La storia di Viviana e del piccolo Gioele: mai sottovalutare i segnali della sofferenza psicologica

La storia di Viviana e del piccolo Gioele: mai sottovalutare i segnali della sofferenza psicologica

L’estate 2020, già profondamente segnata dai recenti eventi legati all’emergenza sanitaria che abbiamo dovuto affrontare e che continua tuttora, è stata contraddistinta da una triste storia di cronaca nera che ha riempito le prime pagine dei giornali e gli spazi di approfondimento giornalistici in televisione, spesso prestando il fianco a morbose curiosità e alla spettacolarizzazione del dolore dei protagonisti.

Si tratta di una vicenda tristemente nota come il “giallo di Caronia” e il fatto che tutto sia avvenuto nella nostra Sicilia ci ha forse spinto a seguire con ancora più apprensione l’evolversi degli eventi e a condividere la sofferenza dei protagonisti di questa terribile storia.

Una normale mattina di agosto, Viviana Parisi esce di casa con il figlio di 4 anni, Gioele, dicendo al marito che andrà a comprare un paio di scarpe per il piccolo nel vicino centro commerciale. A quel centro commerciale, Viviana non arriverà mai ma imbocca l’autostrada Messina-Palermo fino all’incidente che vedrà coinvolta la sua auto insieme a un furgone della manutenzione stradale nella galleria di Pizzo Turda e che metterà fine al suo viaggio verso una destinazione solo a lei nota. Da quel momento, di Viviana e del piccolo Gioele si perdono le tracce: i testimoni presenti sul luogo riferiranno di averla vista allontanarsi nella boscaglia con il figlio in braccio senza però fornire ulteriori dettagli. Le ricerche scattano immediatamente ma avranno un triste epilogo: il corpo di Viviana verrà ritrovato ai piedi di un traliccio qualche giorno dopo la scomparsa mentre i resti del cadavere del piccolo Gioele sono stati rinvenuti la scorsa settimana a non poca distanza dal luogo di ritrovamento del corpo della madre.

Cosa è successo quel giorno e perché Viviana e Gioele siano morti lo stabiliranno le indagini della Procura e gli accertamenti medico-legali. Sostituirsi agli inquirenti e trasformarsi in novelli detective su una vicenda tragica come questa non è sicuramente il modo migliore per partecipare al dolore di una famiglia così duramente colpita e per rispettare la memoria delle vittime.

Questa storia tuttavia può offrirci alcuni importanti spunti di riflessione.

Le indagini hanno rivelato che Viviana negli ultimi tempi non stava bene dal punto di vista psicologico e che il suo stato psichico era stato forse ulteriormente compromesso dai giorni difficili del lockdown. La diagnosi psichiatrica che era stata formulata in occasione di un suo ricovero in ospedale parla di “paranoia” e di “un crollo mentale con crisi mistiche”. Si tratta di un quadro clinico estremamente serio che avrebbe richiesto un’opportuna terapia e un’attenzione costante verso Viviana e verso il suo profondo stato di sofferenza psichica.

L’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto è stato un evento inatteso e sconvolgente che ha messo a dura prova le nostre capacità di reazione e che, soprattutto nelle persone più fragili, ha rappresentato un vero e proprio trauma dal punto di vista psicologico. È verosimile, dunque, che Viviana vivesse già dentro di sé uno stato di disagio psichico che si è poi progressivamente acuito e aggravato. La sofferenza psicologica è spesso difficile da riconoscere, anche per le persone che più ci sono vicine. Non è infatti semplice da accettare che il proprio coniuge, il proprio genitore o il proprio figlio si ritrovino a combattere contro un nemico subdolo che li rende diversi, imprevedibili, quasi irriconoscibili, e di fronte al quale spesso ci sentiamo impotenti. In questi casi, rivolgersi a un professionista della salute mentale non è un segno di debolezza. Il timore di essere etichettati come pazzi o malati, infatti, spesso impedisce a chi soffre dal punto di vista psicologico di chiedere aiuto e iniziare un adeguato percorso terapeutico. Chiedere aiuto in questi casi è, invece, segno di coraggio ed è compito di ciascuno di noi supportare chi vive un periodo di sofferenza e di disagio nella decisione di lasciarsi aiutare.

Quello che la triste vicenda di Viviana e Gioele può insegnarci, al di là della ricostruzione dei fatti che ovviamente non ci compete, è di non trascurare mai neanche i più piccoli segnali di cambiamento che riscontriamo nelle persone a noi vicine e che possono rappresentare dei campanelli di allarme.

Ciò che forse è mancato in questa storia è, infatti, la capacità di vedere quello che stava realmente succedendo. Vedere non è guardare perché implica il riflettere su ciò che si osserva e il rendersi conto di ciò che si nasconde dietro le apparenze. Molti in questa vicenda hanno guardato, in primo luogo coloro che hanno seguito con attenzione morbosa l’evolversi del caso di Viviana e Gioele sui giornali o in televisione. Ma quanti hanno realmente visto la sofferenza di una donna e di una madre che è morta tragicamente insieme al suo bambino in una calda mattina di agosto?