SICILIA – Dopo una lunga attesa, l’1 settembre avrebbe dovuto rappresentare un nuovo entusiasmante inizio anche in Sicilia per tutti gli amanti della caccia: una stagione venatoria che, tuttavia, sul sorgere ha già deluso i cacciatori che si sono ritrovati di fronte a un colpo di scena a ridosso della partenza.
Il Tar sospende l’apertura della caccia
Poche ore prima del tanto atteso inizio di stagione è stata resa nota la volontà del Tar circa la sospensione della caccia.
A tal proposito: “Il Presidente del Tribunale Amministrativo regionale della Sicilia-Catania, con decreto di ieri n. 499/21 (ric. n. 1366/2021), ha sospeso il Calendario venatorio della Regione Siciliana (emanato con decreti dell’Assessore all’agricoltura n. 37/GAB del 26 luglio 2021 e n. 45/GAB del 24 agosto 2021). Ne consegue che la caccia è immediatamente sospesa su tutto il territorio regionale almeno fino al 1° ottobre, data indicata da ISPRA (Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale) nel suo parere rilasciato alla Regione ma da questa non accolto”.
Scelta che il Tar ha motivato così: “Anche in considerazione della rappresentata particolare situazione emergenziale nel territorio siciliano occasionata da diffusi incendi sviluppatisi nel periodo estivo e degli intuibili effetti sull’ambiente e sulla fauna stanziale, appare prevalente l’interesse pubblico generale alla limitazione dell’apertura della stagione venatoria, così come proposta, motivatamente, nel parere prot. n. 33198 del 22.6.2021 dell’ISPRA”.
Il tutto è stato reso noto dalle Associazioni ambientaliste ed animaliste WWF Italia, Legambiente Sicilia, Lipu BirdLife Italia, LNDC Animal Protection ed Enpa che, difese dagli avvocati Antonella Bonanno e Nicola Giudice, avevano impugnato il Calendario regionale denunciandone la gravi illegittimità ed il palese contrasto con il parere di ISPRA.
In merito ai “diffusi incendi” riportati nel testo ufficiale, non va dimenticato in effetti che l’isola è stata in parte messa in ginocchio da vasti roghi durante l’estate. Tanto da spingere la Regione Sicilia, lo scorso agosto, a dichiarare lo stato di crisi e di emergenza per quanto concerne gli incendi. Questi ultimi hanno coinvolto flora e fauna, non solo il verde ma anche gli animali non ce l’hanno fatta.
Adesso, in seguito agli ultimi risvolti, ci si ritrova di fronte al “compiacimento“ e alla “soddisfazione” espressi dalle Associazioni nei confronti della decisione del Tar. Dall’altro lato, invece, ci sono i cacciatori.
Molti di questi ultimi, stando alle segnalazioni giunte anche dal web, all’alba della decisione del Tar avrebbero scelto di inaugurare ugualmente la stagione venatoria andando in campagna. A tal proposito c’è chi ha esclamato ieri: “A che servono le ordinanze del Tribunale se non vengono rispettate? Stanno sparando!”. Ma c’è stato anche chi avrebbe affermato che i siciliani sarebbero andati a caccia l‘1 settembre per godersi – anche solo per poche ore – la caccia prima della pubblicazione del documento ufficiale aggiornato.
Dunque, come stanno realmente le cose? Ma, soprattutto, cosa ne pensano i cacciatori di questa decisione? Lo abbiamo chiesto a Domenico Pappalardo, presidente del Comitato Sicilia Nostra. Quest’ultimo, nato due anni fa, si occupa della difesa della cultura rurale, delle tradizioni e dell’ambiente siciliano.
Le associazioni si sono dette soddisfatte e compiaciute in seguito alla notizia della sospensione, il vostro pensiero in qualità di cacciatori qual è?
Il presidente di Sicilia Nostra dichiara: “Il nostro pensiero è che non siamo tutelati a livello di giustizia amministrativa perché questo ricorso andava presentato a Palermo essendo un calendario che riguarda la regolamentazione dell’attività venatoria in tutta la Sicilia, invece lo hanno presentato a Catania. Perché a Catania e non a Palermo? Sono riusciti ad avere la sospensiva, ciò significa che il calendario emanato dall’assessore Scilla deve essere modificato in alcune sue parti. Si vede per esempio la caccia alla tortora che scompare, come le mezze giornate che aveva stabilito il Ministero dell’Ambiente. Quest’ultimo aveva suggerito alle Regioni di non aprire perché la specie della tortora è in declino dicono loro, per noi non è così e lo dimostriamo con gli abbattimenti che segniamo sul tesserino venatorio che ci lascia il Comune di appartenenza. C’è questo battibecco tra cacciatori e ambientalisti, l’unica cosa che sanno fare è rompere le uova nel paniere: si va a bloccare la caccia l’ultima sera quando tutti i cacciatori hanno già versato i soldi, ritirato il tesserino e sono pronti per andare a passare una giornata in campagna”.
