CATANIA – Sempre meno tempo per se stessi e per i figli. Le giornate dovrebbero durare almeno 48 ore: lavoro flessibile, faccende domestiche, cura della prole, cura di bellezza e salute, cura del rapporto con il partner e con gli amici, tempo per coltivare hobby e passioni. Siamo sempre alla ricerca di strumenti che possano permetterci di svolgere più attività contemporaneamente: robot casalinghi, tablet che animino i bambini al posto nostro, etc.
Ma è possibile occuparsi in maniera costruttiva dei figli e, insieme, di tutto il resto?
Negli ultimi anni, in Italia, si sta diffondendo sempre di più la pratica del portare i bambini con l’ausilio di un supporto che mantenga il bambino a stretto contatto con l’adulto. Avvertita come una “novità” nel campo della puericultura, nonché della pedagogia, in verità affonda le sue radici in tempi molto antichi, in Africa, dove rimane quasi l’unica modalità per il trasporto dei piccoli.
Il babywearing ha tre vantaggi: la possibilità per il bambino di avere un continuum con la gravidanza, e quindi di acquisire gradualmente competenze cognitivo-relazionali, nel rispetto delle tappe del suo sviluppo; la possibilità pratica, da parte di chi accudisce la prole, di muoversi senza dover portare passeggini e altri pesi, di svolgere le normali attività della vita quotidiana; l’opportunità per il bambino di allargare il proprio cerchio d’interazione sociale. Se, solitamente, i neonati pretendono di stare solo ed esclusivamente con la madre, così è possibile coinvolgere anche la figura paterna e altri familiari.
Fasce ad anelli, zaini porta bèbè, tonga, mei thai, ecco gli strumenti che stanno conquistando i siciliani. Non solo famiglie in viaggio, ma veri e propri gruppi di mamme che “portano” quotidianamente e che organizzano anche delle attività ludico-formative per la famiglia. Il web si riempie di video che mostrano i diversissimi modi in cui si possono utilizzare questi preziosi aiuti. Anche la Sicilia, dopo Milano e Roma, si attrezza di vere e proprie esperte del settore.
L’insegnante siciliana del portare, docente de “L’école à porter”, Grazia De Fiore, nonché consulente IBCLC (Consulente Professionale in Allattamento Materno), attiva da molti anni nella nostra Regione, autrice anche di diversi libri al riguardo, sottolinea come ogni bambino e ogni famiglia debba, innanzitutto, trovare il proprio equilibrio.
“Alcuni bambini, più di altri, chiedono di stare spesso in braccio: un bisogno naturale che può, però, far sentire sopraffatto chi se ne occupa. La pratica del portare aiuta i bambini a trovare un adattamento alla vita esterna all’utero, ma, contestualmente, permette alla madre di ascoltare il proprio figlio senza perdere la propria autonomia. La scelta si rivela molto utile anche quando i figli sono più di uno”, afferma l’esperta.
A proposito dello sviluppo cognitivo-relazionale dei neonati, trattato in psicologia, seppur con diverse accezioni, da Freud, Piaget, Vygotskij, Erikson, l’insegnante precisa che “tale sviluppo evolve anche se il bambino viene tenuto in braccio, mantenendo un contatto fisico con il genitore. Tuttavia, i bambini ‘portati’ sono molto attivi e partecipi del quotidiano dei familiari: vivendo ‘all’altezza dell’adulto’ ne apprendono ogni gesto”.
A volte, i nonni di oggi, abituati al passeggino e ad altre pratiche “moderne” come il babyfood, credono che il contatto fisico prolungato vada a discapito dell’autonomia della prole. Ma, come tiene a precisare la De Fiore, “l’autonomia viene incentivata se mamma e papà sono in ascolto del loro bambino”.
In merito alle diverse tipologie di supporto, la docente spiega come ognuna risponda a differenti esigenze: “Esistono fasce (di stoffe di vario tipo e con metrature differenti) più semplici e supporti un po’ più strutturati, come fasce ad anelli, meitai, zaini, supporti adatti a pratiche sportive. La scelta si effettua in base all’uso che se ne vuole fare, alla vestibilità di ognuno e all’adattabilità di chi l’indossa”.
Come per ogni pratica gettonata, però, si corre il rischio di cedere alle tentazioni del marketing: “C’è una corrente più modaiola che specula intorno ad alcuni supporti. Inoltre, accade che le mamme comprino lo stesso modello in colori differenti, per il puro piacere di avere l’ultimo disegno particolare”.
Riguardo l’ergonomia di questi utili strumenti, Grazia De Fiore sostiene che “alcuni siano adatti fino a 4-5 mesi d’età, altri, invece, siano utilizzabili solo a partire da 6 mesi. È il supporto giusto se, indossandolo, si percepisce lo stesso benessere di quando il bambino viene tenuto con le sole braccia… con la differenza che, così, le braccia sono completamente libere. Il termine ‘ergonomico’ indica, in realtà, che il supporto sia stato studiato per assicurare posizione confortevole ad adulto e neonato”.
Nessun limite imposto e nessun rischio, inoltre, per la durata: “Si può portare un bambino finché ne sentiamo l’esigenza, cercando sempre di adattarci alle sue richieste, ai suoi bisogni fisici ed emotivi“, continua la De Fiore. Una difesa delle esigenze dei neonati, percepite troppo spesso come un semplice “capriccio” e non come una reale, nonché sana, possibilità di crescita.