Tumore da telefonino. Inail condannato a risarcire il danno

Tumore da telefonino. Inail condannato a risarcire il danno

Il Tribunale d’Ivrea, l’11 aprile, ha dato ragione ad un dipendente Telecom, Roberto Romeo 57 anni, che, a causa di uno scorretto e prolungato utilizzo del cellulare per motivi lavorativi, aveva sviluppato una patologia tumorale: riconosciuto il danno oncologico da lavoro, l’Inail dovrà corrispondere al dipendente una rendita perpetua da malattia professionale. Nessun dubbio per i giudici. La sentenza ha confermato, difatti, il legame causale tra l’insorgenza del tumore al cervello, nella specie un neurinoma, e l’uso eccessivo del telefonino, protrattosi lungo un arco temporale di 15 anni e con soluzione di continuità, almeno quattro ore al giorno. Per oltre 12 mila ore complessive, quindi, senza auricolare e sempre all’orecchio destro, l’organismo è stato bombardato da un’altissima frequenza di onde elettromagnetiche che hanno causato al lavoratore irreversibili menomazioni, essendo noto già dal 2011 l’effetto cancerogeno causato dalle stesse, sulla base delle pubblicazioni della IARC.

Proprio seguendo i criteri elencati nel preambolo delle monografie dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca Contro il Cancro, le emissioni prodotte dai telefoni mobili (cellulari e cordless) dovrebbero essere classificate nel gruppo 1 dei sicuri cancerogeni per l’uomo“. E’ quanto scrive, nella consulenza tecnica prestata in Tribunale a Ivrea, il professore Angelo Levis, ordinario di mutagenesi ambientale all’Università di Padova nonché membro della Commissione tossicologica e oncologica nazionale.

È urgente – ha dichiarato Levis – la revisione delle attuali linee guida finalizzata alla fissazione di limiti di esposizione realmente cautelativi, soprattutto per i bambini e per le donne in gravidanza. I risultati delle indagini epidemiologiche caso-controllo sui cellulari, delle analisi di Hardell e di altri autori sul tema, non lasciano dubbi circa l’esistenza di un rapporto causa-effetto tra esposizione abituale e per lungo tempo ai telefoni mobili e rischio – almeno raddoppiato e statisticamente significativo al 95% di probabilità – di tumori alla testa, tra cui i neurinomi acustici“.

Il fatto che nel 2017 i Tribunali Italiani riconoscano in primo grado la causa oncogena insita nei campi elettromagnetici generati dal cellulare è il segno del continuo avanzamento delle conoscenze scientifiche” spiegano gli avvocati del sig. Romeo. Ciò che ha spinto il dipendente a ricorrere alle vie legali non è stato tanto l’obiettivo di una indennità, come da lui stesso chiarito, quanto, piuttosto, la necessità di una sensibilizzazione ad un uso moderato dei telefonini, affinché altre persone non si ritrovino a subire il medesimo calvario: “Telefonavo continuamente, a casa, in macchina e a lavoro. Chiacchierate che duravano anche mezz’ora, in alcuni casi. È in tal modo che mi sono ammalato“.

Le rilevazioni statistiche delle compagnie telefoniche sull’utilizzo di tali apparecchi sono sconcertanti. Nel mondo, si contano oltre 5 miliardi di persone con almeno un cellulare ciascuno in mano. Solo in Italia, i possessori di un telefonino sono più di 45 milioni e, molti di loro, giovanissimi, trascorrono in media 53 ore al mese a navigare sul web e 46 ore all’interno delle applicazioni telefoniche. Gli esperti prevedono, addirittura, che entro il 2018 esisteranno più dispositivi connessi online che cellulari. “Sono troppi coloro che tendono a tenere il telefonino sempre acceso, anche durante la notte, e sempre più numerosi quelli che lo utilizzano per lavoro. Si tratta di comportamenti da evitare – sottolinea Romeo – ed è giusto che le logiche datoriali tengano conto dei gravissimi rischi a cui i lavoratori possono andare incontro“.

Avv. Elena Cassella del Foro di Catania