CATANIA – “Come fai a vivere sotto un vulcano?“, è la frase che ogni siciliano, quantomeno residente a Catania e provincia, si è sentito ripetere almeno una volta nella vita da chi, l’Etna, l’ha potuto vedere soltanto in cartolina o grazie alle immagini diffuse attraverso il web o il piccolo schermo.
Già, come si fa a vivere ai piedi di uno tra i vulcani più attivi al mondo? “Questione di abitudine“, potrebbe essere la risposta in grado di fornire istintivamente qualsiasi persona che vede la propria esistenza scandita, fin dalla nascita, dall’alternarsi di boati e fontane di lava.
L’Etna è un problema?
Dopotutto, se sei siciliano e vivi in un’isola dove la stabilità economica è pressoché un’utopia e le classifiche nazionali relegano la regione tra gli ultimi posti in numerosi indici, la presenza di un gigante irrequieto in grado di sputare a profusione magma dalla temperatura di 1.600 °C rappresenta, probabilmente, l’ultima delle preoccupazioni.
Eppure, l’Etna non può essere ignorato. Nonostante le difficoltà quotidiane di coloro i quali trascorrono le loro vite ai suoi piedi, il suo nome continua a rimbalzare ripetutamente di bocca in bocca, in particolar modo in concomitanza con i suoi risvegli.
Proprio nel corso di queste ultime settimane, il vulcano attivo più alto d’Europa ha fatto nuovamente parlare di sé a causa dei frequenti e disagianti parossismi che hanno attirato le attenzioni di una ‘platea’ sempre più nutrita e curiosa.
È noto, infatti, come le colonne di fumo che si innalzano dal cratere di Sud-Est dalla “muntagna” abbiano spinto la cenere vulcanica a latitudini impensabili, giungendo fino in Cina.
Vulcano e montagna
Ebbene sì, montagna. Per i catanesi, infatti, l’Etna non è solo un vulcano nel senso più stretto del termine. È pure un grande monte dove è possibile compiere affascinanti escursioni e sciare lungo i fianchi innevati durante i mesi invernali.
Vulcano per tanti, montagna per pochi, dunque. Secondo la concezione locale, inoltre, l’Etna è “mamma“ e i siciliani al cospetto sono i suoi “figli” che si sentono rassicurati dalla sua figura, malgrado qualche inevitabile avversità causata dalla sua dirompente attività e dai frequenti terremoti. Tra questi, il famoso sisma del 26 dicembre 2018 che ebbe importanti effetti su Zafferana Etnea, Fleri e località circostanti.
L’Etna nella Letteratura
Il genere ‘femminile’ del vulcano lo si ritrova anche nel latino Aetnă e nel greco Αἴτνη. Anche la mitologia ci consegna l’immagine di una donna quando si parla del rilievo. È il caso della storia della ninfa Etna, generata dall’unione di Urano e Gea e amante del dio del fuoco Efesto, con il quale avrebbe generato gli dèi Palici.
Ciononostante, tirata giù l’impalcatura della narrazione epica, bisogna necessariamente fare i conti con il contenuto del dizionario italiano che attribuisce all’Etna il sesso maschile. Potrà mai essere considerata una provocazione, dunque, la scelta di considerare il vulcano siciliano anche un “papà”?
Non avrà conosciuto particolari indugi, a tal proposito, lo scrittore catanese Giovanni Verga che, nella sua straordinaria opera “Storia di una capinera”, rivolgendosi alla novizia Maria, sottolineava quanto fosse bello “da vicino il nostro Etna!“.
Anche il collega Federico De Roberto, napoletano trapiantato in giovane età a Catania, preferì utilizzare il maschile in un suo scritto per ricordare che “pochi hanno detto che questo monte tremendo è anche uno dei più belli“.
L’Etna gender fluid
Maschio o femmina? Vulcano o montagna? Verosimilmente, l’Etna è allo stesso tempo entrambe o nessuna di queste cose. Perché non ‘spingersi’ oltre, dunque? Perché non accettare il compromesso di un vulcano dalla sessualità fluida e, per questo, appartenente a un genere ‘non-binary’ per il quale può essere superato ogni atteggiamento di stigmatizzazione?
In qualsiasi modo si riesca a dibattere sulla sua identità di genere, l’Etna continuerà comunque a conservare l’indole esuberante e vanitosa che spinge i catanesi a sperimentare gli stessi sentimenti di ammirazione e avversione provati da Catullo nei confronti di Lesbia.
“Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior“, scriveva il poeta latino del carme 85 del suo Liber. Amare od odiare l’Etna? Non lo sappiamo, ma non possiamo farne a meno.
Fonte Foto: Ansa.it