L’Afghanistan sull’orlo di una crisi umanitaria: i Talebani al potere e il futuro incerto dei civili

L’Afghanistan sull’orlo di una crisi umanitaria: i Talebani al potere e il futuro incerto dei civili

AFGHANISTAN – È successo: i Talebani sono entrati a Kabul con l’intento di ricostruire l’Emirato Islamico in Afghanistan. Il presidente Ashraf Ghani ha lasciato il Paese, i cittadini sono in fuga, la città è sprofondata nel caos più totale. Mentre la situazione è in continua evoluzione, attirando l’attenzione locale e internazionale, in ogni angolo del mondo si chiedono a gran voce corridoi umanitari per i rifugiati.

Sono donne e bambini a preoccupare particolarmente. Le scene tipiche del “regno del terrore” instaurato dai Talebani negli anni Novanta sono note a tutti: donne private dei più basilari diritti (come quello di uscire senza un parente maschio o il marito) e perfino dell’identità, senza lavoro o futuro, brutalmente picchiate per ogni minima violazione delle regole imposte sulla base di un’interpretazione estrema della Shariʿa islamica.

E non si tratta solo di donne o di generazioni di bambini traumatizzati da un Paese perennemente in guerra. Con il ritorno, improvviso ed eccezionalmente rapido, dei Talebani mette in pericolo anche dissidenti e oppositori politici, nonché le numerose minoranze etniche che raramente hanno avuto vita facile in Afghanistan.

Attualmente combattimenti sono in corso in ogni parte del Paese e quel territorio asiatico generalmente sconosciuto il più è ora l’epicentro di una potenziale crisi umanitaria, l’ennesima di un mondo tormentato dalla guerra. L’appello di diverse forze politiche, di numerose organizzazioni per la difesa di migranti e rifugiati (come Sea Eye e Mediterranean Hope) e delle Nazioni Unite è chiaro: “Bisogna attivare corridoi umanitari. Un’azione attenta da tutte le autorità internazionali potrebbe essere l’unico strumento per evitare il disastro e per salvare le vite di tanti innocenti, che in questo momento si sentono abbandonati a un destino tragico e apparentemente già scritto.

I riflettori, in questo momento, non sono puntati solo su chi soffre: è l’intero mondo a partecipare alla crisi afghana.  E mentre si cerca un “colpevole” (dagli Stati Uniti, all’esercito incapace di fronteggiare l’avanzata dei Talebani fino al vicino Pakistan), il mondo si divide già su come agire: sono già diversi i Paesi che hanno espresso la volontà di accogliere rifugiati (tra questi anche l’Italia), ma sono altrettanti quelli che prediligono la linea dura. Inoltre, sul piano geopolitico, si attende di conoscere le prossime mosse dei più probabili interlocutori dei Talebani: Cina e Russia.

I limiti della politica degli ultimi 20 anni in Afghanistan si sono manifestati nel giro di poche settimane, dando inizio a un “gioco” di accuse che in realtà non arriva mai a una risposta chiara sul percorso che ha portato agli eventi degli ultimi giorni. I pochi ma significativi risultati raggiunti fino a oggi rischiano di svanire e, mentre si attende di verificare l’esito dei colloqui e delle prime relazioni diplomatiche con il nuovo Governo (ammesso che diventino effettivamente realtà), si può solo sperare che questa situazione non si trasformi in un fallimento globale ai danni della popolazione afghana.

Fonte immagine: REUTERS/Stringer