Può una confessione fatta in punto di morte sconvolgere la nostra vita?

Può una confessione fatta in punto di morte sconvolgere la nostra vita?

ITALIA – Era il 2020 e una donna, ormai in punto di morte, forse spinta dai rimorsi, forse per lasciare questa vita in pace con sé stessa decide di rivelare al figlio un segreto che si portava dietro da una vita: tuo padre non è tuo padre.

Sembra la scena di un film, ma è quello che è realmente accaduto ad un imprenditore pavese di 59 anni che ha scoperto che l’uomo che l’aveva cresciuto ed ormai era passato a miglior vita, non era il suo padre biologico.

La storia non è poi così surreale e sembra quasi attuale se pensiamo alle varie dinamiche socio-relazionali
che ci circondano e alle vicende legali che si riscontrano nei Tribunali: la madre dell’imprenditore aveva avuto una relazione con un uomo restando incinta ma il padre biologico non aveva mai voluto riconoscerlo, successivamente aveva incontrato e sposato un altro uomo che aveva deciso di crescere quel bambino come se fosse il suo.

Scoprire la verità era stato un duro colpo per l’imprenditore che, tuttavia, per fugare ogni dubbio, un anno dopo la morte della madre decide di andare fino in fondo. Grazie a degli indizi fotografici rinvenuti tra gli
effetti personali della madre riesce a individuare il nome del presunto padre il quale non aveva avuto figli ma
purtroppo era morto anni prima.

L’imprenditore non si perde d’animo e determinato a scoprire la veridicità di quella confessione fatta in
punto di morte, ricorre al Tribunale per ottenere l’autorizzazione alla riesumazione del cadavere per poter prelevare un campione ai fini della prova del Dna, che, come nelle migliori pellicole, ha dato esito positivo.

Accertata la paternità il Tribunale di Pavia ha autorizzato il cambio di cognome, perché il 59enne ha voluto che sui suoi documenti ci fosse il cognome del padre biologico che non aveva mai conosciuto.

La vicenda che può sembrare assurda per qualcuno rientra invece nel pieno diritto di qualsiasi figlio.

La legge infatti all’art. 270 c.c. dispone che l’azione per ottenere la dichiarazione giudiziale di paternità è imprescrittibile per il figlio e quindi può esser fatta valere a distanza di parecchi anni, anche nel caso in cui il presunto padre sia deceduto, ma l’eventuale sentenza positiva produrrà i suoi effetti sin dalla nascita del figlio. Sarà comunque necessario seguire un determinato iter, non essendo sufficiente la sola dichiarazione della madre di aver avuto una relazione con quell’uomo, e quindi prove solide incluso il test comparativo del DNA, e la causa se non può essere proposta nei confronti del presunto padre dovrà essere proposta nei confronti dei suoi eredi oppure ove non ve ne fossero contro un curatore nominato dallo stesso giudice adito.

AVV. ELENA CASSELLA