Emozionarsi ascoltando la musica non è da tutti: ecco quanto afferma la scienza

Emozionarsi ascoltando la musica non è da tutti: ecco quanto afferma la scienza

“Mi chiedevo se la musica non fosse l’esempio unico di ciò che sarebbe potuta essere- se non ci fosse stata l’invenzione del linguaggio, la formazione delle parole, l’analisi delle idee  la comunicazione delle anime.”

Ecco quanto afferma il famosissimo scrittore francese della “madeleine” (tipico dolce francese), Marcel Proust, nella sua opera più nota: “Alla ricerca del tempo perduto”, il romanzo monumentale protagonista degli inizi del Novecento.

Aveva proprio ragione Proust, del resto, che vita sarebbe senza la musica? Essa è il mezzo di comunicazione, più piacevole ed efficace, quando si tratta di voler confidare a una persona importante un sentimento, o delle semplici parole che a voce non si riescono a esprimere.

Il più delle volte, emozionarsi di fronte a una determinata canzone accade perché essa fa venire in mente un particolare momento del passato (per esempio, la nascita di un figlio o il primo appuntamento con la persona amata).

A svelare “l’arcano mistero” è una spiegazione data dalla scienza. Secondo recenti studi condotti dall’Università di Harvard, a Cambridge, ci sono soggetti che si emozionano e altri che, invece, rimangono indifferenti.

Nello specifico, coloro che rabbrividiscono presentano un maggior numero di fibre nervose tra la zona del cervello che reagisce agli stimoli uditivi, la corteccia uditiva; la zona cerebrale in cui vengono elaborati i sentimenti, la corteccia insulare anteriore e, infine, la parte che elabora le emozioni, la corteccia prefrontale.

Dunque, nei fortunati che hanno più fibre nervose, la comunicazione tra le diverse regioni del cervello avviene molto più velocemente, ecco perché ognuno reagisce agli stimoli in maniera diversa.

Immagine di repertorio