potrebbe metterlo in serio pericolo”.
Le ripercussioni sull’opinione pubblica
Chiara la posizione del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, e della sottosegretaria Paola Frassinetti: il gesto, sottolineano, “lascia molta amarezza e dimostra un alto grado di immaturità e di insensibilità. La scuola saprà prendere i provvedimenti opportuni non solo per sanzionare comportamenti così gravi, ma anche per richiamare alla cultura del rispetto”.
La ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, aggiunge che l’evento “sorprende e addolora. Perché arrivare a scherzare su tragedie del genere senza percepire istintivamente il senso del limite e la consapevolezza dell’orrore dà l’idea di un’assuefazione radicata che bisogna invece sradicare”.
“Non serve solo la rabbia – scrive invece Women for Freedom che ha reso noto la chat – serve anche il coraggio di guardarci dentro. Di chiederci come mai un adolescente oggi si sente legittimato a scherzare su un femminicidio. Cosa non stiamo insegnando, trasmettendo, proteggendo?”, si chiede Luisa Rizzon, presidente dell’associazione.