Giuseppe Castiglione lascia il gruppo politico e le commissioni, ma non l’Ars

Giuseppe Castiglione lascia il gruppo politico e le commissioni, ma non l’Ars

CATANIA – Ha deciso di dimettersi dal gruppo politico e dalle commissioni di cui faceva parte, Giuseppe Castiglione, il deputato regionale arrestato oggi nell’ambito dell’operazione “Mercurio.

A comunicare la decisione del suo assistito è l’avvocato Salvatore Pace. “Il mio cliente ha manifestato l’intenzione di lasciare il gruppo ‘Popolari e Autonomisti’ e le commissioni legislative Affari Istituzionali e Antimafia“, ha dichiarato il Difensore.

Un primo passo indietro, ma non totale. Le dimissioni, infatti, non riguardano l’Assemblea Regionale Siciliana.

Un primo dietro front di Giuseppe Castiglione

Giuseppe Castiglione è uno dei nomi di spicco dell’operazione odierna che ha coinvolto 19 soggetti arrestati tra Catania e Siracusa.

Eletto all’Assemblea Regionale Siciliana nel novembre 2022, Castiglione ha ricoperto incarichi nella Commissione regionale Antimafia e nelle commissioni Affari istituzionali e Attività produttive. Prima del suo ingresso all’Ars, era stato consigliere comunale a Catania, dove aveva presieduto l’Aula consiliare.

L’indagine Mercurio ha fatto emergere, secondo la Procura di Catania, la capacità della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano di infiltrarsi nella pubblica amministrazione per favorire i propri interessi economici nel settore degli appalti pubblici. In questo contesto, gli inquirenti avrebbero documentato rapporti tra i vertici del gruppo del Castello Ursino e figure della politica locale e regionale, tra cui proprio Giuseppe Castiglione.

Le indagini del Ros, sottolinea la Procura, avrebbero rivelato gravi indizi su un accordo, in epoca prossima alle elezioni regionali del 15 ottobre 2022, tra i vertici della cosca Santapaola-Ercolano – identificati in Ernesto Marletta, Rosario Bucolo e Domenico Colombo – e Castiglione, all’epoca candidato della lista Popolari e Autonomisti e già presidente del Consiglio comunale di Catania.

Secondo l’accusa, l’intesa sarebbe stata mediata da Giuseppe Coco e prevedeva che Castiglione accettasse il sostegno elettorale della mafia in cambio dell’impegno a favorire gli interessi del clan. Tra questi, la gestione di appalti pubblici e servizi connessi al cimitero di Catania. Castiglione risulterà poi eletto deputato dell’Ars e successivamente nominato componente della Commissione d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia.

L’arresto anche di un sindaco e due consiglieri comunali

Insieme a lui, sono finiti in manette anche il consigliere comunale di Misterbianco, Matteo Marchese; il sindaco di Ramacca, Nunzio Vitale e il consigliere comunale Salvatore Fornare.

Secondo l’accusa, durante le elezioni amministrative del Comune di Misterbianco, svoltesi il 24 ottobre 2021, il candidato della lista Sicilia Futura, Marchese, avrebbe accettato il sostegno elettorale della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano, ottenuto tramite Domenico Colombo. In cambio, si sarebbe impegnato a favorire gli interessi economici dell’organizzazione nel settore dei lavori pubblici. Marchese risulterà poi eletto.

Parallelamente, le indagini dei carabinieri del Ros, coordinate dalla DDA di Catania, sulla famiglia mafiosa di Ramacca avrebbero individuato figure di assoluta fiducia di Pasquale Oliva. Questi uomini, secondo gli investigatori, erano deputati al controllo del territorio e alla gestione degli interessi economici del clan. Tra loro, Vincenzo Rizzo sarebbe stato individuato come organizzatore per le zone di Palagonia e Ramacca.

In questo contesto, la Procura di Catania evidenzia il ruolo della famiglia mafiosa di Ramacca nel condizionare l’esito delle elezioni amministrative dell’11 ottobre 2021. L’accusa sostiene che un patto tra gli affiliati Antonio Di Benedetto e Salvatore Mendolia e i candidati a sindaco Nunzio Vitale e a consigliere comunale Salvatore Fornaro, entrambi della lista Ramacca costruiamo una bella storia, avrebbe garantito voti ai due politici in cambio dell’assegnazione di appalti pubblici a imprese segnalate dall’associazione mafiosa.

Ma l’accordo non si sarebbe limitato alla gestione dei lavori pubblici. Secondo la Procura, prevedeva anche un supporto alla carriera politica di Fornaro. Legato strettamente a Di Benedetto, ritenuto gravemente indiziato di appartenere al clan, Fornaro avrebbe dovuto ottenere un ruolo strategico all’interno dell’amministrazione comunale. Al termine delle elezioni, Vitale sarà eletto sindaco e Fornaro consigliere, per poi diventare vicepresidente del Consiglio comunale.