Ludopatia, nella morsa solitaria del gioco d’azzardo

Ludopatia, nella morsa solitaria del gioco d’azzardo

CATANIA – Gratta e vinci, slot machine, bingo, scommesse virtuali, pronostici sportivi e altri giochi d’azzardo. Ogni giorno sono sempre di più gli italiani che provano in numerosi modi a essere baciati dalla fortuna, ma a vincere davvero è sempre e solo il banco.

Nel Bel paese sono circa 12mila le persone in cura per combattere la ludopatia, la dipendenza dal gioco d’azzardo. Un numero che da solo non basta a restituire la reale portata del fenomeno, fatta di vite e famiglie distrutte.

La ludopatia, infatti, è per molti una vera e propria battaglia quotidiana contro l’irrefrenabile impulso di giocare e scommettere che in tanti vivono in solitudine, per paura, vergogna o sensi di colpa.

Per analizzare e comprendere meglio il complesso fenomeno del gioco d’azzardo patologico abbiamo chiesto il contributo del dott. Davide Ferlito, psicologo catanese.

Quando si può parlare di ludopatia a livello clinico?

“Si può parlare di ludopatia quando il soggetto fa un uso disfunzionale, persistente e ricorrente del gioco, che va ad inficiare in maniera complessiva tutte le sfere della sua vita, dalle relazioni familiari fino al contesto lavorativo. Il ludopatico, infatti, a differenza del giocatore occasionale, sente il costante bisogno di giocare, trascurando il proprio lavoro e finendo per mentire ai propri cari con cui i rapporti si compromettono, a volte fino alla rottura. Il soggetto è così concentrato sulle potenziali vincite, da trascurare del tutto il rischio di perdere ingenti somme di denaro, anzi ha bisogno di aumentarle costantemente in modo da mantenere lo stato di eccitazione desiderato. Nasce in lui, infatti, la convinzione ‘magica’ che la fortuna prima o poi girerà, per cui gioca sempre di più nel tentativo di recuperare quanto perduto. Per tale motivo il tempo viene dedicato anche a procurarsi le risorse per poter giocare, chiedendo prestiti e arrivando a commettere, in alcuni casi, anche veri e propri atti illeciti. Lo stato emotivo del soggetto si presenta compromesso, entrando in gioco altre problematiche come ad esempio l’ansia, la depressione, la presenza di disturbi psicosomatici, che si legano in maniera bidirezionale col gioco stesso. In tal senso, più il soggetto, è depresso o in ansia e più gioca, e più tocca con mano le conseguenze di tale attività e più ne soffre. Tale situazione, infatti, non è scevra di sensi di colpa e rimorsi che possono rendere ciclico il problema, comportando un apparente miglioramento che verrà poi disilluso”.

Come si possono aiutare le persone affette da ludopatia?

“Intervenire sulla ludopatia non è semplice, sia perché, come altre forme di dipendenza, vi è la tendenza a minimizzare e negare la propria condizione, venendo, in tal modo, a mancare la motivazione ad intraprendere un percorso di cura, sia perché, come già accennato, tutte le sfere della vita del soggetto vengono intaccate. Si tratta, infatti, di un malessere curabile, ma che richiede un intervento preliminare, incentrato sul costruire una motivazione al cambiamento. Superata questa fase è possibile iniziare il lavoro psicoterapeutico vero e proprio che non sarà solo individuale ma potrà includere anche interventi sulla coppia e sull’intera famiglia. Ci si può avvalere, inoltre, anche di attività di gruppo, inclusa la partecipazione a gruppi di auto-mutuo-aiuto. Nei casi più gravi può essere, infine, funzionale il ricovero in strutture residenziali”.

Quanto incide lo sdoganamento del gioco anche nelle pubblicità come tentazione?

Molte ricerche hanno sottolineato il ruolo della pubblicità nel favorire una maggiore diffusione del fenomeno, sebbene non sia stata dimostrata una chiara correlazione tra causa ed effetto. Se, infatti, appare evidente come gli spot pubblicitari possano scatenare l’impulso e la voglia di giocare dei ludopatici, inficiandone il tentativo di smettere, nonché influenzare i più giovani e le persone più vulnerabili, non è altrettanto chiaro quanto tale condizione sia direttamente collegata alla pubblicità. Andrebbe, tuttavia, rivisto l’uso che viene fatto di quest’ultima. Promuovere, infatti, l’immagine del gioco come svago socialmente accettabile e soprattutto desiderabile, associandolo a qualcosa di esclusivamente positivo e avvalendosi anche di personaggi noti, non può che essere pericoloso“.

Si può parlare di Stato colpevole visto che spesso la gente arriva a distruggersi proprio con i monopoli di Stato?

Non entro nel merito delle specifiche colpe ma è chiaro come lo Stato dovrebbe combattere con grande forza tali condizioni di malessere, intervenendo sia in ottica preventiva che risolutiva. Risulta evidente l’importanza di contrastare le campagne pubblicitarie fuorvianti e garantire una cultura positiva del gioco attraverso opportune attività informative, nonché favorire la partecipazione di chi vive tali problematiche ad interventi di rete che includano anche un percorso psicoterapeutico accessibile a tutti“.

Immagine di repertorio