CATANIA – Si commuove raccontando della vicenda di Giulio Regeni, ammalia la platea con il racconto degli esperimenti di Rita Levi Montalcini, in quel laboratorio di fortuna che era la sua stanzetta di Torino, sotto i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, e svelando i tentativi ripetuti ma ostinati di Katalin Kariko, la biochimica ungherese che ha sviluppato l’uso terapeutico dell’mRNA, alla base di molti vaccini anti-Covid, dopo quindici anni di fallimenti e avversità.
Elena Cattaneo, che all’Università di Milano dirige il laboratorio di Biologia delle cellule staminali e Farmacologia delle malattie neurodegenerative, e che dal 2013 è senatrice a vita come la stessa Levi-Montalcini, ha regalato un’orazione civile al folto pubblico presente all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Catania.
Ben più che una lectio magistralis, una vera e propria ode alla scienza, l’appassionante storytelling di scoperte scientifiche ottenute “per caso” o per tenacia, ma sempre mosse dalla curiosità di scoprire e comprendere l’ignoto. Non priva tuttavia di toni polemici verso la burocrazia che attanaglia anche la ricerca scientifica e di un invito finale ad indignarsi con chiunque voglia subdolamente o dichiaratamente limitare la libertà di “capire”.
La senatrice Cattaneo è stata una delle due ospiti d’onore della cerimonia dell’Ateneo catanese, annunciata dal corteo accademico scandito dalle note delle Fanfares di Jean-Joseph Mouret, della Premiere marche de triomphe di Marc-Antoine Charpentier e dal Trumpet Tune di Henry Purcell eseguite dal quartetto d’ottoni del Teatro Bellini e dagli organisti Paolo Cipolla e Franco Lazzaro, che hanno regalato al pubblico un “evento nell’evento” suonando le tastiere del monumentale organo di Donato del Piano.
Dopo gli interventi del ministro dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa, del rettore Francesco Priolo, del direttore generale Giovanni La Via, del presidente della Consulta degli studenti Lorenzo Commis e dell’allieva della Scuola Superiore, Rossella Garofalo, annunciati dagli speaker di Radio Zammù Radek Ogrodniczak, Francesca Morrone, Francesco Guerra e Gloria Vincenti, la studiosa milanese ha voluto “affermare la gioia del nostro lavoro di ricercatori, ribadendo il diritto di studiare e i doveri verso la comunità e il Paese”.
In mezzo, un omaggio alla scienziata Rita Levi Montalcini, nel decennale della sua scomparsa, con la lettura di una sua lettera al nipote Emanuele, a cura della giovane attrice Lucia Portale, laureata umanistica dell’ateneo catanese.
“In un laboratorio di fortuna allestito nella sua camera da letto, mentre fuori imperversavano i bombardamenti – ha ricordato Cattaneo – nel 1942 Rita Levi Montalcini ha aperto la strada alla successiva scoperta del fattore di crescita dei neuroni, che le è valso il premio Nobel nel 1986. Tecnologie rudimentali, ma intelletto e genialità fini: la sua storia richiama sempre quella gioia che deriva dall’aver affrontato, studiato, capito e condiviso ciò che nessuno prima di lei aveva mai incontrato, studiato, capito e condiviso. Niente ha fermato Rita: né il pregiudizio di genere, né le leggi razziali, né l’invecchiamento, ci ha dimostrato che nulla nella scienza è precluso a una donna o a un uomo per il solo fatto di essere una donna o un uomo”.
Sul palco della cerimonia, a ribadire il tema della giornata “Unict femminile plurale”, il rettore Priolo e la prorettrice Francesca Longo chiamano molte dottorande e ricercatrici, “loro sono il futuro”, dicono. E la senatrice Cattaneo idealmente le esorta: “Ciascuno faccia la propria parte, ciascuno cresca libero dai condizionamenti, si faccia guardiano dell’interesse pubblico, anche quando ciò comporta dei rischi. Esempi come quelli di Montalcini e Kariko ci dicono che ciò che conta nel percorso della scienza non sono tanto i risultati, bensì la storia delle persone che ha portato a quei risultati, dei tanti gradini che uomini e donne hanno scalato nella consapevolezza di ciò che si può raggiungere, esplorando quanto prima era ignoto”.
Ciò che accomuna le due scienziate è infatti soprattutto il metodo: “Si parte da una domanda, si formulano ipotesi – spiega la senatrice – si attraversano tentativi e si ricercano le prove, pronti a ricominciare tutto daccapo se quella strada non porta da nessuna parte. È l’ipotesi che spiega il coraggio di osare, di pensare qualcosa che nessuno aveva mai pensato prima, spingersi fino al confine della conoscenza, con una gamba nel vuoto, consapevole che può cadere o fallire. E in tutto ciò, lo dico ai giovani, non vale certo il principio di autorità. E il metodo t’impone di accettare che siano gli esperimenti a dirti se hai torto o a ragione, divenendo ‘terzi’ rispetto all’idea di cui ci si è innamorati”.
Prima di lasciare il palco all’energia dei giovani artisti della compagnia Ouroboros che, sulle note del brano “This is me” tratto dal musical “The greatest showman”, hanno concluso in maniera inedita la solenne cerimonia accademica, la senatrice Cattaneo lancia due messaggi espliciti: “La scienza non è tutta la verità: è solamente un metodo che serve a restringere gli spazi dell’incertezza, ma non è un juke-box da cui aspettarsi la musica che si desidera salvo poi strappare la spina quando quella musica non è quello che ci si attende o è sconveniente. Non è un corpus rigido di risposte certe e immutabili, ma non esiste un metodo migliore”.
Il secondo appello è indirizzato alla difesa della libertà di ricerca, nella logica dell’interesse pubblico: “Senza di essa – sostiene con vigore – non esisterebbero le università e la conoscenza, lo studioso deve poter muoversi ovunque ritenga di dover andare senza che nessuno possa impedirlo, a patto che abbia una buona idea da mettere in competizione”.
“La libertà non si può mai dare per scontata, va conquistata difesa e rivendicata ogni giorno per sé e per gli altri, e tanti studiosi hanno pagato persino con la vita, come Giulio Regeni. Va difesa anche da manovre politiche e da leggi che la ostacolano, come ad esempio sugli ogm, sulle cellule staminali, sulla sperimentazione animale o sull’agricoltura biologica”, prosegue.
“In Italia ci sono ‘gemme’ ovunque, spesso misconosciute, ma sono pronte a sbocciare se tutti insieme garantiamo loro la libertà di farlo attraverso i principi della trasparenza e della competitività. Trasparenza intesa come regole cristalline, pubbliche, uguali per tutti; competizione come opportunità per tutti di proporre le proprie idee, metterle a confronto, per essere valutate come migliori o peggiori, e quindi più o meno meritevoli di accedere alle risorse pubbliche”, conclude.