Politica 2022 in pillole, da Meloni presidente al conflitto russo-ucraino dai mille motivi

Politica 2022 in pillole, da Meloni presidente al conflitto russo-ucraino dai mille motivi

ITALIA – Come ogni anno le vicende legate al mondo della politica italiana rappresentano un numero troppo elevato per non contenere vicende cruciali che accompagneranno il futuro della nazione tricolore.

MELONI E MATTARELLA: PATTI CHIARI E AMICIZIA LUNGA

Il 13 ottobre si apre la 19esima legislatura. Ignazio La Russa eletto presidente del Senato, nonostante Forza Italia non partecipi al voto. A presiedere la prima seduta dell’Assemblea di Palazzo Madama, come componente più anziana, la senatrice a vita, Liliana Segre.

Tra i tanti, spiccano senza alcun dubbio la riconferma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, rieletto per la seconda volta capo dello Stato e la prima volta assoluta di un presidente del Consiglio donna, Giorgia Meloni, uscita vittoriosa dalle elezioni politiche del 25 settembre.

Un anno pieno di vicissitudini che saranno presenti nei libri di storia degli anni avvenire: quello dell’emergenza Covid, la guerra e quello della conseguente speculazione sui prezzi dell’energia.

ZELENSKY E IL RAPTUS VIOLENTO DI VLADIMIR PUTIN: RUSSIA CONTRO UCRAINA… DI MEZZO LA NATO

Il già precario equilibrio si scopre ancor più fragile con l’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina. Di colpo, Vladimir Putin ruba le copertine dei giornali di tutto il mondo che fino a pochi giorni prima non avevano occhi che per il Sars-cov-2.

L’invasione russa dell’Ucraina è iniziata nella notte fra il 23 e il 24 febbraio, quando il presidente russo Vladimir Putin ha dato l’ordine di attacco, spiegando di aver autorizzato un’operazione speciale in Ucraina per smilitarizzare il Paese e proteggere il Donbass.

La crisi a cui si è arrivati oggi trova un passaggio importante nel 2014 quando, dopo le proteste, venne cacciato il presidente filorusso Viktor Yanukovych.

Al suo posto fu eletto Petro Poroshenko, molto più vicino all’Occidente e non apprezzato da Mosca. Sempre nel 2014, Putin ha risposto annettendo la Crimea e incoraggiando la rivolta dei separatisti filorussi nel Donbass.

Dopo il fallimento delle trattative diplomatiche nel 2014, nel 2015 Russia e Ucraina siglano in Bielorussia gli Accordi di Minsk II, mai attuati del tutto.

Il trattato prevedeva il cessate il fuoco e il ritiro delle armi pesanti da entrambe le parti, un dialogo su una maggiore autonomia delle repubbliche nel Donbass, grazia e amnistia per i prigionieri di guerra, lo scambio degli ostaggi militari. Da allora le tensioni sono rimaste sempre presenti, senza però esplodere. Fino ad arrivare al sanguinoso 2022.

Va poi considerato che la Nato, nella vicenda tra Ucraina e Russia, assume un ruolo fondamentale perché il Paese di Zelensky ha più volte ribadito le sue aspirazioni di aderire all’Alleanza.

Un’opzione, questa, sempre respinta da Mosca che ha lanciato diversi ultimatum per far sì che Kiev rinunciasse a far parte dell’Alleanza atlantica. In ogni caso la Nato non può accettare nuovi membri già coinvolti in conflitti e, per essere ammessa, l’Ucraina dovrebbe rispettare una serie di standard.

LA CADUTA CON STILE DI MARIO DRAGHI 

Con altrettanta rapidità in Italia cade il governo, che guidato da una figura di grande spessore internazionale come Mario Draghi finisce risucchiato dal lento avvicinarsi di una campagna elettorale infuocata fino all’elezione schiacciante di Giorgia Meloni.

Quasi per uno scherzo del destino, a dare il colpo di grazia al Mario presente sulle banconote europee ci ha pensato Giuseppe Conte. Da vittima a carnefice.

Il pretesto lo fornisce il termovalorizzatore annunciato dal nuovo sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. L’estate del Paese, già sempre più calda a causa dell’impennata delle temperature, si proietta alla velocità della luce in un clima rovente.

SICILIA: LE VICENDE POLITICHE SCOTTANTI DEL 2022

Sta per concludersi questo 2022 che ha portato a nuove elezioni regionali e nazionali, nuovi equilibri politici anche se continuano a persistere problemi diventati irrisolti per la Regione Siciliana.

Il presidente Renato Schifani, il 25 settembre, ha vinto le elezioni con una coalizione di centrodestra che lo porta facilmente alla vittoria, l’unico competitor in campo che avrebbe potuto nuocergli era Cateno De Luca, il Partito Democratico aveva schierato in campo Caterina Chinnici e il M5S Nuccio Di Paola. Gli altri due candidati sono stati solo un orpello alla competizione elettorale, Gaetano Armao con il 2% e Eliana Esposito con lo 0,52%.

Il nuovo governo imbarca alcuni vecchi assessori, da Mimmo Turano, nel frattempo diventato Lega, che viene rispolverato alla Formazione e Marco Falcone non più alle Infrastrutture ma all’Economia.

Non esce di scena nemmeno Ruggero Razza, già assessore alla Salute, ma entra dalla finestra con un assessorato a sua moglie, Elena Pagana.

Occhi puntanti sul famoso Ponte sullo Stretto, la dichiarazione di Matteo Salvini che ha affermato che la posa della prima pietra avverrà entro 2 anni acquisisce sempre meno credibilità come un mistero privo di soluzione a breve termine.

Nel frattempo, Nello Musumeci riceve in dote da Giorgia Meloni il Ministero del Mare con delega alla Protezione Civile.

La Sicilia era già stata protagonista a giugno per le comunali e si preparava a dare l’addio ad uno dei suoi attori principali, Leoluca Orlando. Grande protagonista della scena politica palermitana, l’ex sindaco si è seduto per cinque mandati sullo scranno più alto di palazzo delle Aquile.

Chi il 13 giugno ne ha preso l’eredità, l’ex rettore dell’università di Palermo ed ex assessore regionale all’Istruzione e Formazione professionale, Roberto Lagalla, ha dato il via alla prima delle tre vittorie del centrodestra.

Lagalla ha dovuto prendere in mano un’eredità pesantissima, fatta di conti da rimettere al proprio posto, 1300 bare a cui dare degna sepoltura e pace e un problema rifiuti forse mai giunto a queste vette preoccupanti. E mentre Palermo si rimbocca le maniche, il centrodestra si compatta dopo varie scaramucce dietro il nome di Renato Schifani.

Hanno pesato, nella scelta, non soltanto i suoi circa 14mila voti, ma anche la sua prima legislatura (la XVII dal 2017 al 2022, dunque quella appena finita) quasi interamente trascorsa da deputato segretario dunque nell’ufficio di presidenza. È Gaetano Galvagno, deputato di Fratelli d’Italia, 37 anni, il nuovo presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana. Si tratta del suo secondo mandato Parlamentare nonostante la giovane età diventando il più giovane presidente della sua storia.

Foto di repertorio