CATANIA – Feste separate e auguri a distanza: a dividere le famiglie siciliane la mancanza di lavoro prima del Covid.
Il periodo di feste appena concluso è trascorso in modo diverso rispetto a come gli italiani erano abituati in linea con la complicata situazione emersa durante il 2020 e causata al Coronavirus.
Il Natale 2020 è stato l’anno delle ristrettezze economiche, dovute alla crisi generata dalla sospensione delle attività in diversi momenti, e delle divisioni fisiche e psicologiche.
Affrontare l’anno appena concluso è stato ancora più complicato per coloro che, prima ancora dello scoppio dell’epidemia, avevano deciso di trasferirsi all’estero per darsi una possibilità in più e un futuro diverso, magari migliore. Eh sì, perché prima dello scoppio dell’emergenza sanitaria, a dividere le famiglie era la mancanza di opportunità di lavoro, l’impossibilità di fare carriera e di crescere perché circondati da ambienti poco professionali e chiusi.
Questa è la storia di Giulio, partito per il Regno Unito nel 2018, dove tuttora vive è indipendente, lavora, cresce professionalmente e soprattutto dove gli è stata data la possibilità di emanciparsi completamente dalla famiglia di origine.
La testimonianza di Giulio
Giulio lavora da anni nel settore della ristorazione e le festività sono sempre state i più intensi: “Per me non è stato diverso dagli altri anni non raggiungere la mia famiglia per le festività natalizie. Già in passato mi ero abituato a abbandonare il lavoro durante il periodo in cui solitamente si lavora di più“.
Una rassegnazione a cui si fa presto ad abituarsi sopratutto quando sai che il gioco ne vale la candela: “Quest’anno però è stato più difficile degli altri, non tanto per le feste trascorse lontano dai miei genitori, ma per tutta la situazione di emergenza e di paura che si è creata, sia in Italia che all’estero”.
“I miei genitori sono grandi e durante il 2020 sono rientrato in Sicilia con meno costanza per paura che potesse capitargli qualcosa o che potessi contagiarli. Anche quando ci siamo rivisti il livello d’allerta era tale da minare il normale atteggiamento affettuoso che caratterizza noi catanesi“, afferma Giulio.
Per chi vive fuori da tempo le videochiamate con i parenti più vicini, le feste in solitudine, i weekend in Sicilia solo per riabbracciare i genitori al volo, erano consuetudini – anzi nuove abitudini – a cui abituarsi in fretta un po’ a malincuore: “La parte peggiore di tutta questa situazione apocalittica è stata la consapevolezza di dovere restare lontano dai miei cari anche se fosse successo qualcosa di grave e questo timore non si è ancora del tutto affievolito. Nei momenti di chiusura totale, in cui era praticamente impossibile spostarsi, la mia paura più grande era non potermi ricongiungere con i miei e affrontare la situazione insieme, uniti. Anche solo il pensiero di dovere restare separati fisicamente nella peggiore delle situazioni ha reso veramente complicato psicologicamente il 2020“.
L’emergenza non è ancora passata e le divisioni restano, anche se meno marcate rispetto a ciò che è stato affrontato durante la prima ondata a partire da quel tragico marzo 2020. Il 2021 si è aperto all’insegna della speranza grazie all’arrivo e alla somministrazione del vaccino anche se la fine dell’emergenza e il ritorno alla normalità non sembrano vicini.
Quando tutto sarà finito bisognerà fare i conti con i problemi che la Sicilia aveva prima ai quali si sono aggiunti quelli provocati dalla devastante crisi economica causata dall’epidemia affinché le famiglie possano tornare a riabbracciarsi.