MESSINA – Il mandato della Cardiologia Preventiva e Riabilitativa si è modificato nel tempo: dall’intervento in acuto, si è passati alla sfida assistenziale di garantire continuità e qualità di cura a medio e lungo termine al paziente cardiopatico post-acuto e cronico, al fine di migliorarne la qualità di vita, la prognosi mediante la prosecuzione della stratificazione prognostica, la stabilizzazione clinica, l’ottimizzazione della terapia farmacologica e non, la gestione delle comorbilità, il trattamento delle disabilità, la prosecuzione degli interventi di prevenzione secondaria e il mantenimento dell’aderenza alla terapia. Questo il tema di fondo dell’undicesimo congresso regionale della AICPR (Associazione Italiana di Cardiologia clinica, Preventiva e Riabilitativa), dal titolo “Stairway to …Heart; lo scompenso cardiaco, dalla prevenzione alla riabilitazione”, che si è concluso a Messina, Al Palacultura “Antonello da Messina”. Presidenti del congresso Roberto Caruso e Caterina Oriana Aragona, rispettivamente specialista in malattie dell’apparato cardio-vascolare, delegato Regionale AICPR Sicilia, anche responsabile divisione di Riabilitazione Cardiologica Istituto Ortopedico del Mezzogiorno d’Italia “F. Scalabrino” GIOMI Messina, e specialista in Medicina Interna della stessa struttura, oltre che responsabile del sito web della stessa società scientifica AICPR.
“Oggi – affermano Caruso e Aragona- identificare i criteri di priorità di accesso alle strutture riabilitative, garantire l’accesso alla Cardiologia Riabilitativa dei pazienti a elevato rischio, rimodulare l’offerta riabilitativa riformulando le indicazioni alla gestione degenziale, ambulatoriale e domiciliare, appare secondo le evidence scientifiche, la formula vincente per garantire un’efficace azione di prevenzione secondaria nelle persone che hanno subito un evento ischemico acuto. La CR dopo un infarto e dopo interventi di cardiochirurgia coronarica (by-pass) e valvolare e anche nello scompenso cardiaco, sostanzia un intervento salva-vita che riduce mortalità e riospedalizzazioni del 30%. Pertanto, va superata la dicotomia tra fabbisogno reale dei pazienti e offerta della riabilitazione cardiologica nel nostro Paese, caratterizzata da differenze significative tra una realtà territoriale e l’altra”.
“I malati sopravvissuti a un infarto del miocardio– aggiungono gli esperti– sono sempre più obesi, sedentari, ipertesi e diabetici, in altre parole ad alto rischio di recidiva, perciò l’obiettivo della cardiologia del futuro è quello della prevenzione. Il mutamento del quadro demografico e l’impatto delle cronicità, inoltre, impongono la cura di soggetti sempre più fragili: cardiopatici scompensati cronici, anziani, con molteplici co-morbilità e, spesso, soli. Gli interventi tradizionali fondati prevalentemente su una cardiologia interventistica hanno dimostrato di essere insufficienti e inadeguati, per cui è sempre più urgente affermare una cardiologia di prevenzione, ovvero percorsi riabilitativi personalizzati, fondati sul modello minimal care – dove una stretta collaborazione fra professionisti sanitari dell’acuto e quelli del cronico e le strutture territoriali è imprescindibile e dove la multidisciplinarità, inclusiva di infermieri, fisioterapisti, psicologi e dietisti, è strategica”.
L’intervento di CRP ha, infatti, caratteristiche di interdisciplinarietà ed è caratterizzato da livelli decrescenti di complessità organizzativa (degenziale, ambulatoriale complesso, ambulatoriale, territoriale). La CRP è un processo continuo, che deve iniziare già nei primi giorni di degenza ospedaliera, con il counseling infermieristico, che ne rappresenta un momento centrale, e deve coinvolgere sul territorio gli MMG (Medici di Medicina Generale).
“Tutti i pazienti cardiopatici devono accedere a un programma di CRP secondo criteri di appropriatezza clinica e organizzativa, ma la verifica- rilevano Caruso e Aragona– che in atto ciò sia garantito, nei fatti, solo a una piccola porzione della ben più vasta popolazione eleggibile all’intervento riabilitativo, impone, sebbene in un contesto sanitario di risorse economiche limitate, una pianificazione di costi e azioni, per superare questo ostacolo e invertire il trend preoccupante del rischio che deriva dalla mancata riabilitazione nella fase immediatamente post-acuta e dal fatto che tali pazienti non riescono a mantenere l’adesione a stili di vita corretti e ai farmaci di prevenzione secondaria, vanificando, così, buona parte dei risultati raggiunti ed è questa la sfida della cardiologia riabilitativa 3.0”.