ALLEVI A SANREMO: il ritorno in scena e i doni della malattia

ALLEVI A SANREMO: il ritorno in scena e i doni della malattia

QUESTO ARTICOLO FA PARTE DEL CONCORSO DIVENTA GIORNALISTA, RISERVATO AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI DELLA PROVINCIA DI CATANIA.

Milioni di italiani sono seduti di fronte alla TV , curiosi di ascoltare le note e le parole dell’Ariston di Sanremo. A prendere la scena, però, a un certo punto della serata non è un concorrente ma Giovanni Allevi.

Allevi è un compositore, pianista e direttore d’orchestra che a un certo punto della sua vita deve affrontare un terribile nemico: un mieloma che gli fa perdere “molto: il lavoro, i capelli, le certezze”.

Il maestro Giovanni Allevi dona al pubblico un grande esempio di coraggio e ci fornisce un’altra visione della malattia, ci fa vedere che oltre al lato straziante, la malattia è stata capace di donargli qualcosa. Sì, la malattia, sempre accostata al male, stavolta gli ha fatto apprezzare la bellezza di esibirsi anche solo davanti a poche persone perché non contano i grandi numeri ma l’unicità che si cela dietro ogni individuo. Durante la degenza in ospedale, in giornate che sembrano non finire mai, racconta di aver passato tanti momenti ammirando e perdendosi tra albe e tramonti: che meraviglia il creato! Ed ancora, la malattia ha fatto riconoscere al maestro il talento di medici, infermieri, l’affetto dei familiari.

In fin dei conti, nei momenti di malattia tutto crolla, dice Allevi, quello che resta in piedi è l’essenziale nonché l’essenza di sè e non resta che accettare ed amare la propria persona come un insieme di note talvolta perfette, talvolta stonate che insieme intonano la straordinaria sinfonia che è la vita. Da qui il simbolico e liberatorio gesto del cappello tolto per mostrare al mondo il “nuovo” Giovanni, pronto a riprendere possesso della sua vita, dove alla ricrescita dei capelli è accostata la rinascita interiore.

Solo applausi per il grande maestro che dopo due anni torna a suonare il pianoforte e lo fa davanti a milioni di italiani, in uno dei palchi più prestigiosi dello stivale.

Si riporta di seguito la parte finale del monologo.

“Io sono quel che sono, noi siamo quel che siamo. E come intuisce Kant alla fine della Critica della Ragion Pratica, il cielo stellato può continuare a volteggiare nelle sue orbite perfette, io posso essere immerso in una condizione di continuo mutamento, eppure sento che in me c’è qualcosa che permane! Ed è ragionevole pensare che permarrà in eterno. Io sono quel che sono. Voglio andare fino in fondo con questo pensiero. Se le cose stanno davvero così, cosa mai sarà un giudizio dall’esterno? Voglio accettare il nuovo Giovanni. Come dissi in quell’ultimo concerto a Vienna, non potendo più contare sul mio corpo, suonerò con tutta l’anima.”

 

Alberti Angelo V° Ac I.I.S “Concetto Marchesi” – Catania

Le immagini e i video utilizzati in questo articolo sono di proprietà della RAI.

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