“L’Istituto Penale Minorile di Caltanissetta è allo sbando”: le parole del segretario Rosario Di Prima

“L’Istituto Penale Minorile di Caltanissetta è allo sbando”: le parole del segretario Rosario Di Prima

CALTANISSETTA –Anche all’Istituto Penale Minorile di Caltanissetta la tensione è alta. Sono diversi mesi che il personale di Polizia penitenziaria in servizio all’Istituto minorile di Caltanissetta, sia stato costretto a fronteggiare aggressioni, violenze e danneggiamenti per opera di detenuti ristretti. Dopo diverse azioni di violenza da parte di detenuti non rispettosi delle regole e con l’ambizione di sottrarsi ai regolamenti – dice Rosario Mario Di Prima, Segretario Nazionale del SiNAPPeil personale di Polizia Penitenziaria dice basta all’indifferenza dell’amministrazione Centrale e periferica“.

Non smetteremo mai di ripeterlo che il personale di Polizia penitenziaria è abituato a fare in perfetto silenzio e senza risonanze mediatiche – afferma Di Prima lavorando incessantemente per garantire la sicurezza dei cittadini in una condizione assai complessa“.

Il deficit strutturale del penitenziario minorile di Caltanissetta

Il penitenziario minorile di Caltanissetta, in questo momento ha un deficit strutturale, organizzativo e gestionale non indifferente che non va sottovalutato, ma purtroppo, seppur sollecitato l’intervento dei vertici dell’amministrazione nulla, è valso, tant’è che il susseguirsi di eventi critici ci costringe a rendere pubblica la difficile situazione,prosegue Di Prima va garantita sicurezza a tutto il personale di Polizia Penitenziaria e all’intera collettività“.

A fronte di comportamenti attuati, d’intolleranza, ostilità, insofferenza, diffidenza fino ad arrivare alla forma di oltraggio e minacce nei confronti del personale di Polizia Penitenziaria, i detenuti responsabili non sono stati ridimensionati, nei modi e nelle forme corrette per dare segnali che avrebbero dovuto riportare l’ordine e la sicurezza nel predetto I.P.M.”, aggiunge.

E ancora: “La nostra esperienza e la normativa vigente, ci fa sottolineare che la carcerazione minorile è una misura residuale, cioè quando tutte le altre azioni hanno avuto un esito negativo, il carcere è una misura punitiva ma anche, soprattutto, uno strumento di ri-educazione”.

“Il carcere minorile, dal legislatore, è considerata l’ultima risposta possibile per i minori, per i quali i vari interventi educativi, come non hanno funzionato. La Polizia penitenziaria che è specializzata nel trattamento minorile, seppur non porta la divisa, ha un compito di cura, in un situazione in cui sicurezza e contenimento sono le dimensioni favorite per lo strumento di ri-educazione“, conclude.

La tendenza alla ri-educazione: regole rigide da rispettare

Il detenuto – spiega il segretario del SiNAPPeè inserito in una dimensione in cui rispondere a delle regole è fondamentale, talvolta anche rigide. Chi deve vivere in carcere perché ha commesso un reato, va educato al rispetto ma, al contrario, chi ne ha la responsabilità com’è un Direttore, se non attua tutte le procedure per il rispetto delle regole, non ha portato a compimento l’opera meritoria di chi è deputato a collaborare per la ri-educazione“.

Inoltre: “L’autorevolezza del personale e l’esempio del civile svolgersi della vita quotidiana rappresentano i presupposti sui quali si fonda un’efficace azione educativa. In tale prospettiva, azione educativa e azione sanzionatoria rappresentano aspetti complementari e non contrapposti“.

Riteniamo che gli interventi volti a garantire la sicurezza, e gli interventi educativi camminano di pari passo, pertanto, i provvedimenti disciplinari hanno una valenza educativa e la presenza nell’Istituto di Caltanissetta di detenuti che non hanno rispetto delle regole ha determinato un alto livello di preoccupazione, non per il personale, ma per l’azione destabilizzante che potrebbe determinare nei confronti degli altri giovani presenti e della corretta azione operativa indispensabile per un’azione psico-educativa efficace”, spiega.

“Il SiNAPPe, in più occasioni ha sollecitato queste e altre questioni, tra le quali – conclude il segretario Di Prima – quella sull’organizzazione del lavoro che, pare, azione attuata dall’Ufficio Servizi, sia tesa a non porre azioni tese a un riequilibrio dei servizi, così come dovrebbe essere, ma, purtroppo, determinando squilibri e malcontento tra il personale di Polizia penitenziaria. In buona sostanza l’Ufficio predispone servizi senza tenere conto delle attività e delle necessità operative e di tutto il personale di Polizia Penitenziaria“.

Foto di repertorio