Carnevale, i piatti tipici: dalla pasta a “cinque puttusa” alle “chiacchere”

Carnevale, i piatti tipici: dalla pasta a “cinque puttusa” alle “chiacchere”

CATANIA – Da sempre a Carnevale il cibo abbonda sulle tavole siciliane, la tradizione vuole che si mangi “a crepapelle” prima dell’arrivo della Santa Pasqua e della Quaresima. 

Dunque, da Catania a Palermo a Modica e nelle restanti province siciliane, i banchetti si riempiono di pietanze elaborate soprattutto nei giorni del giovedì grasso, della domenica e del martedì di Carnevale. 

I piatti tipici sono i “maccheroni al ragù” meglio conosciuti come “pasta a cinque puttusa (buchi)” o addirittura a sette preparati con sugo di maiale

Una ricetta semplice e deliziosa che vi spieghiamo passo passo: per sei persone servono 400 grammi di salsiccia, 300 grammi di puntine di maiale, 1 litro di passata di pomodoro, 1 cipolla bianca molto grande, sale e pepe, olio extra vergine d’oliva e foglie d’alloro

Preparazione: soffriggete la cipolla in olio extra vergine d’oliva, aggiungete la salsiccia, la cotenna a strisce larghe ma non troppo e le puntine. Fate cuocere il tutto sfumando con mezzo bicchiere di vino rosso e aggiungete qualche foglia di alloro (che toglierete a fine cottura). Aggiustate di sale e pepe e aggiungete il pomodoro e il concentrato. Lasciate cuocere a fuoco lento fino a che la salsa impregni tutta la carne e la insaporisca. Il tempo di cottura stimato è di circa 2 orette a fuoco bassissimo. Condite quindi la pasta con questo bel sughetto e gustatevi un piatto delizioso. 

Fonte immagine: Giallo Zafferano

Fonte immagine: Giallo Zafferano

Nei tempi passati, altra usanza carnevalesca vedeva come piatto d’eccellenza la salsiccia che veniva offerta in piazza e arrostita alla brace. 

Dai primi piatti, dunque, si passa ai dolci: sono molte in Sicilia le ricette tipiche di questo periodo dell’anno. Al primo posto troviamo sicuramente le famose “chiacchere”. Queste variano il nome in base alla città: bugie o cenci in Toscana, crostoli in Veneto o fiocchetti, lattughe in Lombardia, frappe e sfrappole in Emilia, etc

Sono un dolce molto friabile, ottenuto tirando sottilmente un semplice impasto successivamente fritto e cosparso di zucchero a velo per il tocco finale. La loro forma rettangolare, con due tagli netti centrali, rende le “chiacchere” inconfondibili e attira immediatamente l’attenzione e la golosità di grandi e piccini. 

Ingredienti per circa 40 chiacchere: 500 grammi di farina 00; 70 grammi di zucchero; 50 grammi di burro; 30 grammi di grappa; 3 uova (medie); 6 grammi di lievito in polvere per dolci; 1 baccello di vaniglia; 1 tuorlo; 1 pizzico di sale fino

Ingredienti per friggerle: olio di semi d’arachidi (quanto basta); zucchero a velo (quanto basta).

Preparazione: setacciate la farina assieme al lievito e versate in una planetaria con foglia. Aggiungete lo zucchero, il sale, le uova sbattute in precedenza e la grappa. Lavorate fino ad amalgamare bene gli ingredienti. Sostituite la lama a foglia con il gancio, unite i semi della bacca di vaniglia e il burro, quindi continuate ad impastare per circa 15 minuti fino ad ottenere un composto omogeneo: dovrà risultare sostenuto ma abbastanza malleabile. Se necessario potete aggiungere 5/10 grammi di acqua. Trasferite l’impasto su un piano da lavoro e maneggiatelo rapidamente per dargli una forma sferica. 

Avvolgete il panetto con la pellicola trasparente e lasciatelo riposare a temperatura ambiente per almeno 30 minuti. Trascorso questo tempo, dividete la pasta in porzioni da 150 grammi circa e iniziate a lavorare ognuna singolarmente. Appiattite leggermente una prima porzione con il palmo della mano, infarinatela e stendetela con il tirapasta impostato sullo spessore più largo. Ripiegate verso il centro i lati corti della striscia di pasta ottenuta, successivamente tiratela nuovamente impostando ogni volta il tirapasta su uno spessore sempre minore, fino a raggiungere i 2 mm. Eseguite lo stesso procedimento su tutte le porzioni di impasto. Lasciate riposare qualche minuto la sfoglia tirata e nel frattempo portate l’olio a temperatura di 150°-160°. Con una rotella a taglio smerlato procedete sagomando dei rettangoli di circa 5×10 cm e praticando su ognuno due tagli centrali, paralleli al lato lungo. Non appena l’olio ha raggiunto la giusta temperatura immergete 2-3 rettangoli di sfoglia con l’aiuto di una schiumarola e fateli cuocere rigirandoli su ambo i lati fino a che non raggiungono la doratura. Scolate le sfoglie su carta assorbente e, una volta fredde, mettetele su un piatto o un vassoio, cospargetele con abbondante zucchero a velo setacciato. Le vostre “chiacchere” sono pronte per essere gustate. 

C’è da dire che questo dolce ha origine nell’antica Roma e, successivamente, ha avuto massima diffusione in tutta Italia. C’è chi pensa che l’origine sia invece napoletana e che il loro nome derivi dalla regina Savoia. Quest’ultima amava “chiaccherare” ma anche mangiare. Chiamato il cuoco Raffaele Esposito, gli chiese un nuovo dolce che lui, finito di preparare, chiamò “chiacchere”.

Tipiche del periodo carnevalesco ma anche della festa del papà (festa di San Giuseppe) sono le crispelle di riso e miele.

Meno “famosi” in Sicilia ma pur sempre preparati e apprezzati sono gli sfinci di Carnevale, simili alle frittelle e aromatizzati con miele e cannella e, ancora, la pignolata: una pasta dolce fritta a metà tra le castagnole e gli struffoli, ma di dimensioni maggiori rispetto a quest’ultimi.

Bando alle ciance, dunque, a Carnevale in Sicilia si mangia: che poi, fondamentalmente, nella nostra bella isola, ogni occasione è buona per deliziare il palato.