I glucocorticoidi sono una classe di farmaci dotata di potente azione antinfiammatoria e immunosoppressiva, estesamente utilizzata in ambito sia ospedaliero sia ambulatoriale. L’ampio uso dei glucocorticoidi di sintesi è legato alla loro potente azione antinfiammatoria e immunosoppressiva, riguardante sia il sistema immunitario innato sia quello adattativo. In pratica, queste sostanze inibiscono la capacita migratoria dei leucociti, impedendo la loro fuoriuscita dal torrente circolatorio e, conseguentemente, il raggiungimento dei siti di infezione e di danno tessutale, bloccando in tal modo la risposta infiammatoria.
Le indicazioni dell’uso dei glucocorticoidi includono patologie infiammatorie, immunitarie e tumorali, con maggiore frequenza in ambito nefrologico, gastroenterologico, pneumologico, infettivologico e, soprattutto, reumatologico e onco-ematologico. Uno dei principali effetti collaterali degli steroidi è rappresentato dalla loro azione sul metabolismo glucidico, con effetto complessivamente iperglicemizzante e “diabetogeno”, dovuto principalmente a una riduzione della sensibilità insulinica a vari livelli (epatico, muscolare, sul tessuto adiposo). Essi, inoltre, agiscono a livello del pancreas endocrino, determinando riduzione della secrezione insulinica e aumento di quella di glucagone, e sull’asse delle incretine, interferendo con l’effetto insulinotropico del GLP-1.
Se non esistono dubbi su un effetto negativo dell’uso di steroidi sulla tolleranza glucidica e, conseguentemente, su un effetto “diabetogeno” legato alla terapia steroidea, quantificare con precisione questo rischio è molto difficile, a causa di una serie di variabili che inevitabilmente possono condizionare il rischio di sviluppare un diabete “secondario” all’assunzione di steroidi. Bisognerà quindi considerare il tipo di molecola utilizzata, la sua posologia, la durata e lo schema del trattamento, ma anche le caratteristiche del paziente posto in terapia: età, corporatura, familiarità, stile di vita, oltre a patologie e altre terapie concomitanti. È pertanto condivisibile l’indicazione, riportata già nell’edizione 2014 degli “Standard di Cura del Diabete Mellito” della Società Italiana di Diabetologia, sulla necessità di educare i pazienti al controllo della glicemia capillare dopo pranzo e prima di cena, dato che le rilevazioni effettuate in mattinata a digiuno potrebbero sottostimare l’iperglicemia da steroidi.
Da qui derivano anche indicazioni terapeutiche generali sulla terapia ipoglicemizzante in corso di trattamento steroideo, con l’orientamento verso farmaci attivi soprattutto nel periodo tra mezzogiorno e mezzanotte. Per controllare l’iperglicemia da steroidi, praticamente tutti i farmaci usati nel trattamento del diabete mellito di tipo 2 possono essere utilizzati: secretagoghi, come sulfoniluree e glinidi, insulino-sensibilizzanti come metformina e glitazoni, insulina e, recentemente, analoghi del GLP-1 e inibitori dei DPP4. Nei casi di maggior impegno clinico, la prima scelta rimane quella della terapia insulinica, con schemi di somministrazione variabili, e algoritmi che tengono conto delle caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche dei glucocorticoidi utilizzati nel paziente in esame.