Il ruolo dell’emoglobina glicosilata nella diagnosi del diabete

Il ruolo dell’emoglobina glicosilata nella diagnosi del diabete

I pazienti con il diabete mellito conoscono molto bene il ruolo del dosaggio dell’emoglobina glicata nel valutare il compenso del diabete, infatti il diabetologo valuta il compenso glicometabolico servendosi principalmente dei controlli glicemici domiciliari e del valore dell’emoglobina glicata. Quest’ultima è espressione dei valori medi glicemici del paziente negli ultimi 2-3 mesi.

Importanti studi clinici hanno documentato inconfutabilmente la correlazione tra il compenso glicemico valutato con il dosaggio dell’emoglobina glicata ed il rischio di comparsa e progressione delle complicanze croniche. In passato il valore di emoglobina glicata permetteva di valutare il compenso glicometabolico, ma non poteva essere utilizzato per fare la diagnosi di diabete.

Nel 2009 un comitato di esperti internazionali, formato da membri delle società scientifiche in campo diabetologico sia Americano che Europeo ha individuato dall’analisi di un ampio numero di studi clinici un valore di emoglobina glicata utile per fare la diagnosi di diabete. Quello che ha permesso di utilizzare questo parametro a scopo diagnostico è stata la standardizzazione del metodo di dosaggio, ossia l’individuazione da parte della Federazione Internazionale di Chimica Clinica (IFCC) di un metodo di dosaggio unico e dell’inserimento di questo nel Sistema Internazionale. L’adozione del nuovo sistema di riferimento IFCC, ha comportato il cambio di unità di misura. I pazienti abituati a valori di emoglobina glicata espressi in percentuale, oggi trovano questo valore espresso in mmol/mol, ad esempio la diagnosi di diabete mellito viene posta per valori di emoglobina glicata maggiori o uguali a 6.5% oggi espressi come 48 mmol/mol, in almeno due misurazioni. L’utilizzo di questo parametro per la diagnosi del diabete ha dei vantaggi quali la possibilità di fare il prelievo anche non a digiuno, la più bassa variabilità del risultato ripetuto nello stesso paziente (< al 2% rispetto alla variabilità della glicemia che arriva al 10-15%) ed ancora la bassa suscettibilità ad interferenze come lo stress o malattie intercorrenti.

Esistono però anche degli svantaggi legati ad un costo maggiore dell’esame rispetto al dosaggio della glicemia, alla disponibilità ancora limitata del metodo di dosaggio standardizzato (ricordiamo unico metodo riconosciuto per la diagnosi) ed infine l’incompleta correlazione tra i valori di emoglobina glicata e glicemia media in alcuni soggetti. Vi sono infatti varie condizioni cliniche che possono interferire con il dosaggio di emoglobina glicata. Ricordando che l’emoglobina glicata è l’espressione del grado di “glicazione” dell’emoglobina, una macromolecola deputata al legame dell’ossigeno (o dell’anidride carbonica) nei globuli rossi, i quali hanno una vita media di 120 giorni; tutte le condizioni cliniche che modificano la vita media dei globuli rossi possono interferire con il dosaggio, causando un aumento o una riduzione del valore di emoglobina glicata rispetto a quello che ci aspetteremmo per i valori glicemici di quel paziente. Ad esempio in condizioni come l’anemia da carenza di ferro o da carenza di vitamine in cui la produzione dei globuli rossi è ridotta ed è ridotto il loro turn-over (ricambio) si può osservare una sovrastima dell’emoglobina glicata, al contrario in condizioni in cui vi è la riduzione della vita media dei globuli rossi con un maggiore ricambio come nei pazienti con splenomegalia (la milza è l’organo deputato alla distruzione delle cellule sanguigne “invecchiate”) il valore di emoglobina glicata può essere sottostimato, anche l’anemia secondaria ad insufficienza renale cronica può interferire con il dosaggio. L’ipertrigliceridemia, l’iperbilirubinemia, l’assunzione cronica di salicilato possono interferire con il dosaggio, altre sostanze interferiscono con il processo di glicazione come avviene ad esempio con l’assunzione di vitamina C o vitamina E.

Quindi il ruolo dell’emoglobina glicata è ormai codificato nella diagnostica del diabete mellito oltre che nel monitoraggio del compenso glicemico dei pazienti, bisogna però tener presenti sempre sia i vantaggi che le limitazioni della metodica.

Massimo Buscema