Il prossimo 7 ottobre la sentenza
Come rivela Pappalardo, il quale non si dice nuovo a situazioni del genere, il prossimo 7 ottobre sarà una data decisiva poiché si discuterà della sospensiva del Tar emersa nelle scorse ore: “Dobbiamo dire che subito l’Assessore si è attivato per porre rimedio a ciò, togliendo le specie su cui l’ordinanza del Tar catanese dice di dover discutere il prossimo 7 ottobre in una sentenza che ci sarà in merito al ricorso. Vedremo. Ma si tratta di una situazione di ogni anno. È la legge che non va, perché se essa dà spazio a queste impugnazioni annuali significa che non è chiara”.
In molti hanno lamentato la presenza dei cacciatori nelle campagne nonostante la decisione del Tar di sospendere l’attività, qual è la vostra posizione?
A ciò Pappalardo replica: “Io ho ritirato un tesserino venatorio dietro pagamento di tassa regionale e provinciale, in più una tassa governativa allo Stato per il trasporto dell’arma. Dunque, io pago tutto, ritiro il tesserino e il pomeriggio prima dell’apertura ci organizziamo già per raggiungere il luogo dove passeremo la notte prima dell’inizio della caccia come da tradizione. La sospensiva è stata pubblicata alle 8 di sera, i telefonini non prendono, le notizie non si danno via giornale o via WhatsApp ma si deve pubblicare tutto sulla Gazzetta Ufficiale, va notificata l’ordinanza all’Assessore a Palermo che, a sua volta, deve recepire l’ordinanza ed emettere un Decreto in ottemperanza a ciò che sta dicendo il Tar. Tutto questo non può accadere nell’arco di una notte, molte persone si sono ritrovate senza sapere della sospensiva. Non si è sicuri di svolgere un’attività per cui siamo stati autorizzati e sono state pagate delle tasse. Quindi inutile strumentalizzare dicendo ‘vanno lo stesso a caccia’, sì io oggi sono stato a caccia e ho saputo della sospensione durante la giornata perché ho acceso WhatsApp. Chi non ha la connessione come fa a saperlo?”
Cosa avete fatto dopo aver saputo della sospensiva?
“Noi abbiamo chiesto a chi era in campagna e aveva una linea telefonica se fosse riuscito a comunicare con gli avvocati o con le associazioni venatorie. Il 31 agosto alle 20 quando è uscita la sospensiva la gente era già coricata in campagna ad arrostire la carne, noi eravamo fuori come tanti e tanti siciliani perché questo vuole la tradizione. Molti durante la mattinata appena hanno saputo dell’accaduto sono poi tornati a casa, anche se alle ore 12 l’Assessore non sapeva ancora nulla dell’ordinanza. Allo stesso è arrivata nel pomeriggio e subito ha emesso il nuovo calendario. Nell’arco di 24 ore è successo tutto questo, nonostante il calendario fosse già con molte restrizioni e avesse recepito pienamente la direttiva del Ministero su come impostare i calendari. Una lotta infinita tra noi e loro, forse entrambi amiamo l’ambiente ma lo amiamo in maniera differente”.
Ritornando alla tematica incendi, sopra citata, esordisce così Pappalardo: “Se c’è un ambiente sano possiamo andare a caccia, se c’è un ambiente bruciato noi possiamo stare a casa. Per esempio a Ponte Barca oppure all’Oasi del Simeto quest’anno è andato tutto a fuoco, in queste zone la caccia è preclusa, ciononostante arrivino finanziamenti dallo Stato e dall’Europa per gestire queste aree protette. Gli ambientalisti hanno fallito nella gestione e salvaguardia del territorio, questo è quello che pensiamo noi”.
Gli step precedenti: dagli incendi alla richiesta di sospensione della caccia
A tal proposito, Pappalardo precisa: “In merito agli incendi, noi abbiamo mandato una lettera di protesta correlata alla richiesta di sospensione della caccia poiché essa è stata strumentalizzata dagli ambientalisti. Quest’anno abbiamo fatto una ricerca, tramite dati che possiamo rilevare dalla Protezione Civile Regionale, dove l‘80% degli incendi ha interessato le aree protette. La caccia è chiusa: al Parco delle Madonie, Parco dei Nebrodi, Parco dell’Etna, Oasi del Simeto e varie oasi dislocate in tutto il territorio regionale“.
“Noi abbiamo risposto agli ambientalisti – che chiedevano a Musumeci la sospensione della caccia – che, se le aree sono già interdette alla caccia, questa richiesta di sospensione non ha senso. La legge sulla caccia (in Sicilia Legge n.33 del 1997) prevede che, laddove ci sia un’area interessata da incendi, in essa per 10 anni sarà vietata l‘attività. Nelle aree interessate dagli incendi sono morti tanti uccelli, conigli e lepri e, ripeto, si tratta di zone che sono state già chiuse al cacciatore. A Catania come zone danneggiate – e intercluse – attualmente ci sono l’Oasi del Simeto e Ponte Barca. Queste zone, se sono protette, vanno vigilate ma non ce n’è vigilanza o comunque c’è ma non si riesce a far fronte ai piromani“.
