CATANIA – Nell’ambito di complesse attività d’indagine coordinate dalla Procura della Repubblica di etnea, i finanzieri del comando provinciale di Catania hanno dato esecuzione ad un decreto con cui il giudice per le indagini preliminari ha disposto misure cautelari reali nei confronti di un soggetto sottoposto a indagini per i reati di bancarotta fraudolenta, bancarotta documentale e autoriciclaggio.
Le investigazioni
Le investigazioni, svolte da unità specializzate del nucleo di polizia economico-finanziaria di Catania sotto la direzione dell’autorità giudiziaria, hanno riguardato il dissesto di una società catanese, operante nel settore della produzione di software, raggiunta da sentenza di fallimento del locale Tribunale nel 2020.
Cosa hanno evidenziato gli approfondimenti
Gli approfondimenti eseguiti avrebbero evidenziato – nell’attuale fase del procedimento, in cui non si è ancora realizzato il contraddittorio con le parti – che l’amministratore di diritto di detta impresa avrebbe eseguito una serie di operazioni distrattive e dissipative del patrimonio aziendale in una fase in cui la fallenda stava accumulando ingenti debiti erariali e perdite di rilevante entità.
I fatti
In primo luogo, l’indagato, mediante operazioni di conferimento di rami d’azienda, avrebbe trasferito i principali asset societari a favore di due realtà imprenditoriali neo costituite in forma di società in accomandita semplice.
Le relative quote sarebbero state originariamente detenute dall’indagato per l’80% (pari a 40mila euro del capitale sociale di ciascuna delle due S.a.s.) e dalla medesima impresa conferente i rami d’azienda per la parte residua del 20% (corrispondente a 10mila euro del capitale sociale di ciascuna delle due S.a.s.).
In realtà, tali operazioni avrebbero causato il decremento del patrimonio della fallenda per un valore di 815mila euro a fronte di una partecipazione al capitale nella quota minimale di 10mila euro per singola società.
Le quote delle S.a.s
Successivamente, le quote delle S.a.s. possedute dalla società in fallimento sarebbero state cedute a un familiare dell’amministratore di quest’ultima, così da rescindere definitivamente e in via formale i legami tra l’impresa poi fallita, danneggiata dalle operazioni distrattive, e le due new company, nonché dissimulare la provenienza delittuosa dei rami d’azienda, precedentemente distratti.
In tal modo, l’indagato sarebbe riuscito a reimmettere nel circuito economico legale i rami d’azienda distratti, di provenienza criminosa, rendendosi responsabile del reato di autoriciclaggio.
In aggiunta, sarebbe stata riscontrata l’erogazione da parte della società in dissesto di finanziamenti alle predette nuove imprese, mai restituiti, per un importo complessivo pari a 110mila euro.
Tale operazione, priva di un reale vantaggio economico, sarebbe stata peraltro effettuata antecedentemente alla cessione, da parte della fallenda, delle proprie quote nelle citate S.a.s.
La ricostruzione del patrimonio
Le descritte condotte, unitamente alle criticità riscontrate nella tenuta della contabilità, che non avrebbe permesso la ricostruzione del patrimonio e del giro d’affari, e alla prosecuzione dell’attività economica in assenza dei presupposti per assicurare la continuità aziendale, avrebbero determinato un aggravamento del dissesto fino a un patrimonio netto negativo di oltre 4,5 milioni di euro.
Sulla scorta delle evidenze acquisite dal nucleo PEF di Catania, il GIP presso il locale Tribunale, su proposta della Procura etnea, ha dunque ritenuto sussistente in capo all’indagato un grave quadro indiziario in ordine ai reati contestati di bancarotta fraudolenta e documentale nonché autoriciclaggio dei proventi illecitamente ottenuti, disponendo il sequestro preventivo dei compendi aziendali delle due new company, beneficiarie dei rami aziendali dalle fallita, nonché di denaro, beni e altre utilità delle predette società e dell’indagato per un importo complessivo di 925mila euro.
Alle predette società in accomandita semplice è stata inoltre contestata la responsabilità amministrativa degli enti in quanto il reato di autoriciclaggio dei proventi illeciti oggetto di reimpiego all’interno delle stesse sarebbe stato commesso nel loro interesse o a loro vantaggio.
Per questa tipologia di illeciti, il citato decreto legislativo prevede la possibilità di applicare sanzioni pecuniari e interdittive a carico delle società coinvolte.
Lo scopo delle indagini
L’attività d’indagine si inquadra nel più ampio quadro delle azioni svolte dalla Procura della Repubblica e dalla Guardia di Finanza di Catania, finalizzate al contrasto della criminalità economico-finanziaria e, in particolare, di tutti quei fenomeni che costituiscono ostacolo alla crescita e alla realizzazione di un mercato pienamente concorrenziale su cui si basa lo sviluppo di una società più equa e attenta ai bisogni di ciascuno.