“Le cose che ci salvano” di Lorenza Gentile

“Le cose che ci salvano” di Lorenza Gentile

La lettura di narrativa leggera può suscitare un’espressione stizzosa sul volto di chi è abituato a volare alto nell’Olimpo della letteratura. Tale esperienza viene chiamata esercizio di crescita culturale che, con le dovute distanze dalle copertine sul podio delle classifiche letterarie, porta a una sola e selezionata interpretazione.

Capita il momento in cui si presenta l’ora impalpabile tra un respiro e l’altro, così leggera da condurre in assenza di gravità il laboratorio della ragione con l’ausilio di un modesto impegno intellettivo.

Le cose che ci salvano” di Lorenza Gentile è un romanzo le cui pagine accolgono la lettura con l’odore del miele. Dolce, aspro, fruttato, aromatico. Amaro. Succede anche questo al nettare offerto dalla natura operosa. La dolcezza integra viene contagiata da muffe tanto pericolose da lasciare perire l’oro prezioso nell’antico boccale dipinto a mano.

Siamo dove non saremo. Lasciamoci salvare adesso, prima che il contagio delle muffe ci sorprenda nell’ora senza appuntamento. Dopo sarà troppo tardi per quella ferita che meritava cura e premura.

Una ragazza di ventisette anni, Gea, impegna le proprie forze nella virata esistenziale un attimo prima del crollo definitivo. Gea abbandona la casa dove è nata ed è cresciuta, perché davvero angusto è lo spazio dell’anima venuta al mondo per mano della gabbia negativa messa a punto dal padre. Un uomo pieno di fobie, paure, impossibile stargli accanto senza correre il rischio di essere inghiottita nel suo limbo maniacale.

Unica figura positiva la nonna, un vestito ripieno di un mondo a colori, soprattutto dove il colore non c’è, e poi la città di Milano, pericolosa e ribelle per il padre, una grande fucina di opportunità per le nuove generazioni. Gea è finalmente nel suo nuovo mondo, inteso in senso figurato ma non solo. “Il nuovo mondo” è un negozio di antiquariato la cui proprietà un tempo apparteneva a Dorothy, una signora ormai restituita al grembo celeste insieme alla nonna di Gea.

Il nuovo mondo” è la chiave del futuro arrugginita in qualche tasca per la paura di provare a vivere lontano dai traumi instillati dalle ossessioni paterne.

“Il quartiere dove abito è tranquillo. A est e a ovest è delimitato da due Navigli, un aspetto da non sottovalutare. L’acqua ti ricorda che puoi sempre salpare. Io sto ferma e la guardo scorrere, mi regala un senso di leggerezza e di libertà, come se un giorno potessi ricominciare da capo, smontare il passato come una vecchia credenza e ricavarne una nuova”.

Due mani sono calamita di altre mille mani intrecciate tra loro per non perdersi mai. Se la sventura succede, si chiuderanno a cerchio certe di vincere tutte insieme la dura prova fallita sì, ma solo al primo turno.

Attorno a Gea cresce una corolla di presenze fattive, un cuore pulsante del bene comune bisognoso di cure. Si consolidano rapporti d’amicizia creduti blandi prima della collaborazione, poi autentico collante delle debolezze trasformate in forza. Come rimedio alla solitudine è opportuno entrare nel “qui e ora” vissuto lontano da nostalgie invalidanti sia fisicamente con la comparsa di sintomi fisici, sia psicologicamente perché attirati dal disagio mentale.

L’arte di aggiustare le cose è un modo per salvare un angolo di mondo messo a soqquadro dalle crepe fisiche e spirituali. Dare una seconda possibilità non può che portare ai massimi livelli l’autostima insabbiata sotto vecchi rancori con se stessi. Il mondo creativo di Gea guarisce dalle paure che anni di vita in simbiosi forzata con il padre le hanno reso impossibile una vita sana. Mai più vivere tempo di spreco, come le cose che adesso prova ad aggiustare nella bottega de “Il nuovo mondo”, ristrutturato ascoltando la vocazione laica delle seconde volte.

La manutenzione è affetto per il mondo. È non dare niente per scontato. È spingere la morte un po’ più in là. Non bisogna mai smettere di amare le cose, se vogliamo che sopravvivano. Il mondo si spegnerebbe se il sole smettesse di guardarlo“.

Il titolo del romanzo limita il campo d’azione della narrativa. “Le cose che ci salvano” alleggeriscono il peso dell’esistenza costretto in uno spazio non consono alle nostre emozioni. “Cose”, ma soprattutto sono “persone” le energie positive del nostro tempo in scadenza pari a delle schegge di ore abbandonate a se stesse.

Forse è questa la proiezione ottimale per trovare il proprio posto nel mondo, perso di vista a causa di negatività instillate goccia dopo goccia sul seme che ha violato il futuro del fiore.

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sara