Questore di Catania Marcello Cardona lancia la sfida: “Ancora non abbiamo sottratto tutti i beni ai mafiosi. Completeremo l’opera”

Questore di Catania Marcello Cardona lancia la sfida: “Ancora non abbiamo sottratto tutti i beni ai mafiosi. Completeremo l’opera”

CATANIA – Marcello Cardona si muove fra due mondi. In equilibrio. Non può fare altrimenti. Da un lato il suo ruolo, dall’altro i suoi uomini. E i cittadini. Non è facile stare al vertice di una Questura. Non una qualsiasi. Quella di Catania, di uno dei territori più caldi nella lotta al crimine, uno dei principali nidi di Cosa Nostra, adesso anche crocevia di uno dei principali flussi migratori, con tutti i rischi che comporta, dal pericolo di infiltrazioni di cellule terroristiche e di manovalanza per la criminalità locale all’ansia per il timore della diffusione di malattie che soggetti infettati potrebbero portarsi dietro insieme con il bagaglio di sofferenze e disperazione dai Paesi da cui fuggono.

“La percezione della gente non va di pari passo coi nostri dati per via della quotidianità con cui ci si confronta, che è fatta di strade con le buche, non illuminate la sera, di disservizi di vario genere. Lo comprendo benissimo. Ma io sono consapevole dell’eccellente lavoro che compiono giorno dopo giorno i nostri funzionari ed i reparti che dirigono. Un aneddoto spiega molte cose: dopo alcuni interventi in locali che non rispettavano le norme igieniche, un avvocato catanese sul quotidiano locale ha criticato il nostro operato scrivendo che si era intervenuti pesantemente ‘Per solo 3 blatte’… Il problema sta a monte”.

Questore di Catania dal 26 gennaio di, ormai, quasi due anni fa, mostra orgogliosamente i dati che premiano le attività di contrasto alla criminalità, dal bulletto che infesta le zone centrali di Catania, su tutte il Giardino Bellini e piazza Stesicoro nel tratto dove si trova il McDonald’s, al mafioso che incancrenisce il tessuto sociale. Dati dettagliati nelle schede fornite dalla Questura.

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“Io mi sento quel che sono, meridionale. Sono un dirimpettaio, sono di Reggio Calabria. Quando dico che il problema sta a monte, vuol dire che so bene di cosa parlo, non soltanto dal punto di vista professionale, visto che sono un uomo del Sud. Quando sono giunto a Catania mi sono ricalato in un contesto difficile e complesso. Penso ai grandi contrasti mafiosi, alle angherie sui soggetti più deboli, al mancato sviluppo territoriale, a certe mentalità dure da sdradicare. Una faccia della realtà estremamente brutta, un cancro. Ricordo che pochi giorni dopo il mio insediamento i miei nuovi compagni di lavoro per farmi comprendere subito in quale contesto ero stato inviato ad operare, mi fecero notare lo scoppio di alcuni botti, dei fuochi d’artificio come se fosse in atto una processione: in un quartiere si stava festeggiando così la prima rapina compiuta da un minorenne. Insomma, capite perché quel che si compie qui merita un plauso in più rispetto ad altre realtà? E penso anche alla parte sana della città, perché l’altra faccia, quella bella c’è, eccome se c’è. Per questo, anche se non tutto quel che i nostri uomini e le nostre donne compiono col massimo impegno ogni giorno a volte non viene percepito, per noi è motivo di orgoglio essere al servizio e di aiuto a chi è dalla nostra parte, dalla parte del rispetto del prossimo, della legalità. Anche perché stiamo cogliendo segnali decisamente positivi sulla reazione della gente, sempre più numerosa e fiduciosa nel denunciare”.

Più volte abbiamo messo in rilievo i problemi legati alle carenze di organico e mezzi, le denunce dei rappresentanti sindacali dei poliziotti, che lamentano scarsa attenzione per chi opera nel contesto descritto dal Questore.

