La cultura fra i residui degli “opposti estremismi”

La cultura fra i residui degli “opposti estremismi”

QUESTO ARTICOLO FA PARTE DEL CONCORSO DIVENTA GIORNALISTA, RISERVATO AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI DELLA PROVINCIA DI CATANIA.

La cronaca nazionale degli ultimi tempi è stata incentrata sulla nomina di Luca De Fusco a direttore del Teatro di Roma e sui ribattezzati blitz, con cui la destra starebbe
progressivamente occupando i luoghi di cultura.
Una nomina inusuale avvenuta a seguito della decisione dei consiglieri di amministrazione, nominati dal Ministero della cultura e della Regione Lazio, i quali hanno deciso di svolgere una riunione che aveva come oggetto, appunto, la nomina di del nuovo direttore generale della Fondazione Teatro di Roma. I consiglieri, pertanto, hanno deciso di procedere alla nomina di De Fusco, senza che però fossero presenti il presidente del cda della Fondazione, Francesco Siciliano, e la consigliera designata
dal Comune di Roma, Natalia Di Iorio.

Non sono mancate le polemiche, mosse dallo stesso Siciliano, dal Sindaco Gualtieri (PD) e dal Comune di Roma, che altri non è che il proprietario della Fondazione,
oltre alle varie contestazioni compiute dalle opposizioni.
La polemica, protrattasi per undici giorni, si è palcata nel momento in cui si è giunti a una sorta di “compromesso fra le due parti”, compromesso che prevede una modifica dello statuto e l’introduzione dello schema duale, vale a dire che Luca De Fusco, già contrattualizzato, rivestirà la carica di direttore artistico e a questi verrà affiancato un profilo manageriale, non ancora trovato, in qualità di direttore generale.

Insomma la fase critica, segnata dagli scontri sulla nomina irregolare di De Fusco, sembrava essere giunta al termine proprio nel momento in cui il Comune minacciava di sciogliere la Fondazione e la premier Meloni dichiarava che era finita l’era dell’amichettismo e dei privilegi che l’essere in possesso della tessera del PD comportava.

Ma la vicenda non si è affatto conclusa, in quanto, proprio al culmine del grottesco, i due elementi designati per rivestire il ruolo dirigenziale hanno dato  forfait.
Inizialmente a seguito di un accordo tra MIC, Comune e Regione, si era pensato di affiancare a De Fusco Onofrio Cutaia, commissario straordinario già dal 15 marzo 2023 della Fondazione del Teatro del Maggio musicale Fiorentino.

Ma è stato lo stesso Cutaia a denigrare l’invito, dichiarando che continuerà a svolgere il suo ruolo al Maggio di Firenze in quanto, entro la fine del suo mandato, vale a dire il 15 marzo
2024, avrà il compito di salvare i conti del teatro (quantomeno lui).
A seguito del rifiuto di Cutaia, il Campidoglio aveva proposto di affidare l’incarico a Paola Macchi, direttore organizzativo del Festival dei due mondi di Spoleto, la quale a sua volta ha rifiutato la proposta rimanendo alla dirigenza del Festival di Spoleto.
Insomma di tutto si tratta tranne della fine dell’amichettismo, come dichiarato dalla premier, poiché, se basta sodisfare le esigenze e le pretese del PD e delle opposizioni (che in questa vicenda sembravano prevedere l’instaurazione del “direttore dimezzato”) per porre fine alle accuse di “golpismo culturale” rivolte alla destra, ci troviamo dinanzi proprio al trionfo dell’amichettismo o se non qualcosa di peggio.

Ma mentre dall’interno prendeva forma l’intesa per porre fine alla crisi, all’esterno del Teatro Argentina prendeva piede la manifestazione indetta dagli artisti, riunitisi in presidio permanente dal 20 gennaio, per protestare contro la presenza delle Forze dell’Ordine poste per garantire il regolare svolgimento del cda.

A quel punto Siciliano si è recato presso i dimostranti per interloquire con il promotore della protesta, lo scrittore Christian Raimo. Tra i reclami portati avanti dai manifestanti, i
quali equiparano l’intesa ad accordi di palazzo e a “strategie democristiane” (poiché il fondamento del potere del PD, non essendo più comunista ma Kennediano, è a implicito tiraggio democristiano) vi sono: la richiesta di un incontro con il Sindaco di Roma Gualtieri e l’insediamento di una consulta permanente che affianchi il lavoro
della Fondazione nella modifica dello statuto.

