Costante, spietato e vincente. Tre aggettivi per descrivere uno dei piloti più vittorioso della storia della Formula 1: stiamo parlando, ovviamente, di Lewis Hamilton, che domenica scorsa ha conquistato il suo quinto titolo iridato. Un successo che lo consacra definitivamente nell’olimpo dei migliori di sempre: l’inglese, infatti, ha eguagliato Juan Manuel Fangio ed è a sole due lunghezze dal grande Michael Schumacher, al momento il pilota più vincente di questo sport.
Mancano ancora due appuntamenti da qui alla fine della stagione, ma è già possibile tracciarne il bilancio. Due parole, vanno spese anche per la monoposto tedesca, la quale quest’anno, per diverse gare, ha dimostrato di non essere la migliore.
Una vettura vittoriosa, senza dubbio, ma non più la “schiaccia sassi” degli anni passati, specie per una gestione delle gomme non sempre eccellente (molti sono stati i problemi di blistering e graining). E i rimpianti, a Maranello, stanno tutti qua, indubbiamente. Le Frecce d’Argento, però, hanno avuto (hanno e avranno fino al 2020) il vantaggio di poter contare sul pilota più forte in circolazione.
Cinque mondiali non si vincono per caso. La stagione di Lewis, però, non è certamente stata tutta rose e fiori. Una scena emblematica è quella di Spielberg, in Austria, quando il campione del mondo scese dall’auto per spingerla, come a volerle dire “non fermarti”.
E la virtù più grande del numero 44 è stata proprio questa: non arrendersi e aspettare il minimo errore di Sebastian Vettel, che in più di un’occasione è arrivato. Il primo e forse più significativo è stato quello di Hockenheim: il tedesco primo in solitaria, ingannato dalla pista bagnata, va a piantarsi contro il muro, lasciando strada libera a una trionfale doppietta Mercedes.
Secondo episodio decisivo a Monza. Sabato perfetto per la Rossa, con Kimi Raikkonen in testa e Vettel secondo. La domenica il disastro: il Ferrarista, troppo impulsivo e frettoloso, tocca lo stesso Hamilton alla seconda variante della Roggia, si gira e manda in frantumi la sua gara. Il finale è sempre lo stesso: vittoria dell’inglese e arrivo in parata delle tedesche.
Nessuna reazione, anzi: Lewis, dopo la corsa tricolore, mette a segno altre tre vittorie consecutive (Singapore, Russia e Giappone), portando a casa un distacco troppo grande per essere attaccato. Ad Austin, in America, il primo tentativo di vittoria iridata fallisce. In Messico, proprio come lo scorso anno, è un gioco da ragazzi laurearsi campione, nonostante il dominio di Max Verstappen (Red Bull).
Fino a questo momento, l’inglese ha messo a segno 9 vittorie e 15 podi complessivi: un ruolino di marcia da far paura a chiunque, realizzato anche con l’aiuto del compagno di squadra Valtteri Bottas.
Alla Ferrari e a Vettel non resta che leccarsi le ferite, ricordando che il titolo costruttori è ancora in ballo. Dopo quattro anni in Italia, il tedesco deve dare una svolta, augurandosi che l’anno prossimo sia quello giusto. E i precedenti sono a suo favore: al quinto anno a Maranello, nel 2000, Schumacher vinse il titolo piloti (il terzo).
Costante, spietato, vincente. Proprio come Lewis.
Fonte foto: Tuttosport