LENTINI – Questa mattina i carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della compagnia di Augusta (Siracusa), all’esito di una lunga e articolata indagine coordinata dal Procuratore della Repubblica del Tribunale di Siracusa, dottoressa Sabrina Gambino, e diretta dal sostituto Procuratore, dottore Salvatore Grillo, hanno arrestato, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Siracusa, Adriano Rossitto, 37enne, titolare di un’agenzia funebre, residente a Lentini, accusato della soppressione del cadavere di Francesco Di Pietro, bancario in pensione, il cui corpo fu ritrovato il 25 agosto del 2019, denudato e privato degli effetti personali, all’interno di una “body bag” (sacca usata per la conservazione dei cadaveri) nascosta dietro un muro di cinta in contrada Ciricò di Carlentini.
All’atto del ritrovamento, effettuato per caso da un passante, i carabinieri e il medico legale intervenuti sul posto non hanno potuto accertare l’identità del cadavere, che era nudo, senza documenti o altri segni identificativi. Le operazioni, nell’immediatezz,a sono risultate difficili, poiché il corpo era in avanzato stato di decomposizione dovuto al fatto che sulla sacca utilizzata, presumibilmente a causa dello spostamento, è stata trovata una lacerazione, la quale ha fatto perdere alla “body bag” la sua tenuta termica.
Le successive indagini si sono indirizzate subito a identificare la vittima, verificando se in quei giorni nei comuni di Lentini e Carlentini o nelle zone limitrofe fosse stata segnalata la scomparsa di una persona. Si è verificato così che di Di Pietro non si avevano notizie da circa una settimana.
I militari sono riusciti in breve a localizzare l’auto di proprietà dell’uomo, grazie al tracciamento del GPS installato sulla stessa, nel parcheggio dell’ospedale di Lentini, quindi in tutt’altra zona rispetto al luogo del ritrovamento del cadavere, e hanno avviato, d’intesa con l’autorità giudiziaria aretusea, l’attività investigativa volta a identificare gli autori dell’occultamento della salma, nel frattempo attribuita senza dubbio, grazie agli esami di raffronto del DNA, a Francesco Di Pietro.
Vennero dapprima acquisiti i filmati delle telecamere dell’appartamento della vittima, sito a Lentini, attraverso i quali si ebbe modo di constatare che Di Pietro, la mattina del 21 agosto, era uscito di casa e alla guida della sua Fiat Tipo si era diretto verso il centro storico di Lentini, senza più fare ritorno alla sua abitazione e facendo così perdere le tracce di sé.
Nel medesimo contesto investigativo, per meglio comprendere la personalità e le abitudini dell’uomo, sono stati ascoltati i familiari, gli amici e i conoscenti di Di Pietro, ovvero i soggetti coi quali era solito intrattenersi per buona parte della sua giornata, tra cui appunto Adriano Rossitto.
Dalle audizioni si appurò quindi che la vittima, ex dipendente della banca “Carige” di Lentini in pensione, era un soggetto molto metodico e abitudinario, molto geloso della sua auto, una Fiat Tipo che non faceva guidare a nessuno, e che percorreva sempre le stesse strade, parcheggiando sempre negli stessi posti. L’uomo frequentava assiduamente l’agenzia di onoranze funebri gestita a Lentini da Rossitto, con cui aveva allacciato rapporti amichevoli insieme anche ad altri soggetti – anch’essi frequentatori dell’agenzia – coi quali era solito trascorrere buona parte della sua giornata.
Proprio dalle dichiarazioni di Adriano Rossitto è emersa fin da subito una moltitudine di significative discrepanze, avendo egli dichiarato agli organi inquirenti notizie poi non riscontrate, come quella che la vittima era solita frequentare prostitute o che aveva allacciato una relazione con una donna romena, indicata come sua “badante”. Le sue dichiarazioni sono apparse, quindi, suggestive, ambigue, volte a sviare le attività degli investigatori dalle reali cause della scomparsa di Di Pietro.
Le indagini esperite hanno in effetti consentito di far emergere che Di Pietro, afflitto da una condizione personale di solitudine, aveva preso a frequentare la madre di Rossitto, morendo forse mentre era in sua compagnia. Sicché Rossitto, probabilmente preoccupato di tutelare l’onorabilità della madre, si sarebbe prodigato per far sparire il corpo sbarazzandosene frettolosamente, ideando una serie di pratiche tese ad allontanare da sé e dalla madre la riconducibilità dell’evento.
I successivi accertamenti, anche di natura tecnica, i rilievi effettuati sulla scena del crimine, i servizi di osservazione, controllo e pedinamento, la continua attività informativa e le numerose contraddizioni in cui è più volte incappato l’indagato nei vari interrogatori sostenuti, hanno quindi consentito di acquisire una lunga serie di gravi e concordanti fonti di prova a carico del sospettato.
Tali elementi, supportati dalle risultanze degli accertamenti scientifici effettuati dai RIS dei carabinieri di Messina sia all’interno dell’appartamento, sia all’interno dell’abitacolo dell’autovettura della vittima, hanno fatto emergere in maniera evidente le responsabilità di Rossitto, e il pubblico ministero, concordando con l’esito delle indagini condotte dai carabinieri della compagnia di Augusta, ha richiesto ed ottenuto dal gip l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i reati previsti dagli artt. 110, 411 c.p., ovvero per distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere in concorso.