Ergastolo ostativo, come si è evoluto e perché non rispetta i principi costituzionali

Ergastolo ostativo, come si è evoluto e perché non rispetta i principi costituzionali

ITALIA –L’arresto del boss mafioso Matteo Messina Denaro, latitante da 30 anni, ha risollevato nuovamente il dibattito su alcune misure penitenziarie, tra cui in particolare l’ergastolo ostativo“. Ha esordito così l’avvocato catanese Elena Cassella, intervenuta ai microfoni di NewSicilia per fare chiarezza su uno dei regimi carcerari più discussi e criticati degli ultimi anni.

Le origini dell’ergastolo ostativo

La pena dell’ergastolo ostativo – spiega – è cosa di gran lunga diversa dall’ergastolo semplice. Si tratta di un’espiazione totalmente intramuraria, sine die del carcere a vita” (clicca qui per capire la differenza tra ergastolo “tradizionale” ed ergastolo ostativo).

Prima di analizzare nel dettaglio la misura carceraria che intendiamo approfondire, ripercorriamo le sue origini: “Figlia della cosiddetta ‘legislazione penale d’emergenza’, varata in risposta alle terribili stragi di mafia che insanguinarono il nostro Paese, tale forma di ergastolo – ha detto l’avvocato Cassella – fu introdotta dal d.l. 13 maggio 1991, n. 152, conv. in l. 2 luglio del 1991, con cui si è dato ufficialmente ingresso, nel nostro sistema penitenziario, all’art. 4-bis O.P“.

Poi all’indomani della strage di Capaci – ha proseguito – la norma prese l’aspetto attuale (sino alle recenti modifiche), fortemente criticato e reso oggetto di molteplici pronunce sia in sede convenzionale che costituzionale“.

Nel corso degli anni l’ergastolo ostativo è stato ripetutamente modificato: “Le numerose modifiche che si sono succedute negli anni si sono sempre più allontanate dal nucleo originario della norma, ampliando variamente ed eccessivamente il catalogo dei reati ricompresi nella disposizione“.

L’art. 4-bis si è così trasformato in un complesso, eterogeneo e stratificato elenco di reati che non hanno nulla in comune tra di loro e non si comprende come si possa trattare allo stesso modo un mafioso, un trafficante di esseri umani e un sex offender“.

Dalla mancata collaborazione al carcere a vita

È particolarmente acceso, ormai da tempo, il dibattito relativo alla validità dell’ergastolo ostativo, spesso considerato una vera e propria violazione dei diritti costituzionali.

Il vero nodo critico di tale istituto – sottolinea l’avvocato – è la presunzione assoluta di pericolosità sociale del condannato che non collabora con la giustizia. La mancata collaborazione esclude qualsiasi possibilità di ritorno, sia temporaneo che definitivo, nella società libera. I rigidi automatismi sono di ostacolo alla necessaria individualizzazione del trattamento e alla prospettiva rieducativa“.

All’ergastolano ostativo è negata ogni possibilità di cambiamento. Egli si trova di fronte a un’unica alternativa: collaborare con la giustizia e poter chiedere di accedere ai benefici penitenziari o non collaborare e rimanere in carcere a vita“, ha affermato Elena Cassella.

Gli ergastoli ostativi in Italia

Secondo il report del Garante Nazionale sulle persone private della libertà, in Italia i detenuti ostativi sono 1259, che corrispondono al 70% degli ergastolani totali.

Pertanto, più del 70% degli ergastolani (fino a prima dell’entrata in vigore del d.l. 162/2022, conv. nella Legge n. 199 del 30 dicembre 2022), ove avessero deciso di non diventare collaboratori di giustizia non avrebbero avuto modo – spiega l’avvocato Cassella – di ottenere misure alternative alla detenzione, benefici penitenziari, tra cui la liberazione condizionale, dovendosi arrendere al ‘fine pena mai’. Per questo, si è assistito nel tempo a una sempre più incisiva erosione dell’ergastolo ostativo sia in sede convenzionale che in sede di giurisprudenza costituzionale“.

La presunzione assoluta di pericolosità per i condannati per uno dei reati ostativi, derivante dalla sola mancata collaborazione con la giustizia, mal si concilia con la nostra Costituzione e con le fonti internazionali ed europee“.

