Il siciliano non sarà “solo un dialetto”. Presentato il Ddl che ne difende la lingua e sfida l’oblio

Il siciliano non sarà “solo un dialetto”. Presentato il Ddl che ne difende la lingua e sfida l’oblio

SICILIA – Un vero e proprio sogno che diventa realtà. Il dialetto siciliano diventerà una vera e propria lingua riconosciuta dal nostro Paese: si tratta di un passo avanti per noi siciliani, verso il tanto ambito e meritato riconoscimento della Sicilia come regione bilingue.

Considerare il siciliano come un mero dialetto è riduttivo per un idioma che custodisce millenni di storia, una cultura singolare forgiata da contaminazioni greche, arabe e normanne, che ancora oggi riecheggia nei miti, nei canti popolari.

Ieri, la presentazione del Ddl su proposta del movimento Trinacria e dell’associazione Cademia Siciliana, promosso dai deputati Lombardo, Di Mauro, Carta e Balsamo del gruppo parlamentare Popolari e Autonomisti. In attuazione dell’articolo 6 della Costituzione, il progetto di legge prevede l’inserimento del siciliano tra le minoranze linguistiche, cosicché possano trovare attuazione le disposizioni di tutela riconosciute ai sensi dell’articolo 2.

Il siciliano come lingua che sfida l’oblio

Per comprendere l’importanza di questa lingua è necessario “tuffarsi” nel passato, in particolare nel medioevo. Tra i primi rudimenti di letteratura italiana emerge un movimento singolare, la Scuola Poetica Siciliana. Si tratta di una vera e propria “scuola”, sorta nei primi decenni del XIII secolo alla corte dello Stupor Mundi, ovvero l’imperatore Federico II. Questa cerchia letteraria comprendeva intellettuali, poeti e notai che contribuirono attivamente alla nascita della lirica volgare italiana.

Persino Dante Alighieri, il “Sommo Poeta“, considerò – nel suo De Vulgaris Eloquentia – la poetica siciliana come pioniera nella produzione letteraria dell’Italia medievale. Anche l’UNESCO ha riconosciuto il siciliano – così come il napoletano – come lingua madre.

Eppure, si tratta di un idioma a rischio, proprio a causa della mancanza di tutela e sostegno ufficiale da parte del nostro Paese. Ed è in tal senso che dovrà intervenire il Ddl presentato ieri da Trinacria e Cademia Siciliana. Ebbene, il siciliano è una lingua che scuote e affascina, proprio come l’Isola che l’ha generata, una terra “intensa e contraddittoria”, così come la raccontava Luigi Pirandello.

Il siciliano “non può scomparire”

“Oggi si compie un passo importante per la nostra lingua, per chiedere che il siciliano venga riconosciuto nella sua dignità e valore”, ha commentato con soddisfazione Anthony Graziano, portavoce di Trinacria.

“La nostra lingua è un patrimonio che non possiamo permettere di vedere scomparire. Chiediamo a gran voce che venga inserita nel quadro giuridico come lingua ufficiale accanto all’italiano, per garantirne la sopravvivenza e la trasmissione alle future generazioni. La lingua siciliana è l’essenza della nostra cultura, della nostra storia, della nostra identità”.

Verso la rapida approvazione del Ddl

Non si tratta solo di un traguardo: Paul Joseph Rauch, co-fondatore di Cademia Siciliana, ha commentato che si tratta solo dell’inizio “di un percorso intergenerazionale per garantire che le future generazioni di Siciliani abbiano la stessa opportunità che abbiamo avuto noi di diventare bilingui, fornendo loro gli strumenti e l’esposizione necessari per far nascere una nuova generazione di parlanti nativi di siciliano”.

E ancora: “Nonostante la nostra ampia autonomia ci consenta di attuare molte di queste proposte a livello regionale, auspichiamo una rapida approvazione a Roma, così da poterci unire ai nostri partner in Sardegna e nel Friuli-Venezia Giulia e intraprendere finalmente quel cammino che loro hanno aperto nel 1999″.