“L’educazione delle farfalle” di Donato Carrisi

“L’educazione delle farfalle” di Donato Carrisi

In libreria dallo scorso novembre, l’ultimo romanzo di Donato Carrisi ha tutti i numeri per diventare un bestseller. La firma presenta uno scrittore di professione regista, o forse il contrario, non ci è dato saperlo. Certo è che “L’ educazione delle farfalle” viaggia diretto a una conversione cinematografica, l’arte parallela alla letteratura, quest’ultima però sorgente di immagini invisibili a occhio nudo.

La deviazione del romanzo in thriller solennizza le molteplici vocazioni di Carrisi quale sceneggiatore di film leggibili su carta. È fac-simile di norma nota al pubblico che un thriller sia denso di contenuti manipolati da protagonisti in rigorosa veste noir. La camera punta il primo piano su Serena, trent’anni, milanese, broker di successo, madre. Anni fa, in un tramonto di passione a Bali, una dolce Aurora annuncia nel suo grembo la tenerezza di una nuova vita. Una figlia, una madre. L’ una e l’altra, due pezzi di puzzle incompleto per l’assenza di un padre. Insieme sono famiglia.

Il grafico emozionale scende in picchiata durante un incendio portatore di morte. A Vion, località sciistica, in un resort di lusso, una lingua di fuoco avvolge la struttura mietendo ceneri umane. Aurora, sei anni appena, non è tra i superstiti, Aurora non è tra le vittime. Cosa ne è stato di lei? E allora, quale pena scegliere? Lasciarsi drogare dal lutto o indagare dalle radici di un enigma?

La staticità del romanzo langue nelle braccia del thriller. Da qui il lettore conta distintamente i battiti che sembrano scoppiare nel diaframma provocato da un fulmine. Serena, la madre senza istinto materno, entra a capofitto nel girone infernale molto più potente del suo stimato background dentro asettici uffici promotori di una brillante carriera.

Era a capo di un dipartimento strategico per gli investimenti ad alto rischio ed elevato rendimento di una banca d’affari, ed era diventata sfacciatamente ricca come i suoi clienti. Nell’ambiente la chiamavano “lo squalo biondo”, la rispettavano e la temevano. Ma, solitamente, gli squali biondi non potevano permettersi nemmeno la più piccola defaillance“.

La madre cresciuta in sincronia con una donna disattenta all’amore filiale, concede spazio alla tenerezza sepolta tra i file connessi all’agenda piena di appuntamenti. Ma il lutto è scuola, se il lutto non trova conferma nel mare magnum delle indagini della polizia, l’ipotesi di un complotto apre un registro con la copertina gialla interrotta da striature nere.

Per la prima volta in Serena esplode un istinto materno emerso dalle ceneri di un incendio. Con la dolcezza accumulata nel tempio a porte chiuse una ritrovata madre se ne prende cura, la educa manovrando i fili di un thriller psicologico. Tolta la maschera della donna senza padrone, la seconda parte della scrittura che fu romanzo, rivela l’essenza lasciata in eredità nel nido del grembo.

C’erano vari modi per reagire alla perdita di un figlio. C’era chi si faceva travolgere dalla sofferenza. Chi invece iniziava una battaglia rabbiosa e insensata col resto del mondo. E chi si rassegnava a trascorrere il resto dell’esistenza con un ospite silenzioso, invisibile agli altri, che ti pedina ovunque e non ti lascia mai solo, perché il suo unico scopo è impedirti di dimenticare“.

In partenza per un viaggio senza valigie, Serena si ritrova accanto le paure nascoste in qualche angolo del cuore. Le ha lasciate lì, perché sa quanto sia terribile la fragilità delle anime conviventi con l’angoscia. Strati su strati di polvere non sono riuscite a cancellare le impronte negate alla vista, ma visibili ad ogni portatore sano d’amore.

Dello “squalo biondo” non vi è più traccia, un pesciolino d’argento non ha più memoria del mare ingordo che per anni ha inghiottito il suo tempo a cinque stelle. L’onda si ritira nel suo magma azzurro e lascia a terra una madre che ha constatato con i suoi occhi come la bramosia del potere possa sgretolarsi sul modello di un castello di sabbia. Sullo sfondo, l’affannosa ricerca della verità alimenta sensi di colpa consegnati alle cure di una ragione di vita dispersa nel rogo.

E le farfalle? Dispiegano le ali sul mistero, colonna portante del thriller.

Il bruco sa già di dover educare le ali che ancora non ha per una vita in precario fermento. Quando la creatura vorrà perdersi nell’azzurro cielo separato dal mare, avrà bisogno di riferimenti credibili su cui contare per il breve tempo che le resta. La madre di Aurora fonde il suo nome in quello della figlia un tempo non voluta, poi disperatamente cercata con ogni mezzo e con artigli da belva privata del suo piccolo. Il tempo sarà clemente con chiunque vorrà rendergli onore.

sara