Cardona non si tira indietro e ammette senza ipocrisia che “io devo confrontarmi con gli indirizzi politici. Quindi, devo rendere quel che mi viene affidato efficiente con quel che mi viene messo a disposizione. I sindacati presentano le cose alla loro maniera. È comprensibile. Ma quanto avviene a Catania è lo stesso nel resto del Paese. Certo, più siamo, meglio è. Ma non mi sento di vedere in negativo la situazione. I fatti dicono che fronteggiamo il malessere sociale con una struttura efficiente. Stiamo riuscendo a ottenere il massimo dalle forze in campo grazie all’abilità dei dirigenti, al valore del personale e ad una riorganizzazione che ha liberato i commissariati dalle distrazioni burocratiche, adesso tutte centralizzate, permettendo di concentrarsi esclusivamente sul territorio di competenza. Inoltre vorrei fare notare dei dettagli importanti. Abbiamo inaugurato la nuova sede del commissariato di Librino, che era attesa da tempo. Villa Nitta ci è stata concessa dall’amministrazione comunale, ma a me non interessa il colore politico di chi ci ha permesso una sede adeguata. Mi interessano gli atti concreti. Così come la presenza nel giorno dell’inaugurazione del Capo della Polizia Franco Gabrielli. Un atto che testimonia l’attenzione nei nostri confronti, tant’è che sono in arrivo nuovi funzionari. Di recente abbiamo ricevuto anche nuove vetture e moto. Ripeto:  se ci fossero più agenti sarebbe tutto di guadagnato, ci mancherebbe, ma Catania è un esempio, così come dimostra anche l’ottimo e delicato lavoro sul fronte dell’immigrazione”.

Proprio dalla Questura di Catania era stato segnalato come pericoloso il tunisino che poi è stato responsabile del recente attentato a Berlino ed è stato possibile risalire a lui, permettendo poi agli agenti delle volanti di Milano di individuarlo durante un semplice controllo. “Possiamo contare su professionalità d’altissimo livello in tutti i settori, che non si limitano soltanto alle indagini ed alla repressione. Per noi è importantissima anche la prevenzione. Per questo cerchiamo di curare i rapporti anche con le comunità che ormai stanno radicandosi a Catania. Con quella islamica formalmente il rapporto è soddisfacente, ma ci aspettiamo che si sviluppi. È necessaria un’apertura da parte di tutti, perché le comunità devono avere fiducia in noi e noi in loro. È importante che non si abbia paura di denunciare comportamenti sospetti, perché se all’interno di un gruppo di persone c’è una mela marcia, bisogna fare in modo che non faccia del male: i terroristi sono una tragedia non solo per chi subisce la loro violenza, ma anche per tutti quei cittadini musulmani che desiderano convivere e pianificare il futuro serenamente. Ormai nessuna città può considerarsi sicura, visto che gli atti di proselitismo potrebbero avvenire ovunque, ma se tutte le energie si compattano, possiamo scongiurare eventuali pericoli. Noi, nel frattempo, soprattutto in occasione delle grandi manifestazioni, così come per la festa di Sant’Agata, abbiamo dovuto aumentare i livelli di controllo. È necessario restare vigili”.

Per il 2017 la sfida è già lanciata. “Incentiveremo l’attività preventiva e di controllo del territorio. Ma quel che più di tutto mi sta a cuore è la confisca ed il sequestro dei beni ai mafiosi. Ancora ne hanno troppi. Voglio sottrarglieli tutti, devono perdere quel che hanno ottenuto facendo del male, avvelenando l’economia, la vita sociale, impedendo a questa città di rifiorire come meriterebbe. Abbiamo già assestato durissimi colpi a quel che tengono di più, il denaro. Nel nuovo anno completeremo l’opera”.

Dunque oggi vi abbiamo proposto l’intervista al questore. Domani mattina continueremo, con bilanci dell’anno che si chiude e le prospettive nel 2017, con il massimo rappresentante della magistratura catanese, il procuratore capo Carmelo Zuccaro.

Alessandro Sofia