“A sira o’ tri”, la tradizione dei fuochi per Sant’Agata

“A sira o’ tri”, la tradizione dei fuochi per Sant’Agata

CATANIA – Tra le figure sante che illuminano la ricca storia della Sicilia, spicca il nome di Sant’Agata. Una martire cristiana la cui venerazione raggiunge il suo apice durante la grandiosa festa che le è dedicata a Catania.

La città, con orgoglio e devozione, celebra la sua Patrona nei giorni dal 3 al 5 febbraio, offrendo un affascinante spettacolo di fede e tradizione.

Tra le usanze tradizionali caratterizzanti questa festa, abbiamo il “Fuoco di Sant’Agata“. Quest’ultima, un rito millenario che illumina le strade e i cuori dei catanesi in onore della santa martire.

Contesto storico: le persecuzioni contro i cristiani

Agata nacque nel primi decenni del III secolo, orientativamente nel 235, a Catania. Allo stesso modo dell’Impero Romano, la Sicilia era soggetta alle persecuzioni contro i cristiani. Queste erano già cominciate nel 40 con Nerone, per proseguire con oppressioni più intense.

Sant’Agata fu martorizzata verso la metà del III secolo. Secondo la tradizione, la morte sarebbe avvenuta il 5 febbraio 251. La sua dedizione alla verginità e la ferma fede la resero un simbolo di forza e determinazione.

Il nome della Santa deriva dal greco Agathé, che significa buona o virtuosa. Questo termine era anche un usato per esprimere la bontà morale e il valore etico.

“Sira o’ tri”: la tradizione del fuoco

Tra gli aspetti più suggestivi della celebrazione della Santa Patrona, spicca la tradizione del fuoco. Noto come “Sira o Tri“, questo spettacolo si svolge ogni anno in Piazza Duomo il 3 febbraio. I fuochi, chiamati “pani di Sant’Agata“, sono realizzati con legna pregiata e materiali tradizionali. La preparazione dei falò è curata con scrupolo, coinvolgendo spesso le famiglie e le comunità locali.

La “Sira o Tri” intende rappresentare una sorta di “sveglia” per la Santa Patrona di Catania, affinché quest’ultima possa essere pronta a presentarsi davanti alla sua gente.

Il miracolo del velo rosso

La tradizione narra che, durante il martirio di Sant’Agata, il suo velo rosso si salva dal fuoco e ferma la lava. Proprio grazie a questo miracolo, Agata è ritenuta patrona contro le eruzioni vulcaniche e gli incendi. Il velo è una reliquia conservata nella cattedrale di Catania in uno scrigno d’argento insieme ad altre reliquie della santa.

Secondo la tradizione, il velo era utilizzato da una donna per proteggere la santa durante il suo martirio con carboni ardenti.

Altri racconti suggeriscono che il velo, di colore rosso, facesse parte dell’abbigliamento che Agata indossava durante il processo, poiché, sovrapposto a una tunica bianca, rappresentava l’indumento delle diaconesse dedicate a Dio.

C’è anche un’altra leggenda che afferma che il velo fosse inizialmente bianco e che avrebbe assunto una tonalità rossa a seguito del contatto con le fiamme ardenti.

Significato religioso e popolare del fuoco

Secondo la tradizione cristiana, il fuoco simboleggia la purificazione e la rinascita, assumendo un significato ancora più profondo nella festa di Sant’Agata, dove rappresenta la trionfante vittoria della fede sulla sofferenza e sulla morte.

Agata, infatti, subì il martirio a causa della sua ferma fede in Cristo. La sua storia di coraggio e devozione è un incoraggiamento per tutti i credenti, offrendo un messaggio di speranza.

Per i devoti di Sant’Agata, il fuoco assume anche il ruolo di segno protettivo. Si crede che il passaggio del fercolo attraverso ceri e falò sia un atto di invocazione della protezione della Santa contro calamità naturali, in particolare le eruzioni dell’Etna. Il Fuoco di Sant’Agata diventa così un coinvolgente evento che abbraccia l’intera città di Catania. Oltre a essere un momento di gioia e devozione, rappresenta anche un’occasione di riflessione e speranza.

Articolo a cura di Enrico De Pasquale

Le foto

Foto di Concetto Sciuto