Per gli Ermellini la “casa d’abitazione”deve essere assicurata all’ex moglie

Per gli Ermellini la “casa d’abitazione”deve essere assicurata all’ex moglie

ROMA – Ancora una volta la Corte di Cassazione è intervenuta in tema di reati contro la famiglia, e di reati tra coniugi, inasprendo la punizione della condotta del coniuge che, senza giusta causa, si sottragga agli obblighi di assistenza in favore del coniuge o dei figli. Più precisamente, la Corte di Cassazione, Sez. Penale, con la sentenza n. 33023 del 24.07.2014 ha solennemente sancito il principio di diritto secondo il quale, “tra i mezzi di sussistenza deve ricomprendersi anche l’alloggio familiare, per cui è responsabile del reato previsto dall’art. 570 c.p. il coniuge che con la sua condotta rischia di far perdere alla moglie e ai figli la casa in cui essi vivono”. In altri termini, per gli Ermellini la “casa di abitazione” rientra tra i mezzi di sussistenza che devono essere assicurati al coniuge e ai minori. Già il legislatore con l’art. 570 c.p. aveva sancito la punibilità di “chiunque faccia mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti… ovvero… al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa” così tutelando e proteggendo il soggetto indigente, che versa in stato di bisogno. Poi, la Corte di Cassazione, recentemente, ha clamorosamente statuito che, nella richiamata nozione penalistica di mezzi di sussistenza (diversa dalla nozione civilistica di mantenimento), debbano ritenersi compresi, non soltanto i mezzi per la sopravvivenza vitale, quali il vitto e l’alloggio, ma anche gli strumenti che consentano un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana, quali ad esempio l’abbigliamento, i libri di istruzione per i figli minori, i mezzi di trasporto, i mezzi di comunicazione ed altro, precisando che il concetto di “mezzi di sussistenza” non è affatto ancorato a quello dell’assegno di mantenimento, ma si riferisce alle elementari esigenze di vita del familiare, che devono essere garantite e protette. Infatti, gli Ermellini, già nel febbraio del 2014 avevano sancito che, per la configurabilità del reato di cui all’art. 570 c.p. non era necessario che vi fosse un obbligo civilistico di corrispondere l’assegno di mantenimento, essendo l’illecito in questione rapportato sia alla sussistenza dello stato di bisogno dell’avente diritto, che al mancato apprestamento dei mezzi di sussistenza da parte di chi, per legge, vi è obbligato. Infatti, è possibile che anche in caso di totale adempimento dell’obbligato di quanto disposto in sede civile, l’avente diritto non veda ancora integralmente soddisfatti i propri bisogni e, perciò, l’obbligato sia tenuto ad ulteriori somministrazioni al fine di non incorrere nella condotta sanzionata prevista dalla norma in esame. Naturalmente, occorrerà distinguere se l’avente diritto sia un minore o il coniuge, poiché se la violazione dell’obbligo attenga all’assistenza rivolta ad un minore, la condizione dello stato di bisogno è in re ipsa, in quanto si presume che il minore non sia in grado di provvedere a se stesso autonomamente, essendo privo della possibilità di avere una propria capacità reddituale; viceversa, qualora il trattamento economico omesso fosse rivolto al coniuge, sarà necessario l’accertamento, da parte del Giudice penale, dell’effettivo stato di bisogno del soggetto passivo alla somministrazione dei mezzi di sussistenza. Insomma, senza alcun dubbio, la Corte di Cassazione, ancora una volta è intervenuta in favore dei soggetti più deboli, rendendo ancora più difficile l’esistenza di coloro che “dimenticano” di ponderare le conseguenze, anche economiche e processuali, oltre che affettive, della separazione. Avv. Lucia Cassella del Foro di Catania