Giornata nazionale vittime del Covid, da Catania il punto della situazione: i rifugiati ucraini sono un pericolo?

Giornata nazionale vittime del Covid, da Catania il punto della situazione: i rifugiati ucraini sono un pericolo?

CATANIA – È oggi che in tutta Italia si celebra la Giornata nazionale per le vittime del COVID-19

Istituita dalla Camera dei deputati il 23 luglio 2020 e dal Senato della Repubblica il 17 marzo 2021, questa giornata si rifà al giorno del 2020 in cui i mezzi pesanti dell’Esercito Italiano contribuirono alla rimozione delle centinaia di bare depositate nel cimitero monumentale di Bergamo, la cui colonna di mezzi suscitò molta impressione nell’opinione pubblica in piena prima ondata del Coronavirus.

Giorni come questo sembrano così lontani, ma così vicini allo stesso tempo. Hanno specialmente la peculiarità di essere celebrati e vissuti allo stesso tempo: infatti, mentre piangiamo le vittime del Covid, ne stiamo ancora salutando diverse ogni singolo giorno. Mentre tutti parlano di uno “stato di fine pandemia”, i numeri non sono venuti in aiuto di nessuna regione o provincia.

Per discutere della situazione attuale, è intervenuto ai microfoni di NewSicilia.it il Commissario Covid di Catania, Pino Liberti: “C’è una ripresa della curva, è un dato quasi innegabile. Cina e Hong Kong sono nel pieno della loro quinta ondata e i dati degli ultimi giorni che hanno visto oltre 80mila casi in 24 ore sono la perfetta testimonianza di come la presenza di varianti molto contagiose crei l’incremento della curva”.

“Per fortuna a questo incremento non ne corrisponde uno per la pressione sugli ospedali e il merito di questo è specialmente dei vaccinati. Infatti, se non ci fosse una copertura vaccinale adeguata, ovviamente, invece di contagio da Covid assisteremmo alla malattia da Covid, prosegue.

Previsioni per la primavera

“Quindi – continua – si può dire che la storia della malattia è cambiata, la curva dei contagi invece continua ancora a salire e sinceramente non mi aspetto che in primavera la curva scenda. Occorre sottolineare ancora una volta che si tratta di contagio e non di malattia: la stragrande maggioranza dei positivi, infatti, è asintomatica o paucisintomatica. A soffrire ancora per la polmonite rimangono solo i non vaccinati e gli estremamente fragili.

È dunque importante capire che no, non ci troviamo alla fine della pandemia. “La dichiarazione di uscita dalla pandemia non la può fare nessuno se non la pandemia stessa. I numeri in questo momento e la pressione sulle strutture ospedaliere non suggeriscono alcuna uscita dalla pandemia. Ci siamo riappropriati di spazi di vivibilità e socialità che prima erano impensabili, questo è vero, ma non basta, ha aggiunto il Commissario.

Conclude: “Sicuramente il prossimo 31 marzo finirà lo stato di emergenza che consente al governo di legiferare a riguardo, ma lo stato di emergenza sanitaria non è ancora finito”.

Coronavirus e guerra in Ucraina

Ovviamente è anche certo che il periodo che stiamo vivendo non ci permette appieno di attenzionare ogni dato giornaliero sul Coronavirus, specialmente per i casi bellici che si stanno svolgendo vicino a noi e che tramite i media entrano quotidianamente all’interno delle nostre case.

Come tempo addietro preoccupò l’arrivo continuo di migranti e il potenziale rischio di contagio e aumento di casi Covid nelle città a causa loro, è recentemente nata una simile paura per i rifugiati della guerra ucraina.

Ci si chiede allora se i cittadini ucraini in arrivo nei nostri territori saranno la causa di un violento rialzo dei casi di Coronavirus: “Tutti i cittadini ucraini che arrivano sul nostro territorio hanno riservata un’accoglienza di tipo sanitario che prevede l’assegnazione di un codice STP (straniero temporaneo presente) con cui possono accedere a tutte le prestazioni sanitarie. Vengono tutti tamponati entro 48 ore dal loro arrivo (in aeroporto direttamente sul posto), lo scorso 15 marzo è arrivato un autobus con 37 ucraini e abbiamo fatto i tamponi a tutti”.

“Noi proponiamo a tutti loro le vaccinazioni antiCovid e tutte quelle che in Ucraina non sono obbligatorie come quella per la poliomielite, la difterite, il morbillo o il tetano. Alcuni arrivano già vaccinati per anti sars-cov-2, qualcuno si fa vaccinare qui e qualcuno rifiuta il vaccino, ma in questo caso sarà costretto ai tamponi ogni 48 o 72 ore per accesso a ristoranti e bar o mezzi pubblici come tutti i cittadini italiani, conclude Pino Liberti.

In foto il Commissario Liberti