PALERMO – Come vi abbiamo già raccontato, Anis Amri, l’attentatore di Berlino, si è subito fatto conoscere dalle autorità per i suoi efferati gesti di delinquenza in Italia, in particolare in Sicilia. Vediamo ora più nel dettaglio il percorso che ha portato Amri a Berlino fino al tragico epilogo dell’attentato.
Amri è nato a Tataouine, in Tunisia, il 22 dicembre del 1992, per poi trasferirsi nel 2011 a Lampedusa a bordo di un barcone insieme a moltissimi altri profughi che fuggivano dalla primavera araba.
A Lampedusa, il tunisino si dichiara minorenne, ma in realtà ha già 19 anni, e alcuni mesi dopo il suo arrivo viene trasferito a Belpasso. Qui, sono ancora sconosciuti i motivi di questo gesto, dà fuoco ai materassi del centro di accoglienza per migranti non accompagnati, con l’aiuto di altri quattro tunisini.
Successivamente Amri, non contento, viene arrestato per una brutale aggressione nei confronti del custode del centro. Prima trattenuto al Bicocca di Catania, poi trasferito all‘Ucciardone di Palermo, Amri sconta in totale quattro anni di carcere, uscendo qualche mese prima della scadenza della condanna.
Nel frattempo il tribunale di Palermo aveva richiesto per lui i documenti di espulsione e Amri viene subito trasferito a Caltanissetta, ma le autorità tunisine impediscono il rimpatrio per mancanza di documenti.
Amri viene poi trattenuto anche nel carcere Petrusa di Agrigento, dove entra in contatto con alcuni detenuti cristiani con cui si registrano i primi attriti. Uno di loro lo descrive come un radicalista terrorista che voleva convertirlo all’Islam minacciando di tagliargli la testa.
Da quel momento Amri viene controllato come soggetto potenzialmente pericoloso.
Una volta scarcerato, il terrorista inizia la sua fuga verso l’Europa, cambiando in continuazione identità e dichiarandosi più volte o egiziano o libanese. Prima a Friburgo, poi nei centri di Emmerich, in Renania settentrionale, Vestfalia, poi a Berlino, dove viene coinvolto in affari di droga, poi a Ravensburg, dove passa due giorni in carcere per mancanza di documenti, e infine di nuovo a Berlino, fino alla tragedia che tutti purtroppo conosciamo.
La corsa di Anis Amri termina a Sesto San Giovanni, dove finalmente viene fermato dalle forze dell’ordine italiane dopo un conflitto a fuoco.