Cemento e asfalto sul barocco catanese: tra bufale e smentite la parola agli architetti

Cemento e asfalto sul barocco catanese: tra bufale e smentite la parola agli architetti

CATANIA –  Da giorni sulle pagine Facebook impazza la notizia dell’asfalto sul sagrato della cattedrale di Catania.

Tra accuse, indignazioni, smentite “c’era già da prima”, resta una sola realtà obiettiva: è brutto.

Una colata d’asfalto, nero come la pece, che stride contro la bellezza della facciata della cattedrale e il dolce lastricato della piazza antistante. Brutto, decisamente, brutto.

Ma c’era già da anni! La Curia si difende: “Era meglio che qualcuno si rompesse il collo? Abbiamo solo ripristinato il manto d’asfalto precedente!

Esistono però alcuni argomenti da precisare: perché non è stata  consultata la Soprintendenza, come richiesto da legge? Perché si è deciso d’intervenire in stato d’emergenza e non con un’adeguata programmazione?

Oggi anche l’Ordine degli Architetti interviene prendendo decise posizioni.

Il problema è la questione socio-culturale alla base dell’accaduto” afferma in una nota il presidente dell’Ordine, l’arch. Giuseppe Scannella. “La polemica che si sta sviluppando sugli insulsi lavori di ripavimentazione del sagrato della cattedrale della città – un bel manto d’asfalto accanto ad una pavimentazione marmorea ottocentesca posta alla base di un capolavoro storico-architettonico – dà lo spunto per riflettere sull’uso e sulle modalità di cura e tutela dei beni storici (anche dell’intero costruito) nella nostra città”.

Quando storici, tali beni sono affidati alla Soprintendenza – continua – che a volte viene sorpassata dalla fantasia di qualche fervido esecutore. La questione quindi, oltre che ad avere aspetti legali e burocratici (mancanza del prescritto Nulla Osta) riguarda la diffusa mentalità pressapochista, priva di qualsiasi sensibilità e senso del decoro, con la quale la società nel suo complesso affronta la manutenzione, qualificazione, trasformazione dello scenario urbano“.

Decenni di deregolamentazione in tema di competenze professionali, di mercato dei servizi e degli appalti, hanno instillato l’idea che tutti possano far tutto, e siano competenti in ogni disciplina. Non vi è alcuna necessità, se non per qualche obbligo di legge (considerato più formale che sostanziale) di rivolgersi a professionisti di provata e certificata competenza e capacità. Ecco che chiunque si sente in diritto di decidere autonomamente come intervenire di fronte a una banale questione (la sicurezza dei visitatori) e lo fa con i mezzi culturali e specialistici di cui dispone: insufficienti” sottolinea il presidente Scannella.

Non deve stupire il caso Catania, se non per la rilevanza indiscutibile del luogo e del contesto perché, per la verità, ciò avviene tutti i giorni, dal proprietario di un immobile che dispone l’esecuzione di opere senza l’assistenza di un progettista qualificato, all’impresario che “sa lui come fare”. Non solo dalle nostre parti“.

E conclude: “È il risultato di una visione solo mercantilistica della professione. È una preoccupante mancanza d’interesse per il bene comune, verso il valore dell’ambiente e del costruito, cui solo una risposta forte, culturalmente elevata e radicale, potrà forse dare soluzione. Forse val la pena di immaginare la figura dell’architetto “condotto”, dell’architetto indipendente-pubblico ufficiale, che abbia la responsabilità della tutela di beni che, per il loro valore, sono patrimonio di tutti, non solo del proprietario catastalmente individuato. Nel frattempo chi ha responsabilità di questa scempiaggine passata e presente, abbia la compiacenza di dare un segno di umiltà, e non immaginiamo salvifiche soluzioni perché, per risolvere il problema basta poco: solo un pizzico di buon senso“.