NEW YORK – Facciamo un viaggio mentale indietro nel tempo. Riavvolgiamo il “nastro” di esattamente 20 anni, ore 8,45 (14,45 italiane) del mattino. Da qualsiasi parte del mondo, oggi, si provi a fare questo esperimento è quasi sicuro che chiunque (limiti d’età permettendo) ricorderebbe alla perfezione dov’era e cosa stava facendo. È praticamente certo che la quasi totalità del mondo ricorderebbe pure che, a quell’ora di quel giorno, l’attenzione si spostò dalle mansioni quotidiane alla televisione, o peggio alla paralizzante realtà.
Quel giorno di 20 anni fa il mondo cambiò, con un pezzo di storia (nerissima) che ancora porta con sé i suoi strascichi a livello politico-globale. Anche i fatti di cronaca più recenti ci ricordano, ancora una volta, la portata di quell’evento tanto catastrofico quanto singolare. Basti pensare che due giorni fa, quasi 20 anni dopo, sono state identificate altre due vittime. Si tratta di Dorothy Morgan, un’impiegata assicurativa, e di un altro uomo la cui identità non è stata divulgata per volere dei familiari.
Era l’11 settembre del 2001, il giorno in cui due aerei dirottati da 19 terroristi di Al-Qaeda si schiantarono sulle Torri Gemelle, uno contro il Pentagono e un altro precipitò in un campo nei pressi di Shanksville, in Pennsylvania, con i passeggeri che impedirono un quarto attacco a Washington. Il World Trade Center, simbolo di New York e dell’apice del sogno americano, della mondanità e del potere finanziario, scomparì lasciando un enorme scia di dolore.
Dolore che nel tempo ha colpito non solo le vittime (2.977, esclusi i 19 dirottatori) e i loro cari, non solo gli Stati Uniti e il mondo civile e civilizzato, ma anche tanti, tantissimi, innocenti. La guerra al terrorismo promessa dagli USA subito dopo l’evento che più di tutti ha scioccato il Nuovo Mondo non ha toccato solo i colpevoli, ma anche chi non c’entrava. Quasi un milione di vittime, delle quali più di un terzo civili (387mila); questo dicono i freddi dati dell’Istituto per gli affari pubblici e internazionali della Brown University di Princeton.
Tra i “buoni” c’è anche chi ci ha marciato su, chi ha utilizzato quest’immane tragedia per i propri scopi, per giustificare azioni che con la pace tanto predicata avevano ben poco a che fare. L’attentato più famoso della storia si trasforma in una catena di morte, vendetta e strazio.
Era il 2001, il mondo si era da poco affacciato al nuovo millennio con fiducia verso il futuro. Si apriva un’epoca di cambiamenti epocali per quanto riguarda tecnologie, trasporti e informazione. Il mondo, soprattutto quello definito “occidentale”, non poteva sapere che di lì a poco sarebbe successo qualcosa che avrebbe rotto per sempre l’equilibrio preesistente.
Perché l’11 settembre del 2001 non crollarono “solo” due torri, non solo persero la vita migliaia di persone, ma si sgretolarono tutte le certezze che avevamo del “nostro” mondo. Quell’Occidente apparentemente perfetto e democratico, che voleva esportare i suoi valori in ogni parte del globo, che sentivamo sicuro e inattaccabile, giusto e a tratti invincibile. Quella stessa fetta di mondo che, però, aveva lasciato indietro qualcuno in contraddizione con se stesso, quel qualcuno che nel modo più disumano possibile disse tutti: “Ci siamo anche noi“.