Purtroppo lo scempio, a cui è stato sottoposto l’intero assetto culturale, non si limita solo alle nomine mediante le tessere di partito ma si protrae anche alla politica, basti pensare che, per ironia della sorte, il giorno della nomina di De Fusco ha coinciso con il giorno in cui ricorreva il 24° anniversario dalla morte del segretario del PSI Bettino Craxi, una figura a cui De
Fusco è molto legato, per via del suo passato sostegno al PSI Craxista.

Il legame, di De Fusco con Craxi nel 2011 ha preso forma in un documentario prodotto in collaborazione con Speciale Tg1 e Rai cinema, intitolato: “Craxi, elogio del capro
espiatorio”.

All’interno del documentario vengono compiute grottesche e assurde analogie che mettono in relazione la figura e le vicende di Craxi con quelle dei personaggi della mitologia e del teatro tragico greco quali: Edipo a Colono, Antigone e Prometeo di Eschilo, oltre ad arrivare a paragonare Craxi ad Aldo Moro, all’adultera salvata da Gesù e allo stesso Cristo crocifisso in quanto, secondo le dichiarazioni dell’intellettuale di turno a Craxi, così come a Gesù, è stata riconosciuta la ragione solo dopo la morte. Ma la vicinanza di De Fusco con il mondo politico non
trova limite solo nella partitocrazia della Prima Repubblica, ma si protrae in una certa misura fino alla Seconda, in quanto il “pupillo” del centro-destra si onora di avere un
rapporto privilegiato col più volte Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri per i Governi Berlusconi I, II, III e IV, Gianni Letta. Al che non stupisce il fatto che il centro-destra difenda strenuamente la nomina di De Fusco, accusando tutti coloro che la contestano di assumere atteggiamenti sguaiati e di matrice stalinista e, ricalcando sul tema dell’idoneità di De Fusco a ricoprire tale carica, considerata la sua comprovata esperienza e professionalità nella gestione dei teatri, così come ha
dichiarato il coordinatore romano di Forza Italia Maurizio Gasparri.

Comunque sia questa è un’ampia dimostrazione di come l’a-partitismo e l’apoliticismo non paghino alla cultura, ma che di contro lo faccia la “concezione degli
opposti estremismi” o almeno a ciò che ne rimane, oltre a essere un’ampia dimostrazione che smentisce le parole del Ministro della
cultura San Giuliano, il quale ha dichiarato: “Dobbiamo consentire a chi non fa parte dei circoletti romani di esprimersi nel mondo della cultura”. Un’affermazione eccessivamente generalizzata, in quanto i “circoletti” del centro-destra romano, come testimoniato dalle parole di Gasparri, così come il centro-destra tutto, hanno difeso la regolarità e la legittimità della nomina di De Fusco.

Forse i circoletti del centro-destra non sono materialmente collocabili nella capitale ma lo sono quelli del PD? Oppure il ministro intendeva alludere alla predilezione della tradizione craxista, di cui De Fusco sembra essere componente, per la “Milano da bere” piuttosto che per la Roma Capitale?

Inoltre sull’effettivo interessamento nei confronti di questo episodio da parte della politica ci sarebbe da porsi qualche dubbio, poiché la vicenda del Teatro di Roma è stata sfruttata dalle opposte fazioni al fine di trarne agevolazione e visibilità politica.
La maggioranza ha sfruttato la vicenda come cavicchio per muovere accuse ai partiti d’opposizione, bollandoli come forze politiche violente e anti-governative che cercano di rilanciare la loro immagine di partiti moderni, alternativi, tramite una campagna apparentemente moralista, mirata a riacquistare prestigio e credibilità. Dal canto loro le opposizioni fanno di tutto per rispecchiare questa narrazione.

Esse hanno mosso tutta una serie di accuse che, se interpretate in senso dialettico, hanno un carattere morale ma, alla luce dei fatti, in esse si riscontra un velato carattere di riassunzione egemonica in un contesto in cui il fronte d’opposizione tutto sta subendo una parziale ma progressiva perdita di consensi e di preminenza a livello politico ed
elettorale.

