MONDO – “Il ricordo è l’unico paradiso da cui non possiamo essere cacciati“. Lo ha affermato lo scrittore tedesco Jean Paul in una delle sue più famose citazioni. Eppure, riflettendoci, quello enunciato da Paul non è davvero un privilegio di cui tutti possono godere: esistono persone che purtroppo vengono cacciate dal “paradiso” di cui parla lo scrittore tedesco. E non si tratta nemmeno di eventi troppo rari.
È il caso dei malati di Alzheimer, una diffusa malattia degenerativa che rappresenta la più comune forma di demenza. La patologia comporta un progressivo decadimento delle funzioni cognitive, partendo proprio da una delle più preziose: la memoria.
Giornata mondiale dell’Alzheimer
Si celebra oggi, giovedì 21 settembre, la Giornata mondiale dell’Alzheimer. L’obiettivo è accendere i riflettori sulle difficoltà e sulle possibili soluzioni della malattia, non dimenticando di mostrare solidarietà a chi ne è affetto e ai suoi familiari.
È stata istituita nel 1994 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’Alzheimer’s disease international (Adi) per favorire il processo di sensibilizzazione in merito alla diffusione della patologia.
Quando tenersi stretti i ricordi non basta
È risaputo che coloro a cui viene diagnosticata la malattia vengono gradualmente privati dei ricordi accumulati nel tempo. Sorge spontaneo quindi chiedersi come sia possibile accettare una patologia che, pur consentendo al paziente di andare avanti per diversi anni, non fa altro che riportarlo indietro, sottraendogli ricordi ed esperienze che hanno contribuito a costituire la persona che è oggi.
Si tratta in fondo di una sorta di privazione della propria identità, considerando che la memoria costituisce un pilastro portante della vita di ciascun essere umano. D’altronde sono proprio gli attimi che ricordiamo a dare valore agli anni trascorsi: i ricordi rappresentano l’unico elemento che ancora ci lega a ciò che è stato.
Perdere pezzi di sé
Quello dei malati di Alzheimer è generalmente un percorso difficile e tortuoso, che vede il paziente perdere ogni giorno un tassello dopo l’altro, “smantellando” dunque quello che rappresenta il “puzzle” della propria vita. Finché manca solo qualche pezzo, si può ancora riconoscere ciò che è raffigurato, ma quando i tasselli mancanti sono più di quelli che possediamo la situazione si complica. E a questo punto fare i conti con la realtà è un obbligo a cui non ci si può più sottrarre. Non possono più farlo né coloro che sono affetti dalla malattia, né familiari e amici che assistono, in disparte, alla progressiva perdita di memoria dei loro cari, distrutti dalla consapevolezza che un giorno le persone a cui hanno voluto più bene potrebbero restare indifferenti dinnanzi al loro volto.
La malattia raccontata nella musica
“Io ti terrò la mano e tu tienimi l’anima. E pure se non sai chi sono, non lasciarla mai“, cantano così i Pinguini Tattici Nucleari in “Ricordi“, uno dei loro brani di maggiore successo. Riccardo Zanotti, frontman del gruppo, ha condiviso in passato il significato della canzone che, oltre a essere il racconto di una storia d’amore, descrive anche una profonda sofferenza.
Il dolore che si percepisce nel testo è dettato dal fatto che il brano affronta proprio il tema dell’Alzheimer. “Nella canzone – spiega Zanotti – una coppia si trova a ripercorrere i propri istanti migliori, insieme ai più difficili e ai più divertenti“. Riferendosi ai due innamorati, aggiunge: “Versano in una situazione di grande sconforto: a causa di una malattia neuro degenerativa lei sta progressivamente perdendo pezzi di sé“.