L’ergastolo ostativo in contrasto con la dignità umana

Proprio per tutelare il diritto alla speranza dei carcerati, sancito nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, “la Corte costituzionale e la Corte di Strasburgo hanno contribuito sinergicamente alla revisione del nostro sistema sanzionatorio, al fine di arginare gli automatismi e le preclusioni assolute previste in fase di esecuzione della condanna privativa della libertà“.

La Corte EDU – ricorda l’avvocato – è più volte intervenuta sulla tematica della ‘revisionedelle sentenze di condanna ostative alla concessione di benefici penitenziari quali la liberazione condizionale, sia nel 2013 che nel 2019 (cd. Caso Viola) sostenendo che la cosiddetta ‘pena perpetua’ sia confliggente con l’art. 3 CEDU che vieta sanzioni disumane e degradanti“.

Nel cosiddetto caso Viola, la Corte di Strasburgo ha deciso in maniera tranciante che l’ergastolo non riducibile, cioè ostativo, viola il divieto di trattamenti degradanti e inumani e il generale rispetto della dignità umana“.

L’assenza di collaborazione, implicante una presunzione inconfutabile di pericolosità sociale, ha l’effetto di privare il detenuto di qualsiasi prospettiva di liberazione in contrasto con la funzione di risocializzazione della pena, che consente all’individuo di rivedere criticamente il suo percorso criminale e di ricostruire la sua personalità“.

I giudici di Strasburgo evidenziano come una pena ‘senza fine mai’, nonostante il reo dimostri un suo convinto e pieno ravvedimento, anche per reati perniciosi, nega la speranza alla vita con ciò rendendosi draconiana e, quindi, contraria al senso di umanità“.

Cosa si intende per diritto alla speranza

Sorge spontaneo in un contesto del genere chiedersi in cosa consista il diritto alla speranza, a cui è stato fatto riferimento nelle righe precedenti. È per questo che l’avvocato Cassella ha deciso di offrire una definizione decisamente esaustiva: “Altro non è il diritto alla speranza, se non la presa d’atto che, dietro qualsiasi perpetuità e qualsiasi automatismo, esiste una Persona; pertanto, negare la speranza significa negare un aspetto fondamentale di ogni essere umano“.

Il conflitto con i diritti costituzionali

Anche in ambito nazionale la Consulta ha stabilito che fare della collaborazione l’unico modo per il condannato di recuperare la libertà è in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione e con l’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. La stessa Consulta ha affermato, infatti, che non si può pretendere un’esatta corrispondenza tra ravvedimento e collaborazione. Di conseguenza, subordinare la concessione di benefici a quest’ultima, è irragionevole e di dubbia compatibilità con il dettato costituzionale per diversi ordini di ragioni“.

In primo luogo, la collaborazione, a detta della stessa Consulta, ‘ben può essere frutto di mere valutazioni utilitaristiche in vista di vantaggi che la legge vi connette, e non anche segno di effettiva risocializzazione’. Al tempo stesso, una presunzione ‘iuris et de iure’ di non rieducazione o di non ‘rieducabilità’ dell’ergastolano non collaborante finisce inevitabilmente col frustrare il fine rieducativo della pena ex art. 27, co. 3, Cost., in quanto porta a ignorare gli effetti rieducativi già prodotti o che possano prodursi nel soggetto“.

Oltre a non rispettare il diritto alla speranza, l’ergastolo ostativo rischia di far scattare un meccanismo pericoloso per i familiari del condannato, poiché si potrebbe andare incontro – in determinati casi – a un alto rischio di ritorsioni per quanto riguarda i familiari dell’individuo: “A ciò – approfondisce Elena Cassella – si aggiunge il contrasto con il principio di colpevolezza di una previsione che non tiene conto delle circostanze che potrebbero rendere psicologicamente inesigibile un comportamento di collaborazione. Si pensi ai casi, di certo non infrequenti, in cui, collaborando, l’imputato esporrebbe a un elevato rischio di ritorsioni, ossia a un concreto pericolo per l’incolumità, i propri familiari“.

Nei prossimi giorni approfondiremo altri aspetti dell’ergastolo ostativo, concentrandoci sulle riforme più attuali della misura carceraria, per comprendere – sempre con il supporto dell’avvocato Elena Cassella – in che modo si sta evolvendo il dibattito e quale potrebbe esserne l’esito.

Foto di repertorio