Oltre a una sempre più crescente perdita di credibilità dinanzi alle inesistenti alleanze con fra i vari partiti dell’opposizione, e dinanzi alle ostilità e alle
avversioni vigenti fra questi.
Una sorta di programma che ben si inquadra in quella sorta di “campagna morale”, che va dal “Caso Sgarbi” alla lotta a “Tele-Meloni”,una strategia venuta alla luce sfruttando la maldestrezza del Governo Meloni, manifestatasi nei metodi di realizzazione di determinate azioni quali ad esempio: la nomina del nuovo consiglio di amministrazione della RAI e la nomina dello stesso De Fusco a direttore, le quali nella loro fattispecie non sono nuovi agli ambienti di governo, dato che eventi simili si sono sempre manifestati nei vari esecutivi succedutisi e di certo un partito come il PD, che sposa il principio tecnocratico, non è nelle migliori condizioni per poter impartire rimproveri o lezioni. La differenza difatti sussiste unicamente nel fatto che
forse i precedenti governi, a differenza di quello attuale, hanno dimostrato più accortezza nel compiere le loro irregolarità, forse anche per un fatto di esperienza.

E di questa accortezza il PD e gli altri partiti d’opposizione hanno dimostrato di averne ancora tanto che, per ciò che riguarda il Teatro di Roma, sono riusciti a cogliere la palla al balzo, ottenendo la loro prediletta soluzione alla crisi scaturita dallo scandalo sulla nomina di De Fusco, che comunque ha consentito al PD e al centro-sinistra di riacquisire un predominio che sta progressivamente venendo meno.

Però tra una questione morale l’altra, nessuno si è prodigato di fare il minimo accenno a un fatto forse più rilevante dell’irregolarità della nomina. Il fatto è che De Fusco, al fine di approdare alla direzione del Teatro di Roma, ha abbandonato, in corso d’opera, la direzione del Teatro Stabile di Catania di cui era direttore dal 2022.

Questo teatro, mal amministrato dall’amministrazione De Fusco, dovrà fare i conti con la crisi generata dalla defezione di quest’ultimo e dall’assenza di un organo dirigenziale ai vertici del teatro, dato che sembra un compito assi arduo, quello di trovare altri elementi designabili a ricoprire la carica lasciata vacante da De Fusco.
Molte personalità attive nella gestione dei teatri non vedono di buon occhio il Teatro Stabile poiché in passato non sono mancate occasioni in cui la persona, a cui si era pensato di affidare la carica di direttore, venisse all’ultimo minuto scartata e l’incarico affidato a tutt’altra. Pertanto, vista la precarietà della situazione, la gestione del teatro è “momentaneamente” affidata alla presidente del teatro Rita Cinquegrana.
Ad aggravare l’effimerità del contesto vi sono il sorgere di squilibri e di asti all’interno degli ambienti sindacali e lavorativi, e l’intolleranza da parte dei lavoratori nei confronti dello stillicidio a cui la puntualità salariale è sottoposta.
Questo stato di cose, nella visione di chi è attivo nel teatro, lascia presagire (e forse sperare per certi versi) che la sorte del Teatro Stabile sarà quello di divenire un “teatro ospite”, all’interno del quale impiegare due soli custodi nelle giornate in cui non sono previsti spettacoli. Si tratta di una “risoluzione a sovranità limitata” abbastanza malinconica, ma che allo stato attuale sembra l’unica soluzione possibile per porre fine a questo sfacelo.

Di conseguenza, esaminato l’amaro quadro generale, si può facilmente dedurre come nessuno abbia centrato il vero problema della situazione e come nessuno dei dibattiti,
svoltisi in proposito negli ultimi tempi, abbia fatto evincere quella che è stata la più rilevante mancanza da parte di De Fusco, una mancanza che, nella sua gravità e nella sua rilevanza, va oltre alla stessa irregolarità della nomina e che ha eliso la caricatura morale e artistica di De Fusco in virtù di un bieco e becero interesse che, per paradosso, potrebbe fungere da fortuna artistica per De Fusco, nell’eventualità in cui egli decida di farne una trasposizione teatrale che apra la nuova stagione artistica il cui titolo potrebbe essere: “Argentina. Fuga per la poltrona.”

 

 

Edoardo Pappalardo 2^C “Grafica e comunicazione”. “Istituto tecnico statale Pietro Branchina” – Adrano (CT)

 

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