“Presidente Mattarella conceda la grazia ad Antonio Speziale”

“Presidente Mattarella conceda la grazia ad Antonio Speziale”

CATANIA – Era il 2 febbraio 2007, al Massimino si giocava il derby Catania-Palermo, fuori intanto si scatenava l’inferno. Perse la vita il commissario Filippo Raciti, e furono emesse due condanne: Daniele Micale, condannato a 11 di reclusione (dieci anni per omicidio preterintenzionale e un anno per resistenza a pubblico ufficiale) Antonio Speziale, condannato a 8 anni, sempre per omicidio preterintenzionale. 

A distanza di anni la polemica non è mai finita e oggi è tornato a parlare l’avvocato di Speziale, Giuseppe Lipera, che si è appellato direttamente al capo dello Stato: “Presidente Mattarella conceda la grazie ad Antonio Speziale“.

Speziale – continua l’avvocato Lipera nella lettera a Mattarella – è stato erroneamente e ingiustamente condannato nonostante le contrarie risultanze processuali per avere assassinato Raciti. Il giovane all’epoca dei fatti aveva solo 17 anni, incensurato e proveniente da una famiglia di onesti operai, già dopo pochi giorni dall’accaduto venne individuato dalle forze di polizia come possibile colpevole e iscritto nel registro degli indagati“.

L’allora minorenne fu al centro di un vortice mediatico e processuale. In un primo momento, febbraio 2010, infatti, la condanna fu di 14 anni; in appello poi, nel 2011, divenne di 8. Sentenza poi confermata dalla corte di Cassazione l’anno seguente. Inutile è stato poi il tentativo dell’avvocato di far revisionare il processo dalla corte d’appello di Messina, ragion per cui il legale si dice intenzionato a far uscire il processo dai tribunali siciliani. 

È vero che Speziale era sul posto durante i disordini, partecipò agli assurdi scontri, circostanza che non ha mai negato, ma non ha ucciso nessuno, non è lui l’assassino di Filippo Raciti. Si tratta – conclude duro l’avvocato – di una controversa vicenda giudiziaria ed è aberrante, oltre che sconvolgente, come tali aspetti che provano l’assoluta estraneità ai fatti non abbiano avuto alcun peso per i giudici. il ragazzo è stato improvvisamente inghiottito da una cieca voglia collettiva di additare un colpevole al più presto, voglia accentuata dal carattere mediatico della vicenda».