Caccia, il confronto con la scorsa stagione
Il presidente di Sicilia Nostra commenta: “L’anno scorso, per via del Covid, non abbiamo svolto l’attività per circa 2 mesi/2 mesi e mezzo perché, a causa delle restrizioni, non siamo potuti andare a caccia. Infatti quest’anno la Regione ci ha restituito una parte della tassa regionale: noi paghiamo una tassa governativa allo Stato per la detenzione delle armi e una regionale per l’attività venatoria, più le A.T.C. (le zone dove si può svolgere la caccia). Per esempio, Catania ne ha due di queste. Non si può andare ovunque, non c’è libertà di spostamento come molti pensano, ci sono delle leggi molto restrittive. Forse abbiamo le leggi più restrittive di tutta Europa. La caccia in Spagna, Portogallo, Grecia e Francia si apre ad agosto e si chiude a febbraio, la nostra invece si apre a settembre e si chiude a gennaio”.
Ci sono meno cacciatori rispetto al passato
Pappalardo osserva che “una riduzione c‘è stata in questi anni ma non dovuta a una pressione migratoria. Specialmente, dagli anni Novanta a oggi la popolazione dei cacciatori d’Italia è diminuita: da oltre un milione siamo arrivati a essere 600mila circa dunque dimezzata. In Sicilia eravamo più di 50mila e, stando all’ultimo censimento, adesso contiamo 24mila“.
Dunque se ci sono meno cacciatori come mai diminuisce anche la selvaggina?
Il presidente spiega: “Si tratta di un insieme di fattori tra cui: diserbanti, cambiamento climatico e cambiamento delle zone dove si migra. Il coniglio è stato decimato dalle malattie, in particolare si tratta della mixomatosi e della MEV, portando alla morte dell’animale in un paio di giorni. Oltre alle malattie, bisogna considerare anche l’aumento sproporzionato di nocivi. Per nocivi intendo le volpi, le cornacchie e le gazze ladre: si tratta di animali che vanno a prelevare i piccoli di coniglio. Una volta che vengono ammazzati i figli non c’è un ricambio generazionale. Si sono rotti gli equilibri naturali“.
“In Sicilia, inoltre, si sono diffusi sui Nebrodi e sulle Madonie i maiali neri. Il cosiddetto maiale dei Nebrodi si è andato a ibridare con il cinghiale selvatico, immesso in natura dall’uomo per studi e ricerche. Questi cinghiali sono scappati dai recinti e si sono incrociati con i suini neri, da ciò deriva un animale che si sta riproducendo in una maniera spaventosa. Infatti i boschi sono distrutti. Sono animali che mangiano tuberi, erbe e molto altro: mangiano di tutto. Sono ibridi pericolosi poiché aggrediscono l’uomo ma creano anche danni all’agricoltura. Questo fenomeno sta interessando tutta la provincia di Messina, il Palermitano e si stanno espandendo anche nell’Agrigentino. Animali che sono presenti non solo nelle aree protette, ma escono da esse. A tal proposito, ci sono persone che sono passate dalla caccia al coniglio a quella al cinghiale ‘ibrido’“.
“Inoltre, abbiamo notato ultimamente un aumento sproporzionato della martora che, prima si era quasi estinta, poi sempre grazie a questi parchi/oasi – diffusi nel territorio da un ventennio a questa parte – si sta riproducendo. Anche la martora va in conflitto con conigli e lepri. I troppi divieti e l’estremismo in merito alla tutela dell’ambiente hanno portato all’esclusione dell‘uomo da cui ne consegue la situazione riportata. Per esempio, il Parco delle Madonie ha organizzato delle squadre di persone che hanno fatto dei corsi con dei fucili particolari per abbattere sia i cinghiali di cui abbiamo parlato sia i daini. Animali che vanno abbattuti poiché pericolosi: sono morte persone, queste specie causano anche incidenti stradali“.
Pappalardo conclude: “Se si toglie l’uomo cacciatore o il predatore naturale chi abbatte questi animali pericolosi, che crescono in maniera sproporzionata inficiando sullo sviluppo di altri animali, presenti nel territorio? Aggiungo che l’uomo deve essere la punta della catena e non si può togliere l‘uomo dalla natura. Natura che oggi forse abbiamo usato fin troppo, basti pensare all’inquinamento e agli scarichi fognari. Se si vieta tutto si creano squilibri, infatti i danni li stiamo vedendo“.
A tale riguardo, la redazione di NewSicilia.it è sempre disponibile ad accogliere controrepliche.
Calendario venatorio
In seguito agli ultimi risvolti, la Regione Sicilia ha pubblicato in data 1 settembre 2021 le modifiche apportate al calendario venatorio 2021/2022: calendario-venatorio-modifica
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