CATANIA – Oggi vogliamo raccontarvi una storia; una storia che, visto il periodo di Natale, vogliamo definire rossa, rossa come il colore della torcia che è costata ad un 17enne catanese (che chiameremo S.) una denuncia.
L’accaduto forse già lo conoscete: una prima volta i carabinieri si recarono direttamente a casa sua (dove trovarono solo la sorellina di 9 anni), per notificargli una denuncia in merito alla partecipazione ad una manifestazione NO Muos a Niscemi. La madre, quando venne contattata, in ufficio, ebbe un attacco di panico e finì in ospedale.
“La storia si ripete, così come i comportamenti umani” scriveva Machiavelli, e così è stato anche per S. Il ragazzo partecipa ad un corteo contro la Buona Scuola, il 9 ottobre, ed ancora una volta le forze dell’ordine decidono di recarsi direttamente a casa sua, sviando un po’ da quella che è la procedura standard (che dovrebbe prevedere una semplice telefonata) trovando stavolta il fratello 13enne, ma riuscendo comunque a causare un bel po’ di caos in famiglia.
Ebbene abbiamo voluto parlare direttamente col 17enne catanese, per capire, al di là della storia in sé, come abbia vissuto questa situazione.
“Quando arrivano i messaggi dai miei parenti, per avvertirmi che i carabinieri sono venuti fino a casa, mi viene una rabbia incredibile, soprattutto perché so che tutto ciò causa preoccupazioni in più alla mia famiglia – ci dice S, che a proposito dell’attacco di panico della madre continua – lei mi supporta in quello che faccio, ma è chiaro che non è mai bello sentirsi dire che il proprio figlio è stato denunciato“.
Ci sarebbe anche da chiedersi perché le forze dell’ordine abbiano deciso di attuare questo metodo, per notificare quella che, in fondo, era una semplice denuncia. S. la pensa così: “Perché sanno, sanno benissimo, che non ci fanno paura e che non ce ne faranno mai, quindi cercano di mettere zizzania nelle nostre famiglie, di creare il panico, ma non basteranno 1000 denunce per farci cambiare idea”.
S. utilizza il plurale perché fa parte di un’associazione studentesca, chiamata LPS (Liberi Pensieri Studenteschi) che supporta lui e soprattutto le sue idee, e che giorno 21 è scesa in piazza per difendere libertà di espressione e diritto alla protesta, accendendo diversi fumogeni, in tutto e per tutto identici a quelli che costarono la denuncia al 17enne.
Ed ecco perché alla domanda “se dovessi usare una sola parola per descrivere la tua storia, quale sarebbe?” S. risponde semplicemente “assurdo“.