Europa: quanto è stato fatto e quanto ancora c’è da fare

Europa: quanto è stato fatto e quanto ancora c’è da fare

L’Europa, in uno stato embrionale, viene creata ufficialmente nel 1957. Siamo a Roma quando i sei Paesi fondatori si riuniscono per sottoscrivere il Trattato che darà vita alla Comunità Economica Europea: Italia, Francia, Repubblica Federale di Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. All’assemblea partecipano avvocati, parlamentari, combattenti della resistenza mossi dagli stessi ideali: la pace, l’unità e la prosperità in Europa.

Siamo in piena guerra fredda e il secondo conflitto mondiale si è concluso da pochissimo, lasciandosi dietro strascichi tremendi che influenzeranno la politica dei 30 e forse più anni successivi di tutti i Paesi del mondo.
L’obiettivo fondamentale era quello di mettere in campo una serie di azioni politiche ed economiche che fossero in grado di garantire la pace duratura. La creazione di un mercato comune, privo di dazi doganali, fu una delle prime tappe. Questo progetto verrà costantemente modificato e perfezionato col trascorrere degli anni. Quindi il perno fondamentale dell’Europa, fin dai suoi albori fu quello economico, aspetto che pare essere rimasto immutato nel tempo.

La creazione di una grande potenza politica, una federazione di stati indipendenti alla fine della seconda guerra mondiale sarebbe stato impossibile. Innanzi tutto l’Europa geografica era letteralmente divisa in due e le due parti erano rispettivamente sotto l’influenza dell’America o della Russia, le uniche a uscire vincitrici dal conflitto mondiale. Inoltre, tra i Paesi fondatori della Comunità c’erano degli Stati che subivano un’influenza pressante da parte degli Stati Uniti, nei confronti dei quali erano debitori a causa dell’intervento salvifico. L’America, che si impose a livello mondiale una delle due grandi potenze, non avrebbe potuto agevolare la creazione di un’altra entità così forte politicamente.

Gli anni novanta che risentono fortemente della caduta del Muro di Berlino del 1989, sono caratterizzati dalla sottoscrizione di due importanti trattati: il trattato di Maastricht sull’Unione europea (1993) e il trattato di Amsterdam (1999). Quello di Maastricht è l’atto fondativo dell’Unione Europea. Ratificato da dodici paesi delle Comunità Europee, specifica i criteri politici ed economici per poter aderire all’Unione, fondata su 3 pilastri: il primo, socio-economico, vide la nascita della Comunità Europea, che avrebbe inglobato CEE, CECA e CEEA . Il secondo e il terzo pilastro, rispettivamente difesa e politica estera e affari interni e giustizia, invece furono basati su un approccio intergovernativo. È in questo momento che l’attenzione si sposta oltre l’ambito economico concentrandosi anche su quello politico e giuridico.

Nel 2007 la struttura dei tre pilastri viene modificata attraverso la sottoscrizione del Trattato di Lisbona, che rimpiazza il vecchio ordine con una ripartizione delle singole competenze fra Unione e stati membri. Mentre la politica monetaria e i vincoli sui bilanci pubblici degli Stati membri rimangono una prerogativa delle istituzioni comunitarie, la politica estera e di difesa e la politica economica rimangono nelle mani dei singoli Paesi e mancano segnali che permettano di immaginare cambiamenti significativi nel breve periodo.

Di competenza esclusiva dell’Europa restano i settori dell’unione doganale e delle regole per il funzionamento del mercato interno, la politica commerciale comune e quella monetaria per gli Stati che hanno adottato l’Euro come moneta unica.
I governi nazionali hanno deciso di limitare il potere dell’Unione in alcuni ambiti ritenuti sensibili per la sovranità nazionale:

  • protezione e salute;
  • politica industriale;
  • cultura e turismo;
  • educazione e formazione professionale;
  • gioventù e sport;
  • protezione civile e cooperazione amministrativa.

Nel 2012 viene introdotto il Fiscal Compact, che impone l’obbligo del pareggio di bilancio agli Stati membri e, per tutti i Paesi con un debito pubblico maggiore del 60% un piano di rientro sotto questa soglia.

L’Unione Europea a 63 anni dalla sua creazione pare avere ancora molta strada da fare, sopratutto in ambito politico. Più volte i cittadini dei diversi Paesi hanno avuto l’impressione dell’inadeguatezza di questo Ente in merito alla risoluzione di problemi condivisi. Quello dell’immigrazione ne è l’esempio lampante.

L’Italia ha patito il mancato intervento quando si doveva affrontare il delicatissimo tema dell’immigrazione, non ancora risolto. Per l’ennesima volta l’Europa si è dimostrata poco valida come ente politico in questo periodo in cui, mentre tutti sono distratti dall’emergenza sanitaria ancora in atto, la Grecia sta attraversando una vera e propria crisi socio economica. E l’Europa ancora una volta ha ceduto ai ricatti di Erdogan. La sensazione diffusa è che i cittadini europei abbiano un ruolo rilevante solo come attori economici.

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