SICILIA – “In principio era il ponte“. Con queste parole, verosimilmente, l’apostolo Giovanni avrebbe voluto far cominciare il suo Vangelo, salvo poi preferire il concetto cristologico del Verbo. Ironia a parte, la narrazione incentrata sul leggendario Ponte sullo Stretto di Messina pare fosse “trendy” già al tempo degli antichi Romani.
Questi per primi, secondo lo storico Strabone, avrebbero ipotizzato di unire le sponde di Sicilia e Calabria almeno 250 anni prima della nascita di Cristo con l’intento di portare a Roma gli elefanti sottratti ai cartaginesi durante la Prima Guerra Punica.
Ma se secoli addietro la massima ambizione poteva essere rappresentata dal desiderio di far migrare i pachidermi africani fino alle porte dell’Urbe, oggi la volontà è quella di far giungere anche in Sicilia l’agognata alta velocità.
Ecco dunque la resurrezione del solito dilemma che non passa mai di moda, nonostante i due millenni di dibattito alle spalle. Ponte sì o ponte no? Nonostante le proposte di consultazione popolare timidamente auspicate negli ultimi anni, finora nessuno ha mai concretamente raccolto il reale “sentiment” dei siciliani.
Restare “isolati” o respirare un pizzico di “quell’aria del continente” cara a Martoglio? Questo potenziale quesito non rappresenta, evidentemente, una priorità imprescindibile per l’agenda delle grandi opere nazionali.
A dare una rinfrescata al tema è stato il suggerimento, formulato nell’estate 2020, della realizzazione di un alternativo tunnel sottomarino. Nelle scorse settimane, dopo un’iniziale esclusione del progetto ponte dalle bozze del Recovery Plan, la proposta congiunta è arrivata alla Camera dei Deputati.
La seduta del 24 marzo della X commissione permanente (Trasporti, Poste e Telecomunicazioni) ha affrontato proprio l’argomento (qui il resoconto ufficiale) in vista della stesura finale del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Inoltre, insieme al classico ponte e al sottopassaggio, è stata accennata anche l’ipotesi di un ponte galleggiante. Visione comunque poco accessibile, poiché la struttura rischierebbe di essere aggredita dalle correnti marine.
Di sottopassaggi l’Europa ne è piena e il potenziale collegamento tra Sicilia e il resto del Bel Paese non è certo una novità assoluta. L’esempio più celebre è certamente quello dell’Eurotunnel che dal 1994 congiunge Francia e Regno Unito sotto il Canale della Manica.
Un grande tunnel sottomarino, con tanto di rotonda, è stato recentemente ultimato nell’arcipelago delle isole Faroe, nel nord dell’Atlantico. Fuori dai confini continentali è mirabile il lavoro svolto al di sotto dello Stretto di Tsugaru in Giappone per collegare le isole di Honshū e Hokkaidō.
L’idea di un progetto differente, tuttavia, non sembra essere in grado di suscitare particolari apprezzamenti tra i corridoi di Palazzo D’Orleans, dove si continua a preferire ancora il caro vecchio ponte.
Ma l’immagine di una Sicilia che guarda al progresso, desiderosa di potersi connettere in soli tre minuti con la penisola, non riuscirà a coprire le crepe di un’Isola friabile, dove i suoi viadotti – piccoli o grandi – presentano ancora evidenti segni di cedimento.
Un riferimento lampante al ponte Morandi di Agrigento, dove è in corso una lenta opera di recupero, così come per tanti altri cavalcavia pericolanti nelle province di Catania e Messina, senza dimenticare l’incubo del viadotto Himera che per troppo tempo ha diviso in due la Sicilia.
Immagine di repertorio
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